Nello spazio di LetteralMente Donna una donna che ha dato un contributo forte alla crescita e alla psicologia femminile grazie ai suoi studi piscologici ed etnografici. La donna è Clarissa Pinkola Estès e questa è la sua storia.

Clarissa Pinkola Estès, l’infanzia e la vita sulle Montagne Rocciose

LetteralMente Donna è dedicata a Clarissa Pinkola Estès, fonte artsandculture.google.com
Clarissa Pinkola Estès, fonte artsandculture.google.com

La vita di Clarissa Pinkola Estès subì un primo decisivo cambiamento quando a soli 4 anni, per motivi che non ha mai spiegato, fu data in adozione dai suoi genitori messicani ad una coppia di immigrati ungheresi. Inizia cosi, in una famiglia dove la televisione arrivò quando lei aveva 12 anni, l’amore per i racconti le tradizioni orali popolari europee che le fu da aiuto in un’infanzia segnata dalla violenza e dell’alcolismo dei familiari acquisiti.

Sulla scia della passione per l’etnografia iniziò da giovanissima un viaggio verso le Montagne Rocciose dove incontrerò persone di nazionalità e di etnia diverse. Per proseguire le sue ricerche si spostò poi verso sud dove percorse la Panamericana incontrando antiche comunità latinoamericane e i nativi americani. Fu questa l’occasione per raccogliere storie, come da lei stesso affermato e come riportato da Enciclopedia delle Donne, che le venivano raccontate “ai tavoli delle cucine, sotto pergolati d’uva, nei pollai e nelle stalle, mentre impastavo tortillas, inseguivo animali selvaggi, ricamavo il milionesimo punto croce… Ovunque andassi, bambini, matrone, donne rugose, gli artisti dell’anima, spuntavano dai boschi, dalla giungla, dalle praterie per deliziarmi con gracchiamenti e versi…”.

L’importanza delle storie nella psicologia

Il bagaglio etnografico di tradizioni orali raccolte dalla Estès fu determinante per i suoi studi psicologici per per la psicologia post traumatica a cui si dedicò con successo. Infatti la Estès dopo essersi formata come analista junghiana si specializzò in eventi traumatici adoperando anche storie e favole nelle sue terapie per i pazienti perchè, come lei stessa ha raccontato, “i racconti sono, in uno dei sensi più antichi, un’arte curativa”. L’uso di questa particolare forma di terapia le fu utile anche quando si occupò dei sopravvissuti della Columbine e dell’11 settembre.

Dall’altro lato il patrimonio di racconti, folklore e fiabe raccolte le futile per uno studio durato decenni che iniziò con quello “dei lupi, che con le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso e grande devozione”. Cosi attraverso le sue esperienze ricalcò quello che aveva già fatto un’allieva di Jung, Marie-Louise von Franz sugli archetipi della fiaba, riuscendo però a innovare questi studi. La base di questi archetipi fu importante infatti perchè con essa la Estès realizzo un’interpretazione psicoanalitica con ci ricostruì le diverse tipologie femminili per spiegarne la psiche. Il risultato di questi studi è raccolto nel suo libro più famoso, tradotto in oltre 40 lingue ed intitolato “Donne che corrono coi lupi”.

L’archetipo della donna selvaggia

L’archetipo della donna selvaggia è il centro di questo saggio e rappresenta quell’essenza a cui la donna moderna si deve ricongiungere alla fine del viaggio interiore proposto da questo libro. Questo perchè spiega l’Estes, “le questioni dell’anima femminile non possono essere trattate modellando la donna in una forma femminile più accettabile per una cultura inconsapevole, né l’anima può essere piegata in una forma intellettualmente più accettabile per coloro che pretendono di essere gli unici portatori della consapevolezza. Piuttosto l’obiettivo deve essere riparazione e soccorso nei confronti della forma psichica naturale e mirabile delle donne. Le tracce che noi tutte seguiamo sono quelle del sé innato e selvaggio”.

La donna selvaggia rappresenta infatti quella potenza creatrice e istintiva che la donna moderna ha perso perchè schiacciata dalle paure e dagli stereotipi imposti dalla società. Proprio la “separazione dalla sua natura selvaggia”, afferma la Estès come riportato da In 20 righe, “fa sì che la personalità della donna diventi povera, sottile, pallida, spettrale”. Per questo la psicologa junghiana affronta nel suo libro tutti i momenti più importanti che le donne vivono nelle loro vite e lo fa analizzandoli attraverso il mito e il folclore per ricostituire l’archetipo della donna selvaggia necessario affinchè la donna ritrovi se stessa.

Stefano Delle Cave

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