Al Pacino, il mondo è tuo

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Al Pacino, all’anagrafe Alfredo James Pacino, nasceva il 25 aprile, del 1940. Per celebrare l’ottantesimo compleanno di una delle più illustri star di Hollywood degli ultimi quarant’anni, ripercorriamo insieme la sua carriera.

“Se Clemenza la trova lui la maniera di farmi avere quella pistola lì…”

Nato a East Harlem, all’epoca quartiere ricolmo di italoamericani, il giovane Al impara sin da subito a destreggiarsi nei malfamati vicoli della Grande Mela. Proprio questo suo passato tumultuoso, capace di instillargli appieno la “cultura da strada”, lo accompagnerà per quasi tutta la sua carriera, in ogni sua interpretazione. Egli rappresenta appieno l’attore tipico della new Hollywood – ovviamente, insieme a Robert DeNiro, per certi versi suo doppelganger (ci si passi il termine) -. E’ basso, per niente aitante o affascinante e con una faccia da “tizio qualunque“. Una di quelle persone che potresti trovare in giro per i bar più disastrati di New York. Pertanto, a trentadue anni, un Francis Ford Coppola ancora non pienamente affermato, gli cuce addosso il ruolo che lo consacra nel cinema: quello di Michael Corleone ne “Il Padrino“.

Al Pacino
“Mio padre diceva sempre: gli amici tienili stretti, ma i nemici tienili ancora più stretti”.
Photo credit: WEB

“Senatore, siamo due facce della stessa ipocrisia”

E’ il 1972, quando un Al Pacino reduce da appena due film e da anni di gavetta teatrale sotto le direttive di sua maestà di Lee Strasberg, si ritrova a recitare accanto a leggende del calibro di Marlon Brando, a James Caan e Robert Duvall, a Hollywood si rendono conto che quel ragazzo con quella faccia da delinquente, ha un talento infinito. Comincia così la sua epopea, cui fanno seguito due capolavori come “Lo Spaventapasseri” (1973) e “Serpico” (1973). Infine, dopo l’addio di Marlon Brando, ne “Il Padrino – Parte II“, il suo Michael Corleone diviene protagonista indiscusso. La discesa del personaggio in una spirale di omicidi e di crudeltà, condita da quella intensa espressione nella scena finale, sono la definitiva consacrazione di Pacino, ormai uno degli attori più richiesti dalle parti di Hollywood.

Al Pacino
Al Pacino nei panni di Frank Serpico.
Photo credit: WEB

Da Sonny Wortzik a Tony Montana

Ricevute nomination per quasi tutti i film cui prese parte, nel 1975 fu la volta di “Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani“, altra pellicola iconica in cui interpreta il rapinatore Sonny Wortzik. Da ricordare la sua amicizia con John Cazale, prematuramente scomparso nel 1978, per il quale Al nutrì una stima immensa al punto da volerlo al suo fianco in ogni film. Il tutto sarà raccontato nel documentario “I Knew It Was You” (2010) dedicato a Cazale, cui Pacino prese parte. I successivi anni, soprattutto l’alba della successiva decade, egli fu vittima di una leggera flessione. Ma fu solo un fuoco di paglia giacché, scelto da Brian De Palma per indossare i panni del violento narcotrafficante Tony Montana nel suo “Scarface” (1983) – remake dell’omonimo film di Howard Hawks (1932) -, Al bucò ancora lo schermo. Solo un’unica frase può descrivere appieno la sua interpretazione in quel film: “Salutatemi il mio amico Sosa!“.

Al Pacino
“Il mondo è tuo” – Al Pacino in “Scarface”.
Photo credit: WEB

Al Pacino e l’Oscar per “Scent of Woman”

Forte del successo ottenuto sul grande schermo, Al Pacino decise di ritornare al suo antico amore: il teatro. Prima dell’avvento degli anni Novanta, infatti, egli si ritrovò a prender parte a poche pellicole – sebbene tutte di discreto rilievo come “Revolution” (1985) -, in favore del palcoscenico. Ripresi i panni del gangster Big Boy Caprice in “Dick Tracy” (1990), ritornò a interpretare Michael Corleone nel tanto discusso “Il Padrino – Parte III” (1990) (di cui qui trovate una nostra recensione). Fu poi la volta di “Scent of Woman” (1992) di Martin Brest, remake del nostrano “Profumo di Donna” (1974) di Dino Risi. Fu con questa superba interpretazione che poté vivaddio fregiarsi con l’Oscar come miglior attore protagonista.

