Festa del papà, sapete perché si mangiano le zeppole?

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Di Alessia Spensierato

Il dolce tipico della festa del papà ha varianti regionali ma per lo più è a base di crema, con impasto simile a quelle dei bignè. È tipico il dolce napoletano, che prende il nome di “zeppola di San Giuseppe. Secondo la tradizione, infatti, dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera. Le tradizionali ‘zeppole’ sono realizzate con pasta simile ai bignè, di forma schiacciata, e possono essere fritte o al forno, al di sopra viene posta di norma crema pasticcera e marmellata di amarene. Nel nord Italia invece, il dolce tipico della festività è la Raviola.

Questa parola viene dal latino cippus, che rappresenta un comune pezzetto di legno, un ceppo. I Romani la chiamano così per via della sua forma: una zeppa piccola, fritta nell’olio bollente che si gonfia. Somiglia al cippus sia esteticamente sia “filosoficamente”: la pasta cresciuta costa pochissimo e aiuta le claudicanti classi meno abbienti.

Nel corso dei secoli le “cippus” hanno subito diverse variazioni, la più importante è proprio quella del “condimento”: una versione più grossa e soprattutto dolce, che i Romani chiamano serpula, ovvero “serpe”, perché ha la forma di un serpente acciambellato su se stesso. Con il tempo sarebbe diventata la cymbala, un’imbarcazione con la punta a forma di ciambella e, nel Medioevo, la saeptula, traducibile con “cingere”, parola usata per tantissimi oggetti di forma tonda.

Il dolce comincia a prendere la forma che conosciamo oggi intorno al 1700: pare che fossero le monache dello Splendore e della Croce di Lucca o quelle di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno a prepararle come dolce conventuale.

Poi, cento anni più tardi, vennero messe “nero su bianco”: le prime ricette delle zeppole di San Giuseppe risalgono al 1837 ad opera del celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, che le codificò nel Trattato di Cucina Teorico-Pratico

Le zeppole di San Giuseppe fanno certamente parte della tradizione napoletana, ma vengono preparate anche in diverse altre zone d’Italia. Come nel Salento, dove vengono fritte o cotte al forno – per una versione più light – e farcite con crema pasticcera o al cioccolato.

In Sicilia hanno sapori più agrumati: nell’impasto presentano la farina di riso e una copertura al miele d’arancio. In Calabria, invece, si prepara una zeppola la cui farcitura non è crema pasticcera ma un mix di ricotta, zucchero, cannella e scorza di limone.

La tradizione le prevede rigorosamente fritte ma ormai da tanti anni è accettata la versione al forno, più leggera. In entrambi i casi sono tonde e vengono guarnite ricoprendole di crema pasticciera con sopra delle amarene. Anche qui andiamo incontro a una variante ormai accettata, anzi potremmo ormai dire che ha soppiantato la vecchia tradizione: le zeppole moderne sono anche farcite con la crema pasticciera, le più classiche sono invece vuote al centro. Vediamo la storia della zeppola di San Giuseppe e perché si regala ai papà il 19 marzo.