Federico Garcìa Lorca: teatro, libertà e autorità

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Di Martina Puzone

Il maggiore poeta spagnolo dei Novecento nato in Andalusia nel 1898 e fucilato il 19 agosto 1936 dalla polizia franchista, subito dopo l’inizio della guerra civile. Laureato in legge, visse a Madrid dove si legò agli ambienti culturali surrealisti. Musicista di pregio e disegnatore raffinato, scrisse per varie riviste impegnandosi nel rinnovamento del teatro spagnolo.

Federico Garcìa Lorca, il teatro: un nucleo drammatico

Il centro del teatro in Federico Garcìa Lorca è l’incontro di due forze contrapposte: il principio di autorità e il principio di libertà. Queste due componenti si incarnano nel dramma attraverso l’ordine, la tradizione, la realtà, e collettività da un lato; istinto, immaginazione, desiderio e individualità dall’altro. A questi due poli della struttura drammatica, fa corrispondere dei temi simbolici: terra, fiume, seme, luna, toro, cavallo, sangue, coltello etc.

Nella sua scrittura è presente la dialettica tra ritualità ancestrale e poesia. I temi dell’amore passionale, della gelosia, della fertilità, dell’onore si mescolano dando corpo a una tragedia tutta terrestre. In Yerma (1933) questi elementi sono espressi nella forma più pura. L’azione, che procede per stazioni in un processo di inabissamento verso la morte, è sospesa in enunciati verbali, facendo assumere al testo un andamento cerimoniale.

El maleficio de la mariposa (1919)

La prima opera teatrale di Lorca, risente di un clima romantico pervaso di simbolismo presente anche nella prima produzione poetica. L’opera drammatizza liricamente il sovvertimento dell’ordine e della pace quotidiani prodotto dall’irruzione dell’amore in una comunità di insetti. “Curianito el poeta” si innamora di una farfalla agonizzante, simbolo del mistero e messaggera di un mondo d’allegria. La farfalla e l’insetto di lei innamorato rappresentano l’ideale e l’aspirazione all’ideale, Lorca drammatizza il loro rapporto mostrando l’impossibilità di una composizione fra i due poli.

Sono presenti i tratti principali del suo teatro: conflitto fra codice e segno, norma e ideale; personaggi della madre, della donna nubile, della coppia atipica, il coro, tiranna vox populi.

Mariana Pineda (1925- 1927)

Anche qui presenti le armi dell’amore e della libertà incarnati dall’eroina, che tuttavia la distruggono in quanto nella visione di Lorca amore e libertà non nascono per trionfare ma per distruggere chi se ne fa portatore. Tutta la sua drammaturgia si esprime in questa testimonianza del fallimento della libertà e individualità. Rinuncia al tono epico, assume quello lirico.

Il primo piano riguarda la storia dell’eroina fatta d’amore, fedeltà e sacrificio. Il suo senso più profondo sta nel negare la possibilità di una sintesi fra amore e libertà. Quest’ultima e il mondo si escludono a vicenda, tutti i tentativi di realizzazione di questi due sono destinati a fallire.

In questa pieza è già presente la concezione estetica dello scenario come luogo in cui vivono diverse arti (figurative e plastiche, musicali, coreografiche). Lorca concepisce il teatro come spettacolo totale la cui struttura finale deriva dalla armoniosa combinazione di struttura gestuale, struttura musicale, struttura plastica e struttura poetica. Lorca scriverà il suo teatro combinando il punto di vista del poeta drammatico e del direttore artistico avvalendosi della preziosa esperienza di direttore della Barraca.

Federico Garcìa Lorca, il teatro: Farsas

Lorca scrive quattro farse che possiamo dividere in due gruppi: Farse per marionette (Tragicomedia de don Cristóbal y la señá Rosita; Retablillo de don Cristóbal); Farse per persone (La zapatera prodigiosa; Amor de don Perlimpín con Belisa en su jardín).

La zapatera prodigiosa (1930): Una farsa semplice dal tono puro e classico dove viene descritto lo spirito di una donna in modo tenero. Visione della realtà come pura amputazione dell’essere. L’esistenza degli altri, dell’altro causa alienazione, alterazione e negazione dell’individualità.

Amor de don Perlimpín con Belisa en su jardín (1993): condivide con le farse il tema del matrimonio realizzato senza amore, per interesse o per volere di altri e in tutti i casi separa i due consorti anche una grande differenza di età.

Don Perlimpín qui si sdoppia in un secondo personaggio, giovane amante di Belisa che rappresenta l’essenza stessa dell’amore umano, fatto di desiderio e di liberazione del corpo, di anelito e di sogno. Don Perlimpín, trasfigurato nel giovane dal mantello rosso, si uccide per sopravvivere eternamente nell’amore femminile, sempre desiderato e mai raggiunto.

Badas de sangre (Nozze di sangue, 1933)

Una tragedia in tre atti (Cuadros) che mette in scena la morte e la fatalità. Lorca dichiara che il momento della rappresentazione che più lo soddisfa è quello in cui intervengono la Luna e la Morte, come elementi e simboli di fatalità. Il realismo che presiede la tragedia fino a quel momento scompare facendo posto alla fantasia poetica.

Nel primo Cuadro la Madre spiega la antica rivalità fra la famiglia del Novio e quella di Leonardo; il Novio e Leonardo sono pertanto attori di un conflitto fra clan in cui predomina il coltello, funesto strumento di morte. La Madre allude anche a un antico amore fra la Novia e Leonardo. La Novia è l’archetipo della donna lorchiana non madre. Prima e dopo le nozze, il tema  centrale è la lotta e la resistenza della Novia alla sua passione per Leonardo, orgogliosamente repressa.

Le nozze non rappresentano però una salvezza contro la spinta fatale del sesso ma il fattore scatenante di quella forza tellurica. La fuga di Leonardo e della Novia costituisce il passaggio dal realismo alla fantasia poetica, che trionferà nell’apparizione della Luna e della Morte. Il potere del sesso trionfa sull’ordine costituito e la giustizia della società, il cui ordine è stato violato, sfocerà nella morte violenta degli ultimi rappresentanti dei due clan rivali.

La casa de Berbarda Alba (1945)

Opera teatrale in tre atti scritta nel 1936 che Lorca non vedrà rappresentata perché venne assassinato qualche settimana dopo. L’azione di questa tragedia trascorre in uno spazio chiuso, ermetico, ed è incorniciata dalla prima e ultima parola di Bernarda: silencio.

Il principio di autorità è incarnato qui da Bernarda e il principio di libertà è rappresentato dalle figlie. Insieme al principio di autorità, Bernarda è portatrice anche di un istinto di potere che nega la stessa realtà e l’esistenza degli altri. A questo istinto di potere si oppone un altro istinto ugualmente potente e non meno elementare: il sesso.

La conseguenza è l’impossibilità di una comunicazione fra questi due istinti e dunque una profonda incomunicabilità fra Bernarda e le sue figlie. In un universo così strutturato ci sono soltanto due vie di uscita: la follia (María Josefa) o il suicidio (Adela), forma estrema di ribellione. Questo “drama de las mujeres de los pueblos de España” presenta l’inconciliabile opposizione di due forze ugualmente cieche, il cui scenario è la terra spagnola. In La casa de Bernarda Alba, Lorca formula con chiarezza la sua visione tragica di quella terra.

Martina Puzone