Francesco Guccini: cantautore, poeta contemporaneo, etimologo ed autore. Un’icona del panorama intellettuale italiano. Il Maestrone di Pàvana è anche scrittore e, quest’anno, finalista dell’ambito Premio Campiello. Celebrando la sua poetica nel giorno dei suoi 80 anni.
Francesco Guccini, una poetica che ha radici nell’infanzia
Il cantautore nasce il 14 giugno 1940 a Modena, – quattro giorni dopo l’entrata dell’Italia in guerra – da Ferruccio Guccini, un impiegato delle poste, ed Ester Prandi. Il padre di Francesco sarà chiamato alle armi, periodo in cui il cantautore si trasferirà a Pàvana presso l’Appennino Tosco-Emiliano, dai nonni materni. Gli anni trascorsi fra gli ambienti rurali e i boschi saranno significativi per la sua poetica: più volte, nelle sue opere, vi è un ritorno al tempo che fu. Il suo primo romanzo, Cròniche epafániche , si ispirerà alla vita da bambino fra gli Appennini; così come andrà fiero del forte legame di appartenenza ai luoghi di origine che descriverà nel brano Radici.
«Cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna,
che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia…»
E’ a Modena, invece, che trascorre la sua adolescenza: il distacco da Pàvana e l’impatto con la realtà modenese mosse la sensibilità di Guccini che, in seguito, riversò nei suoi testi: nascono le storie in cui narra il quotidiano e la società. Il rapporto con Modena è magistralmente descritto nella canzone Piccola città: Guccini vivrà sempre la realtà modenese come nemica, probabilmente poiché concise con gli anni dell’adolescenza, per lui, i più tragici. Affermerà in seguito:
”Modena è per me l’esilio da Pàvana e l’attesa di Bologna. Modena è “mia nemica strana”, la mia adolescenza, il periodo forse più tragico della mia vita perché nell’immediato dopoguerra le aspettative e le speranze erano tante e le possibilità di realizzarle quasi nulle. ”
Poetica esistenzialista e metafisica
La peculiarità del cantautore sta nella maestria dell’utilizzo del lessico. Dai toni aulici, così come i contenuti o i refusi letterari, a quelli popolari. I suoi testi manifestano pienamente il suo pensiero: pullulano sfumature esistenzialiste e metafisiche, oltre ad un uso della parola come mezzo ironico per veicolare significati morali. Una poetica che descrive un assunto: la precarietà del momento, che tuttavia implica un tempo passato cristallizzato in una concezione di incertezza, insita nell’esistenza umana. La passione per le parole e per ”la parola” come mezzo di trasporto di emozioni e significati, si evince fin dalla giovinezza. Francesco Guccini dirà nel suo testo Cyrano, altro riferimento letterario:
”Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.”
Francesco Guccini, le rabbie antiche e gli stralci di vita vissuta
Nei testi gucciniani è quasi sempre presente la nostalgia, la giovinezza, i rimandi al passato: non solo come periodo dorato della vita, ma, soprattutto, porzioni di esistenza che riflettono utopie svanite, le rabbie di un tempo, una vita spesa fra le notti in osteria e gli amici: le osterie sono il microcosmo in cui, Francesco, trascorrerà gli anni da studente a Bologna. Non solo: sono gli scenari in cui con gli amici di allora si parlava di cambiamento, di rivoluzione.

Un amaro ricordo svanito e raccontato magistralmente nel testo Canzone delle osterie fuori porta: un misto di ironia e rassegnazione. Guccini ironizza bonariamente su quei rivoluzionari di un tempo seduti nelle osterie, che, come di consueto, si sono conglobati alla vita sicura e mesta… Di rivoluzione, non è rimasto nulla, se non discorsi vacui:
”Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta
Ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta
Qualcuno è andato per età
Qualcuno perché già dottore
E insegue una maturità, si è sposato
Fa carriera ed è una morte un po’ peggiore”.
Nei primi anni della sua carriera, c’è un confluire nelle sue opere di autori beat, ma anche, di ispirazioni a personalità letterarie come Salinger e Kerouac; tuttavia, in seguito, intraprenderà una strada poetica del tutto personale che lo renderà originale, sarcastico e arguto. Guccini non è solo un prolifico compositore di testi, ma un eterno lettore di opere: le sue sono intrise di citazioni letterarie e rimandi, da Hemingway a Gozzano.
Tralummescuro: il libro finalista Campiello, manifesto della poetica del Maestrone di Pàvana
L’ultima fatica letteraria del cantautore di Pàvana è Tralummescuro, finalista del Premio Campiello. Quasi un compendio in cui riprende ogni sfumatura della sua vita, i temi affrontati nelle opere precedenti e i parallelismi con testi noti. Un ottimo modo per festeggiare gli 80 anni del Maestrone! Ecco i temi principali dell’opera: Il tempo che scorre inesorabile senza il permesso degli uomini; la natura e l’umanità si adattano ad esso, poiché incombe su chiunque. Tuttavia, l’inganno: ci si illude che tutto rimanga immobile, immutato, nonostante il fluire dei minuti, dei mesi o degli anni. Fra le pagine sembra che Francesco Guccini parli con il sé stesso del passato: un bambino e poi ragazzo di provincia, delineando le differenze fra il tempo antico ed il presente attuale. In Tralummescuro, ci si scontra anche con richiami infantili quali giochi, tradizioni, gli usi delle vetuste nonne di un tempo. La natura circostante degli Appennini: una nostalgia ridondante per la vita di agreste, che ritorna in ogni suo testo. L’esaltazione della vita semplice di provincia. Il tutto, imbevuto dalla consueta ironia tipica dello stile gucciniano.
Parallelismi con ”Radici”
Il tempo e il suo fluire, così come le immagini che scorrono copiose delle sue origini sono, probabilmente, le peculiarità principali che hanno reso Guccini così amato. Da Cencio, canzone per un suo amico affetto da nanismo, a Van Loon, la dedica al padre, passando all’ultimo album datato 2012, L’ultima Thule, in special modo riferendosi al testo L’ultima volta in cui, il cantautore, descrive malinconicamente l’amore per una ragazza di un tempo, e scene di vita quotidiana quali la madre cantare, il padre fumare, e lui studente, intento ad appropinquarsi allo studio.
Dagli esordi alla fine, il filo conduttore è unico. Nel libro finalista del Premio Campiello, il parallelismo predominante è con uno dei suoi primi album, Radici. Francesco Guccini lascia il suo lettore, così come colui che ascolta le sue canzoni, con un bagaglio di quesiti esistenziali. Sì, nell’opera racconta di un mondo ormai perduto con il lessico e il modo di scrivere propri del suo stile: l’eterna ricerca alla forma migliore per rendere la sua produzione esemplare; la costante ricerca del termine adatto. Ma le parole sono anche veicoli capaci di scarnificare apparenze: la capacità del Maestrone di Pàvana sta in questo, fare in modo che i suoi lettori, si pongano quesiti sulle loro esistenze.