Da vittime a carnefici. Questo è quanto emerge dal paragone tra l’esercizio di un diritto, e la commissione di un crimine, il femminicidio. Ecco servita su un piatto d’argento l’ennesima umiliazione e l’ennesimo oltraggio, non solo nei confronti di quelle donne che mettono in atto il proprio diritto all’aborto, ma verso tutte le donne.
“Lo sapete che la prima causa di femminicidio nel mondo è l’aborto? E che ci sono Paesi in cui addirittura si uccidono con aborto bambine selettivamente scelte in quanto femmine? Per esempio in India”. Non è una barzelletta di poco gusto, né una frase tratta da uno sketch comico. Sono parole che emergono dalla pagina Facebook del capogruppo della Lega in Provincia di Livorno Lorenzo Gasperini, consigliere comunale a Cecina.
Subito è emerso il clamore delle donne che si sono sentite oltraggiate a livello personale. Donne che hanno subito violenza, donne che hanno esercitato il loro diritto all’aborto. Affiancare due concetti così distanti l’uno dall’altro, porli sullo stesso piano, implica scambiare una grave forma di illecito, con una lecita libertà ammessa dalla legge 194 del 22 maggio 1978.
Le parole di Cathy La Torre
“Ed ecco la definitiva chiusura del cerchio della violenza contro le donne. Quella che va oltre il “se l’è cercata”. Quella che passa a definire le donne da vittime del femminicidio ad autrici del femminicidio. Assassine di altre donne. Assassine delle proprie figlie”. Queste parole sono l’inizio della riflessione con cui Cathy La Torre ha espresso il proprio parere circa il post pubblicato da Lorenzo Gasperini. “Ed eccolo il salto di qualità dell’ignoranza e della violenza: la donna che da vittima di femminicidio ne diventa prima complice e adesso pure autrice”. Sono parole che restano impresse nella nostra mente, come un tatuaggio che non può e non deve andare via. Parole da cui bisogna partire affinché la nostra società si renda partecipe di un’evoluzione. Evoluzione con la quale le donne non vengono più giudicate, estraniate o infangate, ma capite, sostenute e accolte.
Le altre voci politiche
A condannare le parole di Gasperini, tra le tante voci politiche, rilevante è stata quella di Europa Verde Toscana. “Una donna che viene uccisa durante una rapina non è vittima di femminicidio: quello è un omicidio. Il femminicidio ha già in sé la motivazione per cui il crimine viene commesso: l’uomo uccide la sua donna perché ritiene che non rispetti il ruolo che la società patriarcale le ha imposto. In buona sostanza, lei viene uccisa in quanto donna e la sua morte è l’apice di un percorso fatto di violenza e soprusi.“
Ancor prima della mancanza di rispetto, ciò che risalta, è come determinate tematiche vengano non sensibilizzate agli occhi dell’opinione pubblica, ma strumentalizzate per meri fini politici.
Il femminicidio è un crimine, l’aborto è un diritto
Ad un passo dal 2021, ci si chiede per quale motivo venga ancora puntato il dito, in maniera così feroce, contro quelle donne che esercitano un proprio diritto. Al di là delle ideologie, delle credenze, qual è la nota di fondo che scaturisce questa reazione, tanto violenta quanto antiprogressista? Forse il fatto che una donna, esplicando questa propria libertà, la maggior parte delle volte, lo fa in maniera autonoma, indipendente, senza costrizioni, influenze e senza essere sottoposta all’occhio vigile del sesso opposto. O forse il fatto che la società è ancora troppo patriarcale. L’immagine di una donna considerata da molti, è quella il cui compito è esclusivamente procreare. Ribaltando la situazione, se fosse un uomo a poter esercitare un proprio diritto, l’aborto sarebbe ancora visto in maniera così atroce?
Abusare della parola femminicidio, intrisa di un significato così rilevante, significa sminuire il problema, mettere in secondo piano le cause dello stesso. Combattere contro il femminicidio, con la stessa intensità con cui si combatte, erroneamente, l’aborto, implicherebbe arginare quasi completamente questa piaga.