Francisco Goya, pittore spagnolo tra i più famosi ed influenti, vissuto a cavallo tra il ‘700 e l’800. Cortigiano e anticonformista, attento alla tradizione ma innovatore. Il suo stile ha attraversato svariati generi: dal Rococò al Neoclassicismo, dal Romanticismo all’Illuminismo. Goya li ha attraversati tutti, ma ha elaborato il suo personalissimo ed originale stile. Celebre ai più per la “Maya Desnuda”, Goya è molto altro. Oggi vi mostriamo il suo lato “oscuro”.
Francisco Goya, pittore di corte
Francisco Goya, nasce il 30 Marzo del 1746 a Saragozza. A soli 14 anni diventa allievo del pittore José Luzán. Da qui inizia la sua brillante carriera di artista. Come tutti gli aspiranti pittori, viaggia molto. Fondamentale per la sua carriera, sarà il viaggio che farà in Italia nel 1770. Tanti i successi che ottiene, fino a diventare, dopo essersi stabilito definitivamente a Madrid nel 1775, il “Pintor del Rey” (pittore ufficiale del Re). Riconoscimento che ottiene nel 1786, al massimo della sua fama.
La sua lunga vita, muore all’età di 82 anni nel 1828, è stata sempre vissuta per la pittura e con la pittura. Sposa Francisca, la sorella dei suoi amici e colleghi pittori Bayeu, dalla quale avrà 9 figli. La maggior parte della sua carriera è trascorsa alla corte dei sovrani madrileni. Non mancarono certo delle difficoltà sia in campo artistico che privato, ma la forte personalità di Goya e la sua straordinaria bravura lo hanno portato poi a diventare uno dei massimi esponenti dell’arte spagnola.
La malattia che gli donò la libertà
“Darò una prova per dimostrare coi fatti che non ci sono regole in pittura”.
Questo sosteneva Francisco Goya ed effettivamente tutta la sua carriera artistica si è basata su di un unico concetto: libertà. Libertà di espressione, di linguaggio, stilistica e di soggetto. Nei suoi quadri, Goya ha raccontato senza censure la società spagnola in particolare e l’umanità in generale. Ritratti sinceri di una società non priva di contraddizioni, assurdità, superstizioni e persino crudeltà.
Punto di svolta è stata la malattia che lo ha colpito poco dopo essersi trasferito a Cadice, nel 1792. Il trasferimento era avvenuto per volere dello stesso pittore che sentiva il bisogno di allontanarsi dalla corte. Quale sia stata la natura della malattia che lo ha profondamente segnato, non si sa con certezza. Ci sono solo supposizioni. Forse la sifilide o forse, più probabilmente, un’intossicazione da piombo, all’epoca usato nei colori. La malattia lo rende sordo e Goya si dedica ad un nuovo modo di fare pittura.
L’immaginazione e le paure dell’inconscio
Con la libertà di espressione conquistata realizzando pitture per se stesso e non su commissione, Goya dà ampio spazio alla sua immaginazione. Nasce in questo periodo il pittore onirico e visionario. Niente più scene dai toni gioiosi. Malinconia, morti violente, incendi, naufragi, incubi e nefandezze saranno i temi prima dei dipinti della serie “Caprichos, Desastres, Disparates” fino ad arrivare alle cosiddette “Pitture nere”. Goya mostra il sottilissimo confine che c’è tra ragione e istinto. Rappresenta le paure primordiali dell’inconscio ma anche i più terreni vizi, superstizioni, abusi e menzogne della società spagnola dell’epoca.
“Caprichos, Desastres, Disparates”
“Esorcismo”, dipinto del 1798. Fa parte della serie di tele con “Stregonerie” destinate allo studio della duchessa Osuna. In questo dipinto, dai toni freddi e cupi, si vede un uomo in camicia bianca che viene esorcizzato. L’uomo prega, vittima delle allucinazioni personificate dalle quattro creature inquietanti che con dei corpi di neonati, gli stanno facendo dei malefici.
Meraviglioso ed iconico è il frontespizio della serie “I Capricci”: “Il sonno della ragione genera mostri”. Simbolo della caduta dei valori dell’illuminismo, voleva criticare apertamente i massacri della Rivoluzione francese. La scena raffigura, proprio al centro della composizione, un uomo sprofondato nel sonno. Essendo la ragione irretita dal torpore, l’uomo genera un inferno terreno di bestie mostruose.
“Hasta la Muerte”, il disegno n.55 della serie, rappresenta una donna vecchissima, quasi cadaverica, che si specchia indossando un copricapo. Per questa serie di incisioni, ed in particolare per questa, Goya venne accusato di attaccare la corte. Il pittore si difese, dichiarando che le illustrazioni erano solo frutto della sua fantasia. Dichiarazione che non convinse la corte spagnola che mise al bando i suoi disegni.
“Pitture nere”
La Spagna ha vinto la guerra contro la Francia ma le ferite che lascia sono profonde. Siamo dopo il 1812, Goya è ormai un artista affermato, maturo, sordo e malato. Nonostante questo, i drammi della guerra e le delusioni politiche trovano subito riflesso nella sua arte. “Il Colosso” è proprio di questo periodo. Per la precisione è di poco antecedente, del 1808. Maestosa opera che raffigura quasi una profezia. Un gigante, simbolo della guerra, dall’alto, con il pugno alzato incombe sulla popolazione in fuga.
Di tutto questo periodo non rimane che dramma e distruzione. “Saturno che divora un figlio” è la rappresentazione del male per eccellenza: il padre che divora il figlio, per paura di essere spodestato. Realizzato nel 1820, fa parte del ciclo delle “Pitture nere” che il pittore realizza nella sua tenuta. È la brutale raffigurazione del male assoluto. Su di uno sfondo nero, si distinguono poco i contorni delle figure. Gli occhi iniettati di sangue di Saturno, rappresentano la cinica violenza del male. Capolavoro che ha influenzato tutta la pittura europea futura.
Ilaria Festa
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