Con il suo cinema ha raccontato l’Italia e gli italiani: dal radiocronista omosessuale alla moglie picchiata dal marito fascista, al fascista che cerca un riscatto al soldato che cerca di dimenticare la guerra. Questo è Ettore Scola, sceneggiatore e regista che ha messo la sua firma nel cinema degli anni ’60-80.

Gli “scarabocchi” del Marc’Aurelio e l’incontro con Federico Fellini

Ettore Scola nasce a Trevico (Avellino), il 10 maggio 1931, e pochi anni dopo si trasferisce a Roma con tutta la famiglia. Da bambino sviluppa una passione per il disegno che lo porta molto presto, all’età di 15 anni, nella redazione della rivista umoristica chiamata Marc’Aurelio. Qui conosce un ragazzo di dieci anni più grande, un giovane artista di nome Federico Fellini. Con quelli che poi lui chiamerà “scarabocchi”, vignette, bozzetti che lo accompagneranno sempre, riesce a trovare il suo spazio in un ambiente di grande fermento culturale mentre intraprende gli studi di Giurisprudenza.

L’esordio al cinema: dalla sceneggiatura alla macchina da presa

Sin dagli anni Quaranta, Scola collabora a trasmissioni e varietà per la radio e la televisione. L’incontro con il cinema avviene negli anni ’50, quando scrive una sceneggiatura insieme ad Age e Scarpelli per film come “Un americano a Roma” (1954), “La grande Guerra” (1959) e “Crimen” (1960).

Nel 1964 inizia il suo percorso dietro la cinepresa con “Se permette parliamo di donne”, scritto insieme all’amico Ruggero Maccari e interpretato da Vittorio Gassman, con il quale si troverà a lavorare più volte.

Il primo grande successo e la prima critica sociale

Con la commedia amara “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?”, Ettore Scola riesce ad ottenere il primo vero successo popolare. Il film è una critica alla borghesia italiana e alla loro arroganza nei confronti del Terzo Mondo. Il film, in cui recita Alberto Sordi, è campione d’incassi e getta le basi per una collaborazione con Sordi destinata a durare per altri tre film: “La più bella serata della mia vita” (1972), alcuni episodi del film collettivo “I nuovi mostri” (1977) e “Romanzo di un giovane povero” (1995).

Gli anni Settanta, l’apice della carriera di Ettore Scola

Nel 1974 realizza “C’eravamo tanto amati”, film che ripercorre trent’anni di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli). Un capolavoro che lo consacra definitivamente tra i grandi del cinema italiano e gli regala numerosi premi al festival di Mosca, il César francese e tre Nastri d’argento.

L’Italia fascista torna a riempire la pellicola di Scola con “Una giornata particolare” (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni: sullo sfondo della visita di Adolf Hitler a Roma si consumano poche ore della vita di un radiocronista omosessuale e della sua vicina di casa, una casalinga frustrata madre di sei figli e moglie di un fascista prepotente. Il film valse al regista una delle sue quattro candidature all’Oscar come migliore pellicola straniera e vinse il Golden Globe.

Gli anni Ottanta e la decisione di non fare più cinema

Nel film “La famiglia” (1987) Ettore Scola racconta 80 anni di storia italiana (1906-1986). La nostalgia per gli anni che furono accompagna altre due pellicole di questo periodo: “Splendor” e “Che ora è?”, quest’ultimo racconta le difficoltà di comunicazione tra un padre ed un figlio, in un mondo che ormai non esiste più.

Negli ultimi anni Scola si dedica ai documentari, come “Che strano chiamarsi Federico” sulla vita del vecchio amico Federico Fellini. L’ultimo suo lavoro “Ridendo e scherzando” è dedicato alla sua vita e alla sua carriera. Carriera dedicata ad illuminare angoli bui della storia d’Italia, come lui stesso ha detto: “Il cinema è un lavoro duro ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazioni sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita”.

Vera Martinez