Fukushima, 11 marzo 2011: terremoto, maremoto e disastro nucleare

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Di Redazione Metropolitan

Metropolitan Today ricorda oggi il la tragedia di Fukushima, a nord est del Giappone, causata da un violentissimo terremoto

La città di Fukushima, l’11 marzo 2011, viene investita da una scossa di magnitudo 8,9 con epicentro sul fondo marino del Pacifico a circa 500 chilometri da Tokyo. La causa è un forte sollevamento di una parte del fondale. Questi determina, di conseguenza, anche lo spostamento della massa d’acqua. Si crea così un maremoto con onde alte 10 metri che sono penetrate nell’entroterra fino a 10 km.

Inizia anche il maremoto che sommerge i reattori nucleari della prefettura di Fukushima

Le vittime sono state circa 30.000. Nella prefettura di Fukushima, inoltre, l’evento ha danneggiato in modo molto grave quattro dei sei reattori della centrale nucleare che sono stati sommersi. Determinanti, in questo caso, anche le responsabilità umane. Trattandosi di una zona costiera soggetta a tsunami, evidentemente non è stata protetta adeguatamente. Incidenti simili si erano verificati anche negli Stati Uniti, in Pennsylvania, nel 1979, a Three Mile Island e in Ucraina, a Chernobyl, nel 1986.

Fukushima - photo credits Wikipedia
Fukushima – photo credits Wikipedia

Le responsabilità umane di quanto accaduto


Malgrado in Giapppone siano frequenti sia maremoti che terremoti, la società Tepco (Tokyo Electric Power Company), proprietaria dell’impianto, così come le autorità, non ne hanno considerato adeguatamente la pericolosità.
La centrale nucleare, infatti, è stata costruita sulla costa alta appena 4 metri sul livello del mare. La protezione con dighe frangiflutti alte poco più di 5 metri, non erano adeguate per proteggere da eventi naturali estremi.

Le condanne e i risarcimenti

Nel febbraio 2018 la società Tepco è stata condannata dal tribunale di Tokyo a risarcire per 1,1 miliardi di yen (oltre otto milioni di euro) i cittadini di Minami-soma. E’ una delle città sfollate. Ma c’erano già state altre tre sentenze che avevano riconosciuto la società quale responsabile del disastro nucleare.

Era accaduto nel 2017, infatti, quando la corte di Maebashi, nella prefettura di Gunma, aveva accolto le ragioni di 137 querelanti che avevano organizzato una Class Action contro Tepco che  aveva dovuto pagare 38,5milioni di yen (circa 315mila euro). Lo stesso anno, in settembre, la corte federale di Chiba si era pronunciata in favore di un gruppo di cittadini costretti ad evacuare le proprie case per via delle radiazioni.

Infine, un mese dopo, la corte distrettuale di Fukushima ha condannato la società e lo stesso governo di allora, al pagamento di 500 milioni di yen, pari a 3,7 milioni di euro, accettando le istanze presentate da 2900 dei 3800 ricorrenti di un’altra Class Action.

Anna Cavallo