Cicerone, la filosofia politica e la spiegazione del concetto di Res Publica nel trattato ”De re publica”

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Di Stella Grillo

In occasione del 2 Giugno, all’interno della rubrica ClassicaMente, Cicerone e la Res Publica; il concetto e la definizione proposta da uno fra i più immensi pensatori dell’età repubblicana.

Cicerone, la Res Publica e le sue definizioni: uno sguardo etimologico e storico

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Il concetto di Res Publica appare in una delle più grandi opere di filosofia politica scritte da Cicerone: il trattato De re publica. Avanzando un’analisi etimologica, la locuzione res publica si compone dal sostantivo latino res, ovvero, ”cosa”; tuttavia, la sua semantica non è fissa in quanto assume sfumature di significato differenti in base all’aggettivo che la segue.

In questo caso, letteralmente, la traduzione si può rendere con ”cosa pubblica”; altre varianti di utilizzo possono essere ”Stato” o, anche, ”attività politica”. Generalmente, però, si riferisce all’insieme dei possedimenti, dei diritti e degli interessi sia del popolo che dello Stato romano. A tal proposito, Cicerone delinea la posizione filosofica del concetto di res publica, proprio nell’opera De re publica:

«La res publica associatosi intorno alla condivisione del diritto e per la tutela del proprio interesse».

In origine, è possibile che il termine res publica si riferisse a una tipologia di possesso materiale molto più dettagliata; probabilmente a un’organizzazione giuridica della proprietà così come del patrimonio collettivo del popolo e dell’Agro pubblico.

Nel diritto romano, l’Ager publicus è tutto l’insieme e il carattere giuridico di alcune porzioni di territorio appartenenti allo Stato; quindi latifondi, terreni, o altri immobili sottolineando come la società dell’antica Roma fosse fortemente connessa all’economia agraria. In seguito, ci si discosta da questa concezione di res publica fondata sul materialismo; l’espressione passa a riferirsi interamente allo Stato, seppur il pensiero antico non lo concepisse come ente autonomo e giuridico, ma come l’insieme dei cives dove dimensione pubblica e privata si fondono in un tutt’uno.

De re publica, l’opera di filosofia politica ispirata al modello platonico

Il De re publica di Cicerone è un trattato di filosofia politica diviso in sei libri. L’opera, scritta tra il 55 a.C. e il 51 a.C., vede la sua stesura in un periodo non proprio roseo della res publica, poiché caduta in mano a uomini impuri e che ben poco riflettevano i valori proclamati dalla Virtus romana. Cicerone si mostra disgustato dall’andazzo politico che sta avanzando. L’angoscia e l’ansia sembrano divorarlo perché è conscio che, da lì a poco, sopraggiungerà la fine.

Scrive il De re publica memore dei tempi in cui personaggi illustri agivano ispirandosi alla grandezza degli dei. Ed è proprio Scipione Emiliano che Cicerone prende come modello. Fino al 1820 si conosceva soltanto l’ultima parte del sesto libro, divulgato da Macrobio, il Somnium Scipionis. La cornice in cui si svolge il dialogo immaginario, svolto nel 129 a.C., è la villa di Scipione Emiliano. I protagonisti sono Scipione Emiliano, che pochi giorni dopo sarebbe morto; Gaio LelioManio ManilioLucio Furio Filo,  Gaio FannioPublio Rutilio RufoQuinto Mucio Scevola (mentore di Cicerone), Spurio Mummio e Quinto Elio Tuberone.

Res publica, differenze fra Cicerone e Platone: la ricerca della verità filosofica

L’opera è un’analisi minuziosa sulle varie forme di governo: dalla monarchia alla tirannide, passando per l’aristocrazia, l’oligarchia. Il modello a cui Cicerone fa riferimento è La Repubblica di Platone , riportando interi brani del filosofo. Quella di Cicerone, tuttavia, non è una mera imitazione ma solo uno spunto ripreso dal dialogo platonico: se Platone ha il merito di aver immaginato una repubblica, Cicerone la raffigura nella sua concretezza.

Muovendosi nella formazione filosofica dello stoicismo, Cicerone introduce la discussione sottolineando come gli uomini non siano adatti a una concezione meramente astratta delle cose; la ricerca della verità filosofica va di pari passo con la sua applicabilità, quindi in un’effettiva azione di concretezza. Cicerone, a differenza di Platone, non teorizza uno Stato ideale ma, nelle sue argomentazioni, rimane fedele alla condizione in cui verte lo Stato romano e alla sua storia.

De re publica, le tematiche: dalle forme di governo, la figura del Princeps e il Somnium Scipionis

In ogni libro, Cicerone delinea una tematica ben precisa; partendo dalle forme di governo fino ai modelli di cittadini ideali il cui obiettivo è basarsi su un ideale di uomo politico che si prodighi per la comunità e la stabilità dello stesso Stato:

  • Primo libro: Scipione sostiene che delle tre forme di governo (monarchia, aristocrazia e democrazia), nessuna è da preferire;tutte possono trasformarsi in tirranide, oligarchia e oclocrazia “governo della plebe”. La migliore forma di governo è quella mista attuata nella repubblica romana, dove il potere monarchico risiede nel consolato; il potere aristocratico nel Senato, e il potere democratico nelle assemblee popolari e nei tribuni della plebe.
  • Secondo libro: Differenza con i Greci le cui costituzioni erano formulate e presiedute da un unico legislatore. La costituzione romana, invece, era stata costruita lungo tutta la storia attraverso il contributo di più generazioni .
  • Terzo libro: Si affronta il tema della giustizia, un valore di base poiché fondamento di ogni comunità e fondamentale nei rapporti tra i vari Stati.
  • Quarto libro: l’educazione del buon cittadino, l’importanza della famiglia la condanna del comunismo e la difesa della proprietà privata.
  • Quinto Libro: l’integrità del Mos maiorum e la figura dell’uomo di governo ideale che, Cicerone, definisce Princeps, ”primo cittadino”.
  • Sesto Libro: gli uomini di Stato che si prodigano per la comunità non devono preoccuparsi di ricevere plausi in vita; né il sostegno dei cittadini poiché, per essi, è in serbo la gloria immortale.

Per meglio intendere l’ultimo punto descritto nel Sesto Libro, Cicerone introduce un espediente letterario: l’immagine del Somnium Scipionis. Scipione Emiliano racconta un suo sogno in cui appare il nonno adottivo, Scipione l’Africano in cui gli espone la dottrina platonica dell’immortalità dell’anima e la beatitudine eterna riservata ai grandi uomini di Stato.

Stella Grillo

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