Fedro, Platone: l’Eros come mania e attualità del mito della biga alata

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Di Stella Grillo

Fedro, il dialogo di Platone: per questo nuovo appuntamento della rubrica ClassicaMente un’analisi fra uno dei dialoghi più noti della filosofia antica, quello fra Socrate e Fedro. Composto da tre discorsi sul tema dell’amore, questi ultimi non sono altro che una metafora che descrive il corretto uso della retorica. Un viaggio fra anima, razionalità, istinti e attualità dei miti.

Fedro, Socrate e l’entusiasmo del discorso di Lisia sull’amore

Fedro, un giovane ateniese con la passione per la retorica, reduce dall’aver ascoltato un discorso di Lisia sull’amore, ancora emozionato dall’orazione incontra Socrate. I due si recano presso la valle dell’Ilisso, appena fuori da Atene. Lo scenario è descritto con maestria e minuziosità: le descrizioni ambientali che fa Platone a riguardo diventano, probabilmente, le più note di tutta la letterature greca. Un’ ambientazione quasi mitica e bucolica quella in cui il filosofo greco immerge i due personaggi:

Fedro: Proprio da qui dunque? Le acque appaiono davvero dolci, pure e limpide, adatte alle fanciulle per giocarvi vicino!

Socrate: Per Era, è un bel luogo per sostare! Questo platano è molto frondoso e imponente, l’alto agnocasto è bellissimo con la sua ombra, ed essendo nel pieno della fioritura rende il luogo assai profumato. Sotto il platano poi scorre la graziosissima fonte di acqua molto fresca, come si può sentire col piede. Dalle immagini di fanciulle e dalle statue sembra essere un luogo sacro ad alcune Ninfe e ad Acheloo. E se vuoi ancora, com’è amabile e molto dolce il venticello del luogo! Una melodiosa eco estiva risponde al coro delle cicale. Ma la cosa più leggiadra di tutte è l’erba, poiché, disposta in dolce declivio, sembra fatta apposta per distendersi e appoggiarvi perfettamente la testa. Insomma, hai fatto da guida a un forestiero in modo eccellente, caro Fedro!

In questo scenario di quiete leggiadra, Fedro dice a Socrate di aver appena udito un discorso sull’amore dell’oratore Lisia: il fulcro della sua tesi sottolineava la proficuità di concedere i propri favori a chi non è innamorato, piuttosto che a chi dice di esserlo. Socrate ascolta il discorso riportato da Fedro: tuttavia lo trova accettabile solo dal punto di vista della tecnica oratoria. I presupposti che Lisia sostiene non hanno una metodologia di pensiero adeguata per reggere. Aggiunge, rivolgendosi al giovane, che se un discorso è proferito dai sofisti, è solo alla forma che bisogna dar adito e non alle argomentazioni.

Socrate ribalta il discorso di Lisia

Socrate, a capo coperto, compone un proprio discorso sull’eros: secondo Lisia concedersi alle lusinghe di colui che non ama può rivelarsi ragionevole. Quest’ultimo è, infatti, sereno ed equilibrato. L’innamorato è, invece, spesso instabile ed egoista. Potrebbe essere preferibile ma, sottolinea Socrate, Lisia dimentica che la sua orazione non ha basi filosofiche adeguate: l’oratore non ha distinto ciò che è bene reale da ciò che procura piacere. Le relazioni prese ad esempio sono quelle fra efebi e uomini dell’alta società. Nell’antica Grecia era usuale praticare la Pederestia: gli uomini adulti fungevano da precettori avviando gli efebi alla vita sociale attraverso questa pratica.

Fedro, dialogo di Platone - Photo Credits: amazon
Fedro, dialogo di Platone – Photo Credits: amazon

Socrate partendo dal discorso lisiano sviluppa una propria discussione; pone l’eros come mania umana tendente al piacere. Tuttavia, questo tipo di discorso che implica soddisfacimento del piacere e concedersi a chi non è realmente innamorato, è messo in atto solo per ribaltare il discorso di Lisia. Socrate dimostra in questo modo come possa esser elaborata una forma retorica corretta semanticamente e per deduzione di principi validi. L’amore per Socrate è un desiderio; l’unica distinzione fattibile è fra il desiderio che tende verso l’ideale e quello che mira unicamente al piacere.

