Eugenio Montale, la poesia come strumento di indagine esistenziale

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Di Stella Grillo

Si celebra oggi l’anniversario di nascita di Eugenio Montale: giornalista, poeta e scrittore italiano vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1975.

Il poeta che celebrò la Liguria

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896. Trascorre l’infanzia e la giovinezza fra Genova e le Cinque Terre dove, era solito recarsi in vacanza insieme alla famiglia. Frequenta l’istituto tecnico commerciale, diplomandosi in ragioneria nel 1915. Tuttavia, il futuro Premio Nobel, aveva già interessi letterari: frequentava le biblioteche della propria città assistendo, anche, alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna. Scandisce, per cui, il suo percorso di formazione letteraria da autodidatta; la sua passione preponderante lo conduce principalmente a Dante, di cui nutre un amore sconfinato. Entra all’Accademia Militare sita a Parma, dove, da volontario, chiede di essere inviato al fronte, congedandosi nel 1920. Al termine della Prima Guerra Mondiale, frequenta numerosi circoli letterari fra Genova e Torino. Nel 1927 si trasferisce a Firenze dove collabora con l’editore Bemporad.

Drusilla Tanzi e Eugenio Montale - Photo Credits: poesia.blog.rainews.it
Eugenio Montale e la moglie Drusilla Tanzi – Photo Creditis: web

Montale fa capolino nel mondo della poesia moderna con una delle sue raccolte che in seguito, diventerà, la più nota: Ossi di seppia, del 1925. Successivamente, collabora con la rivista Solaria, frequenta il caffè letterario delle ”Giubbe Rosse” e conosce Emilio Gadda ed Elio Vittorini. E’ il 1948 quando si trasferisce a Milano dove inizia a scrivere per il Corriere della Sera, occupandosi di critica musicale. Nel 1967 è nominato Senatore a vita; mentre nel 1975 vince il Premio Nobel per la Letteratura. Muore a Milano il 12 settembre 1981, un mese esatto al compimento del suo ottantacinquesimo anno.

Eugenio Montale: una poetica che va oltre le apparenze

Eugenio Montale utilizza la poesia come strumento di indagine volto alle condizioni di esistenza dell’uomo moderno: non le attribuisce un ruolo atto all’elevazione spirituale, anzi, con l’umiltà che lo contraddistingue, si rivolge al suo lettore pregandolo di non chiedergli nulla alcuno. Il poeta non può bisbigliare alcuna formula segreta che possa aprire nuovi mondi, proprio per essere solo un semplice poeta. Si può solo dire ciò che non si vuole e ciò che non si è. Un concetto espresso accuratamente e in dettaglio nel componimento ”Non chiederci la parola”, tratto dalla raccolta Ossi di seppia:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

E’ una negatività esistenziale quella di Montale, vissuta dilaniandosi dal divenire storico. Il poeta cerca una soluzione simbolica attraverso il correlativo oggettivo già utilizzato da T.S. Eliot; attraverso le immagini cerca di attutire l’inquietudine derivante da quel ”male di vivere”. Le immagini nella produzione del poeta sono disparate: il mare, le figure di donne importanti per la vita del poeta. Esalta, quindi, lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi contesto il proprio dovere; non si propone come guida spirituale per gli uomini ma, attraverso la sua opera, tenta di far capire al suo lettore di accettare la propria incompiutezza.

La figura femminile come simbolo salvifico dalla condizione di malessere esistenziale

Per il poeta della scuola genovese, non esistono leggi immutabili che governano la vita degli uomini, da qui, la sua completa sfiducia verso ogni dottrina o religione che si erge a inquadramento generale o definitivo della vita umana. I caratteri fondamentali del linguaggio poetico di Montale sono quindi simboli che rimbalzano da un testo all’altro, assumendo un ruolo ora salvifico ora di malessere esistenziale di cui, secondo il poeta, ne è permeata l’esistenza umana. Si è in attesa di un avvenimento o un miracolo che riveli il senso della vita. Allora troviamo in Ossi di seppia il muro, come simbolo negativo di chiusura; mentre nella seconda raccolta, Le Occasioni, diventa centrale la figura di Clizia, nome di finzione letteraria che allude a Irma Brandeis, amata da Eugenio Montale.

Ossi di Seppia e Le Occasioni - Photo Credits: alessiaslorenzi.it
Ossi di Seppia e Le Occasioni – Photo Credits: alessiaslorenzi.it

La figura femminile diventa, in questo caso, un simbolo salvifico da cui attendere possibilità di redimersi. Montale prende anche le distanze dall’artificiosità poetica del poeta-vate che riflette la figura di Gabriele D’Annunzio. La sua poesia tenta di andare oltre le apparenze, attestando che non potrà mai giungere alla comprensione della verità completa, quanto piuttosto, cerca di creare un varco che permetta di intravedere la possibilità di una rivelazione del significato dell’esistenza.