
Oggi la rubrica “Cronache del mistero” ripercorre il triste caso di cronaca nera italiana avvenuto alla metà degli anni 80 che colpì vari componenti della famiglia Scabini. Tutto iniziò in Lombardia e precisamente a Montù Beccaria, un comune alle porte di Pavia. Un tranquillo posto, dove una vasta pianura ospitava la tenuta del 52enne Giuseppe Scabini. L’uomo ex bersagliere, era un tipo forte e robusto, cosa che di certo non guasta quando si lavora la terra. La vita di Giuseppe scorreva serenamente assieme alla moglie Lidia e alla loro figlia, la diciottenne Ivana. Il lavoro era duro ma Giuseppe la domenica si riposava concedendosi un bicchiere e quattro chiacchiere al bar del paese assieme alla gente del posto. Così, anche quella domenica 18 giugno 1987 Giuseppe raggiunse il bar dove si intrattenne con suo cugino Ermanno.
I due parlarono amabilmente quando ad un tratto Giuseppe avvertì un malore. Accusò un forte dolore al petto e faticava a respirare. Ermanno allarmato, trasportò il cugino a casa. Nel frattempo la famiglia di Giuseppe avvertì il medico condotto del paese che però, quando raggiunse il casolare degli Scabini trovò già una situazione critica e nonostante i tentativi di rianimazione, Giuseppe morì. Per la moglie Lidia e la figlia Ivana non era certo un momento facile, e attorno a loro si strinse la famiglia. A qualche giorno dalla morte di Giuseppe a dar conforto alle due donne, arrivarono alcuni parenti da Milano, i cugini Scavenna. Con loro portarono anche Milena, la figlioletta di 4 anni.

Famiglia Scabini, il caso si complica
Arrivati i parenti, Ivana prese in custodia la piccola Milena e mentre i grandi parlavano, portò la bambina a scorrazzare nella tenuta. Milena sembrava divertirsi a correre dietro le galline e dopo un po’, complice anche la calda giornata, le due rientrarono in casa per bere. Pochi minuti dopo aver bevuto un bel bicchiere d’acqua la piccola Milena cominciò a star male e in breve tempo svenne. La famiglia Scabini avvisò il medico condotto. Questi arrivato in fretta consigliò di trasportare la bimba nel vicino ospedale. Purtroppo non ci fu il tempo, Milena da lì a qualche minuto morì. I medici proposero ai genitori di Milena di fare un’autopsia, ma loro si opposero. Passati pochi mesi da quelle due orrende morti improvvise, per quel che restava della famiglia Scabini, il dolore sembrava non dover finire.
Una mattina infatti, Lidia la moglie di Giuseppe, mentre lavorava nella sua tenuta trovò tra i vigneti il corpo di Anna, l’anziana suocera. Una morte forse quasi aspettata, dovuta dall’età avanzata della signora, aggravata dal dolore della perdita del figlio Giuseppe. Così un altro lutto scosse le donne della famiglia Scabini. Madre e figlia cercarono comunque di andare avanti. Un giorno Lidia ricevette la visita di Mariuccia, moglie di Ermanno, il cugino che soccorse Giuseppe durante il malore. Nello stesso momento anche Ivana ricevette la visita di una sua amica, la coetanea Giuseppina, e le due decisero di andare a fare una passeggiata, lasciando le due signore a casa a chiacchierare. Da li a poco Ivana tornò a casa dalla madre dicendo che Giuseppina durante la passeggiata si era sentita male ed era stata trasportata in ospedale.

Caramelle, dolcetti e cioccolatini avvelenati
Lidia e Mariuccia sconvolte si alzarono, ma un istante dopo Mariuccia cadde svenuta. La giovane Giuseppina mori durante il tragitto in ospedale mentre Mariuccia, ricoverata e cadde in coma. La morte della giovane Giuseppina però fece scattare le indagini. Ben presto gli inquirenti scoprirono tracce di “Parathion“, un potente antiparassitario letale se ingerito o assorbito attraverso la pelle. Nei corpi di Giuseppe, dell’anziana madre Anna e in quello dell’amica di Ivana, la giovane Giuseppina trovarono tracce di quel veleno.
I sospetti degli inquirenti, dopo aver scagionato quasi subito Lidia e Ivana ricaddero ben presto su Alberto, fratello di Giuseppe. La polizia si convinse di aver trovato la soluzione a quelle misteriose morti. Tutti sembravano far parte del piano criminale di Alberto che, sommerso dai debiti avrebbe avvelenato, dolcetti, caramelle e cioccolatini distribuiti poi ai familiari con l’intento di ucciderli per incassare l’eredità. Nonostante la critica posizione Alberto, non fu accusato, per via delle prove che risultarono circostanziali. Da lì a poco anche Alberto morì ma nel suo corpo non emersero tracce di veleno. Per quelle morti nessun colpevole e il caso resta irrisolto.
di Loretta Meloni
Immagine di copertina (Famiglia Scabini) photo credit: ichi.pro