Blindur: “Nell’album Exit ho trasformato gli ultimi anni che abbiamo vissuto, curando le paure e le manie”

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Di Joelle Cotza

Il 30 settembre è uscito il nuovo album di Blindur, pseudonimo di Massimo De Vita: il cantautore e produttore musicale firma il suo terzo lavoro in studio per La Tempesta Dischi. Per EXIT, Blindur ha lavorato insieme ai tecnici del suono che lo affiancano da tempo, Paolo Alberta (Ligabue e Negrita) per le registrazioni e il missaggio, e Birgir Birgisson (Sigur Rós, Björk e altri) per il mastering, e alla band che dal 2019 lo accompagna live (Carla Grimaldi, Luca Stefanelli e Jonathan Maurano).

Il disco è stato anticipato dai singoli “Sereno” e “Stati di Agitazione” feat. Rodrigo D’Erasmo. In occasione dell’uscita di EXIT, Massimo De Vita– alias Blindur– si è raccontato al Metropolitan Magazine

L’intervista a Blindur: il 30 settembre l’artista ha pubblicato il nuovo album Exit

Blindur, la cover del nuovo album Exit
Blindur, la cover del nuovo album Exit

MM: Perchè lo pseudonimo Blindur. Come nasce e cosa significa

B: Quando ero alla ricerca di un nome per il mio alterego musicale, una chiacchierata fatta con Jonsi dei Sigur Ros, dopo un loro concerto, mi offrì una fortunata epifania: Jonsi è non vedente da un occhio e, accortosi della mia cecità, si innescò una sintonia speciale tra di noi che spostò totalmente il piano dell’incontro, regalandomi una chiacchierata sincera, intensa e profonda. Dopo questo episodio, al quale ho pensato per giorni naturalmente, mi è venuta voglia di cercare la traduzione islandese (per chi non lo sapesse Jonsi e i Sigur Ros sono islandesi) di Cieco e la traduzione è… Blindur!

MM: Si trovano online diversi punti guida per ascoltare il tuo album, testo per testo, canzone per canzone, una parafrasi dei tuoi pensieri. La mitologia pare essere una costante, e ancora più evidente è la tua coerente capacità di non distogliere lo sguardo dal presente, facendo coesistere in qualche modo due realtà. Da dove nasce la tua passione per il mito e come attingi da questo per le tue storie?

B: In realtà più che la mitologia, sono un grande appassionato di simboli, li ritengo allo stesso tempo portali per sensazioni ancestrali e micce per ritualità nuove. I simboli, un aspetto un po’ dimenticato dall’uomo occidentale, credo siano indispensabili per la bussola del nostro pensiero, per interpretare il nostro tempo, per riconoscere l’essenza, per nutrire la parte più magica della nostra fantasia, per restare connessi ad una sfera invisibile e non necessariamente materiale del tempo. In quest’ottica ritengo i simboli indispensabili, mi permettono di costruire ed orientare i miei concerti all’aspetto più “liturgico” e la mia scrittura, con l’aiuto dei simboli, prova ad essere più verticale, meno inutilmente quotidiana.

MM: Come è arrivata l’idea del progetto EXIT, cosa ti ha ispirato?

B: Non c’è qualcosa in particolare, più che altro, come cerco di fare sempre quando scrivo e compongo, assecondo l’urgenza creativa e comunicativa; scrivendo provo a capire più profondamente chi sono, dove mi trovo, da dove vengo, dove voglio andare e con chi condivido il mio tempo, così come cerco di interpretare il momento collettivo, alla ricerca di punti di vista diversi. Anche nel caso di EXIT, ho cercato di fare questo: trasformare gli ultimi anni che abbiamo vissuto, con tutti gli annessi e connessi, provando a curare la paura, le manie, il senso di vuoto e il relativo smarrimento. L’idea di inventare un gioco da tavola (che è inserito nella speciale edizione in vinile) è venuta fuori proprio perché, riadottando il simbolo antico del dado e recuperando il gesto di un gioco semplice, ho cercato di curare la mia paura di consegnarmi agli eventi in maniera volontaria, scegliendo di lanciare i dadi per scoprire cosa mi potesse capitare lungo il percorso, fino all’uscita: quella porta oltre la quale nessuno sa cosa si nasconde e che bisogna avere il coraggio di aprire.

Blindur, il messaggio in “Exit”: “Tu prova a non aver paura e vedrai”

MM: Quale messaggio vuoi far arrivare a chi ti ascolta? C’è qualcosa di importante che vuoi far sapere?

B: Sul retro del vinile c’è una citazione da un brano del disco, “secondo Giovanni”, che dice: “tu prova a non aver paura e vedrai”. Il punto è proprio questo, siamo molto più spaventati di quello che possiamo immaginare, talmente tanto da restare immobili mentre tutto crolla, ma non è ancora troppo tardi, il nostro momento è adesso ed è il momento migliore per fare qualcosa. Quindi a cosa ci serve questa paura? perché non darsi la possibilità di fare qualcosa per noi stessi, per la nostra comunità, per questo pianeta, per i sogni che abbiamo?

MM: Prima di salutarti, ti chiediamo di suggerire ai nostri lettori un album ed una canzone che stai ascoltando in questo periodo e spiegarci cosa ti sta colpendo di entrambi in particolare

B: Nel mio essere sempre affamato di musica,un disco che ascolto spesso è “Dragon new warm mountain i believe in you” dei Big Thief; un disco pieno di poesia, di psichedelia e di esplorazione musicale, senza perdere mai di vista la forma canzone, il gusto, la semplicità e un immaginario colorato, luminoso. Dovessi invece proporre una canzone, direi “garden song” di Phoebe Bridgers; un brano minimalista, vuoto, dove al centro c’è un testo meraviglioso, insieme ad un arrangiamento particolarissimo, che si conclude con delle parole importantissime per me:”I’m not afraid of hard work I get everything I want”.

Immagine di copertina – Ph © Magliocchetti

Joelle Cotza

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