Estate, la stagione decanta da numerosi autori e scrittori. Esiodo è stato il primo poeta antico che ha descritto minuziosamente il sopraggiungere delle atmosfere estive; nello spazio dedicato alla letteratura greca e latina in ClassicaMente, il rigoglio della stagione estiva nella letteratura classica.

Esiodo e l’estate in letteratura greca

Esiodo Estate Letteratura Greca - Wikipedia
Stato Arcadico o Pastorale, Thomas Cole, 1834 – Credits: Wikipedia

La prima descrizione della bellezza e del rigoglio dell’estate in letteratura greca si deve al poeta Esiodo. L’etimologia della parola Estate deriva dal latino, precisamente, dal verbo aedere, bruciare; semanticamente il termine designa la stagione calda e la calura che deriva da essa. In una delle raccolte della letteratura greca più note, Le opere e giorni, Esiodo fornisce una dettagliata descrizione della vita contadina del tempo; nell’opera sono presenti anche dei versi che evidenziano la classica atmosfera estiva, con tutte le sue peculiarità.

 Esiodo prima di allora si era occupato di scrivere testi esclusivamente eruditi e dal tono mitologico. Tuttavia, in seguito ad una vicenda personale, inizia a produrre contenuti narrativi dal carattere prettamente riflessivo. Le opere e i giorni, infatti, nasce in seguito a una ingiustizia subita dalla divisione dell’eredità paterna che lo porta a una disputa con il fratello.

Le atmosfere estive nel poema Le Opere e i giorni

Attraverso questi versi, Esiodo  descrive una classica giornata irradiata dalla calura estiva: la pelle inaridita, il dissetarsi da una limpida e chiara fonte, il fiorire del cardo, il tipico canto estivo delle cicale. Il tutto, pervaso da una sottile ironia come conferma la porzione centrale del componimento e l’ultimo verso.

Quando il cardo fiorisce, e la cicala monotona
si perde nelle foglie spandendo il suo poema morbido e corposo,
dalle ali, nelle giornate d’estate sonnolenta,
allora le capre sono in carne ed è impeccabile il vino,
sensualissime le donne, i maschi senza forza
perchè la calura secca muscoli e cervello,
la pelle inaridita dal bruciore. Che avvenenza, quindi,
l’ombra di una grotta, il vino delle isole,
la focaccia con la panna, il latte della libera capretta,
la carne nostrale di vitella non coperta,

di agnello appena nato, e bere vino acceso scintillante,
seduti in ombra, con il cuore compiaciuto del mangiare,
il volto esposto al venticello vivo.
E dissetarsi da una fonte chiara, azzurra, sempre fresca
tre porzioni d’acqua, la quarta di vinello!

Dalle Opere di Esiodo (VIII-VII secolo a.C.), “L’Agricoltura”, versi 582-596

Nel poema Le opere e i giorni di Esiodo, i temi fondamentali sono la necessità del lavoro da parte dell’uomo e l’agricoltura; consigli pratici sulle attività da svolgere e i periodi più idonei per applicare talune accortezze. Esiodo, dopo aver esplicato dettagliatamente le qualità che il perfetto agricoltore dovrebbe avere, rispettando i ritmi delle stagioni e della Natura, offre una descrizione particolareggiante sull’Estate e sugli effetti di quest’ultima sull’uomo.

I versi descrivono un paesaggio bucolico, intriso dalla tipica canicola estiva; tutto rimanda ad atmosfere agresti e roventi, con le simbologie tipiche dell’Estate. Il cardo che fiorisce proprio durante i mesi estivi, il topos della cicala che frinisce, la pelle inaridita dal troppo calore e l’affanno che il clima torrido arreca. Tuttavia, la temperatura cocente, non ha gli stessi effetti su donne e uomini;  le donne sono più ardenti di passione e, proprio grazie all’afa, diventano più sensuali.

Gli uomini, invece, vista l’atmosfera rovente, risultano più fiacchi; Esiodo utilizza l’espressione-motivazione, a tratti ironica: ”la calura secca i muscoli e il cervello’‘. A livello grammaticale si può notare come, per descrivere gli effetti del caldo sugli uomini, Esiodo utilizzi ἀφαυρός, ἠ, ὀν, ovvero ”debole” o ”fiacco”. Mentre riferendosi alle donne, l’uso ricade sull’aggettivo  μάχλος, η, ον, ”libidinoso”.

I ristori contro la canicola in un’estate dell’antica Grecia

Dopo aver descritto gli effetti dell’estate su uomini e donne, Esiodo procede con delle utili strategie anti-afa, in quella che è una classica estate greca; densa di calore, rovente e infuocata. L’ombra ristoratrice di una grotta, i cibi adatti ad arrecare frescura come il latte di una capretta, la focaccia con la panna, il volto rivolto a un flebile vento, leggero ma rinfrescante, dissetarsi dallo sgorgare di una limpida fonte. Si noti, tuttavia, come risulta ridondante il riproporsi del vino come metodo anti-calura.

Nell’antico mondo greco il vino non era una semplice bevanda ma un vero e proprio farmaco; antidoto o rimedio per qualsiasi acciacco o problematica, anche per la sofferenza dovuta ai climi roventi proprio perché il vino fa dimenticare qualsiasi cosa, anche le turbe, i dolori fisici o gli affanni. Esiodo inserisce un pasto frugale, l’ombra di una roccia e il vino di Biblo per trovare frescura. La bevanda menzionata da Esiodo è una miscela composta da acqua e vino; dissetante e adatta alla stagione riarsa.

Il vino era noto come ”oblio degli affanni”, oltre ad essere una bevanda molto cara al poeta Alceo. Nell’antica Grecia gli si dava una valenza sociologica, poiché considerato un prodigio; la metamorfosi di un frutto che si trasforma in un prezioso liquido magico che inebria, rimedio per gli uomini contro le brutture della vita e dono della Natura all’umanità.

Stella Grillo

Foto in copertina: analisidellopera.it

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