Fedro, l’eros come delirio della vita spirituale: la mania divina

Non esiste solo l’amore come mania umana che si snoda verso il piacere fine a sé stesso; esiste l’amore quale mania divina. Quel tipo di amore di cui parla la sacerdotessa Diotima nel Simposio: tensione verso la conoscenza. Socrate, quindi, afferma che non è logico preferire chi non professa amore rispetto a chi lo manifesta: non è vero che il primo ha il controllo di sé stesso mentre, colui che ama, è in preda al delirio. Sarebbe così se la mania fosse un male; ma la follia dona anche beni immensi quando è data per dono divino. Questo tipo di follia è riscontrabile attraverso tre tipi di manie divine:

  • Profetica, ispirata da Apollo: il Dio Apollo ispirava alla Pizia di Delfi i suoi voleri tramite trance;
  • Dionisiaca, con annessa funzione purificatrice o catartica;
  • Poetica, ispirata dalle Muse: la poesia non era mera tecnica o arte umana, ma i poeti erano ispirati dalle divinità per elargire un sapere che non possedevano direttamente.

L’eros si presenta come mania, come un turbinio di sensazioni che si abbattono sugli individui, incapaci di controllo. Per questo motivo sia il discorso di Lisia, sia il primo discorso di Socrate trattano chi è innamorato come inaffidabile. Tuttavia, l’intento di Socrate è dimostrare che l’eros è un dono divino, una fortuna.

Il mito della biga alata e la tripartizione dell’animo umano

Per arrivare alla comprensione di questo tipo di eros, bisogna esporre la natura dell’esistenza oltre la vita terrena. L’anima umana è tripartita in:

  • Razionale;
  • Passionale;
  • Volitiva.

Metaforicamente è rappresentata da una biga disposta di ali e retta da un auriga, simboleggiante la ragione. I due cavalli, invece, si distinguono in un destriero nero, ribelle e difficilmente governabile; esso è allegoria dell’anima in cui confluiscono i desideri intensi e dediti al piacere come la lussuria o la gola. Il destriero bianco, invece, è simbolo dell’anima irascibile che riflette il coraggio e la determinazione.

Fedro: come Platone anticipò Freud

Per Platone, quindi, l’anima è come una biga trainata da cavalli alati. Prima che le anime degli uomini scorgessero la luce terrena, sostavano con gli dei nel cielo. L’auspicio era raggiungere l’iperuranio, una realtà connessa alla teoria delle idee composta da due livelli di realtà auspicabili:il mondo e le idee. L’auriga simboleggiava l’elemento razionale, mentre i cavalli quelli irrazionali: per Platone l’animo umano è un sempiterno conflitto fra elementi razionali ed irrazionali. Sovviene la semplicità deduttiva di come il mito sia paragonabile alla celeberrima teoria Freudiana che, per descrivere la struttura della personalità, teorizzava tre istanze: Es, Io, Super Io.

Fedro di Platone, il mito della biga alata - Photo Credits: francescodalpino.org
Fedro di Platone, il mito della biga alata – Photo Credits: francescodalpino.org

L’auriga – la ragione – rappresenta l’ego mediatore fra i due destrieri, proprio come l’Io freudiano procede nel mediare con le altre due istanze (Es e Super-Io); il cavallo nero è simbolo delle passioni istintive, così come l’Es. Il bianco è rappresentativo delle passioni spirituali, etiche ed elevate come il Super-Io. E’ dunque impossibile eliminare del tutto le passioni: possono solo essere controllate.

Attualità del mito della biga alata

La differenza con gli dei è che le divinità possiedono solo destrieri bianchi: le bighe delle anime umane riscontrano problemi a giungere all’iperuranio in quanto i cavalli neri tendono a volare verso il basso. Quando le ali dei cavalli si spezzano la biga precipita sulla terra ed avvia il fenomeno dell’incarnazione. L’uomo sprofonda in un oblio, vivendo la sua esistenza scandita dalla nostalgia. La sua vita, per cui, non è nient’altro che un tentativo di tornare a quella situazione primordiale. Due sono le strade da percorrere: la filosofia, che consente di captare l’essenza di quel mondo perduto, e la bellezza da cui scaturisce l’amore. Perché un vecchio mito di un dialogo antico riflette una metafora efficace? Il soggetto che guida è l’auriga, ma senza i destrieri la biga non si muove: l’uomo quindi, non può vivere senza essere mosso dalle passioni. Queste ultime sono essenziali per l’esistenza in ogni epoca storica: passioni e pulsioni, tuttavia, non devono sopraffare la ragione e la capacità di scelta di chi guida sé stessp verso il proprio futuro.