In Argylle coesistono due film differenti. Se nella prima parte è film di spionaggio abbastanza classico nella sua premessa buffa e alquanto bizzarra, la seconda è l’apice della filmografia di Matthew Vaughn. Il regista di Kick Ass e della trilogia di Kingsman non ha mai nascosto i suoi eccessi di violenza e pomposità che, qui in Argylle, raggiungono l’apice. Primo film di una trilogia già annunciata, Argylle raccoglie l’eredità dei tre Kingsman e porta avanti il macrocosmo creato con le spie londinesi. L’intenzione è quella di erigere un nuovo universo condiviso. Una specie di MCU dei servizi segreti inglesi. E questo primo passo è un successo a metà. Una prima parte convincente e divertente che si lascia seguire piacevolmente, con una seconda decisamente dai toni differenti, disastrosa nella sua scrittura e nella sua messa in scena eccessiva.
Argylle: realtà o finzione?
Quando hai l’astuzia di mettere nella stessa stanza Dua Lipa ed Henry Cavill diventa tutto più semplice. Ed è così che si apre Argylle, con i due attori che ballano in quello che ha tutta l’aria di essere la parodia di uno spy movie di serie z dei primi anni duemila. Ovviamente, ci si rende subito conto che quello è solo il racconto all’eccesso dell’ultimo libro scritto da Elly Conway, brillante scrittrice inglese di libri di spionaggio. Una sorta di Tom Clancy all’inglese e al femminile. Elly (Bryce Dallas Howard) è talmente tanto brava nello scrivere le sue storie che, a quanto pare, è riuscita ad anticipare eventi successi veramente nel mondo dello spionaggio. Ma non ha nessun tipo di potere particolare, è solamente una “gattara” che, come lei stessa dice, ha sposato il suo lavoro ed è troppo presa dal quinto e ultimo libro per potersi permettere altro. Non passa tanto prima che la scrittrice finisca sotto il mirino di varie agenzie di spionaggio. In particolare, sotto la lente e i fucili della “Divisione”, agenzia cattiva per imprecisato motivo che vuole usare il suo dono di “presunta chiaroveggenza” per prevedere i prossimi eventi. Farà così la conoscenza dell’unica spia che non sembra volerla morta ma che, anzi, la difende, Aiden (un fantastico Sam Rockwell). Elly ormai non riconosce più la fantasia dei suoi libri dalla realtà. Scambia costantemente Aiden per Argylle (interpretato da un sempreverde Henry Cavill) e lo stesso Argylle le parla in una sorta di allucinazione visiva e uditiva. A livello tecnico i continui passaggi da una spia all’altra con montaggio serrato sono piuttosto efficaci e anche divertenti. Fa sorridere vedere l’approccio reale di Aiden contro l’approccio macchiettistico di Argylle. E la mano di Vaughn è indiscutibile quando si parla di azione e coreografie. Efficace nella messa in scena delle “botte”, un po’ meno quando c’è bisogno di portare avanti la narrazione. La sensazione è che il regista sia più ispirato quando si deve mostrare piuttosto che quando c’è una narrazione da portare avanti.
Due facce
Il nuovo di film Di Matthew Vaughn parte, però, da una premessa che, se messa così, è effettivamente sciocca. Come possono delle super spie fidarsi delle parole di una scrittrice della campagna inglese? La pellicola nella sua prima metà riesce efficacemente a spiegarlo, anche se attraverso un plot chiamato a gran voce fin dall’inizio. Il problema sorge proprio quando questo plot viene svelato. Il film prende una piega completamente diversa e si ha la percezione che la narrazione si incarti su sé stessa. nelle due ore e venti di film, decisamente eccessive, i plot twist e le rivelazioni diventano troppe, abbondanti e perdono di senso. Si attende solamente il prossimo stravolgimento a discapito di una narrazione che ha perso quel poco smalto della prima metà. Non basta mettere in campo un cast corale con Dua Lipa, Henry Cavill, Bryce Dallas Howard, John Cena, Sam Rockwell, Bryan Cranston, Samuel L. Jackson e Sofia Boutella. Non manca veramente nessuno, se non un freno all’eccesso di Matthew Vaughn che, se controllato tira fuori buoni film come Kick Ass o X-men: L’inizio. Se lasciato libero pesca dal cilindro tutta la seconda metà di questo Argylle.
Alessandro Libianchi
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