Nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’Infanzia, Febbraio; l’ultimo mese invernale nelle poesie di Vincenzo Cardarelli e Francesco Pastonchi.

Febbraio, Vincenzo Cardarelli e Francesco Pastonchi: due poesie per l’infanzia

Febbraio Cardarelli Pastonchi - Credits: Pinterest
Credits: Pinterest

Per celebrare l’ultimo periodo invernale, i versi dedicati al mese di Febbraio da Vincenzo Cardarelli e Francesco Pastonchi. I due poeti sono noti per aver scritto numerosi componimenti adatti alla scuola primaria ma anche a ragazzi di età più adulta. Se Vincenzo Cardarelli approfondisce temi come morte, malinconia e la sua ben nota fobia del rifiuto, Francesco Pastonchi è invece più orientato a esaltare sia gli aspetti semplici che quelli più ricercati della natura. Entrambi i poeti, però, hanno come tema principale il susseguirsi delle stagioni, così come gli eventi ricadenti in un determinato periodo dell’anno; Cardarelli scrive poesie sull’autunno mentre Pastonchi, per esempio, sulla figura materna. Il primo componimento, Febbraio, scritto da Vincenzo Cardarelli mette in risalto i contrasti di questo mese impertinente e dispettoso come un bimbo:

Febbraio è sbarazzino.
Non ha i riposi del grande inverno,
ha le punzecchiature, i dispetti
di primavera che nasce.
Dalla bora di febbraio
requie non aspettare.
Questo mese è un ragazzo
fastidioso, irritante,
che mette a soqquadro la casa,
rimuove il sangue, annuncia il folle marzo
periglioso e mutante.

Contenuta nella raccolta Poesie del 1936, qui Febbraio è descritto da Cardarelli come un mese vispo e vivace. Non si trascina dietro la voglia di riposare e stare al caldo degli altri mesi invernali, anzi, ha movenze sbarazzine e ingenue punzecchiature proprie della primavera che, scalpitante, attende la rinascita delle sue gemme. Non bisogna aspettarsi alcun riposo dalle raffiche fredde delle bora; Febbraio, per Cardarelli, è un mese mutevole, quasi pericoloso, che rivolta la casa e annuncia marzo: mese umorale, folle e soggetto a cambiamenti improvvisi.

Il mese messaggero della mite stagione

Questa poesia sul mese di Febbraio di Pastonchi, contenuta nella raccolta Endecasillabi del 1949, è per certi versi similare a quella di Cardarelli; i due poeti, infatti, descrivono Febbraio non tanto come ultimo mese portatore di gelo invernale, ma come annunciatore e messaggero della primavera;

Sole dipinto su chiazze di neve
di tra gli alberi scarni. Le colline
si piegano soavi ad invocare
passi di giovinezza. È tardi, è tardi
ora e il riassaporarli amaro.
Ma è felicità nell’aria, e voglia
d’incontri ha il cuore per solinghe strade,
dove già forse qualche orma di primule
lascia coi nudi piedi primavera.

Le immagini usate da Francesco Pastonchi per descrivere Febbraio, sono più soavi rispetto alle descrizioni di Cardarelli. Il componimento si apre con la parola ”Sole”, un termine che rimanda alla luminosità foriera della bella stagione. I raggi si imbattono sui rami spogli, ornati da chiazze di neve ormai di passaggio. Le colline attendono i bambini e i loro passi che, con l’arrivo della mite stagione, calpesteranno i sentieri verdeggianti. La felicità, però, si spande già nell’aria e c’è voglia di unione, allegria, incontri che riempiano le mute strade in quanto, per il gelo invernale, son rimaste tacite per troppo tempo. Ed ecco il simbolo di Febbraio che, nel suo intimo, annuncia la stagione primaverile; nei sentieri solitari, coperti ancora di brina, sono sbocciate le primule: emblema di una primavera che non tarderà a giungere.

Stella Grillo

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