Al Pacino
La scena del tango in “Scent of Woman”
Photo credit: WEB

Da Carlito Brigante a Satana

Legato a filo doppio alla figura del gangster, ritornò a lavorare sotto la direzione di Brian De Palma in “Carlito’s Way” (1993), pellicola nella quale assumeva i panni di un ex-narcotrafficante. Un anno dopo ricevette il Leone d’oro alla carriera. Fu nel 1995 che, dopo anni di attesa, recitò a fianco del suo storico alter ego (ci si passi il termine un’altra volta) Robert DeNiro. “Heat – La Sfida“, di Michael Mann, vide i due volti della new Hollywood finalmente insieme – malgrado ne “Il Padrino – Parte II” fossero entrambi presenti, infatti, le linee temporali in cui si muovevano i due personaggi non permettevano loro di incontrarsi -. Ancora una volta, rimessa la pistola in mano, Al Pacino divenne il gangster Lefty Ruggiero in “Donnie Brasco” (1997), mentre, pochi mesi dopo, si distinse per la terrificante interpretazione di Satana ne “L’Avvocato del Diavolo“. Nonostante non avesse esperienze pregresse nell’horror, quella sua prova testimoniò ancora una volta la sua enorme versatilità.

Al Pacino
Al Pacino nei panni di Carlito Brigante
Photo credit: WEB

Il nuovo millennio

Dopo “Ogni Maledetta Domenica” (1999), le parti di Al Pacino si fecero sempre più secondarie, sino alla superba interpretazione di Shylock nello shakespearianoIl Mercante di Venezia” (2004), rappresentando una delle note positive di un’opera altrimenti criticata. Fu con “Sfida senza regole” (2008), nel quale recitò nuovamente a fianco di Robert DeNiro, che Al Pacino ricevette una nomination ai Razzie Awards come peggiore attore. I successivi anni furono avari di successo nonostante ritornò a vestire ruoli da protagonista. Degna di nota è la sua interpretazione del produttore discografico Phil Spector nell’omonimo film televisivo del 2013 che gli valse la sua ultima nomination ai Golden Globe.

Al Pacino nei panni di Shylock in “Il Mercante di Venezia”.
Photo credit: WEB

Lavorare per la prima volta a ottant’anni con Scorsese e Tarantino

Giunti all’alba degli anni Venti, sembrava difficile ipotizzare che Al Pacino avesse ancora qualcosa di rilevante da dire, tuttavia, richiamato da Martin Scorsese per “chiudere un ciclo”, indossò i panni del sindacalista Jimmy Hoffa in “The Irishman” (2019) (di cui qui trovate la nostra recensione), a fianco di Robert DeNiro e Joe Pesci. L’interpretazione gli vale la sua nona nomination agli Oscar. Nello stesso anno, sotto la direzione di Quentin Tarantino, figurò in “C’era una volta a… Hollywood” (di cui qui trovate la nostra recensione). Ironico pensare che, in quasi cinquant’anni di carriera, egli non avesse mai collaborato con Scorsese e Tarantino, entrambi vicini ai personaggi interpretati negli anni da Pacino per le tematiche trattate. Oggi, nell’anno 2020, egli figura tra i protagonisti della serie “Hunters” prodotta da Amazon.

Da sinistra: Robert DeNiro, Al Pacino e Joe Pesci in “The Irishman”.
Photo credit: WEB

Buon compleanno, Al Pacino!

Un uomo comune che veniva dalla strada. Un attore che si è iscritto a diverse scuole di recitazione, mantenendosi come meglio poteva. Un volto, il suo, che nella Hollywood classica non avrebbe mai avuto una chance, oggi lo veneriamo come uno dei più grandi di sempre. Un’icona del cinema. Di tutto il cinema, non solo della sua new Hollywood. Buon compleanno, Al.

MANUEL DI MAGGIO

Seguici su Facebook e su Instagram

Seguici su Metropolitan per rimanere sempre aggiornato