Giuseppe Verdi, la triade verdiana

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Di Alessandro Carugini

Con il termine triade verdiana si intendono le tre opere ‘Rigoletto’, ‘Il trovatore’ e ‘La traviata’ del compositore Giuseppe Verdi. Gli anni cinquanta segnano la maturità artistica di Verdi che si concretizza in questa trilogia popolare, nata nel giro di appena due anni e mezzo e suggello definitivo della sua fama internazionale. Talvolta, impropriamente, ci si riferisce a questa trilogia come “romantica”.

Perché queste opere sono definite triade

Giovanni Boldini , “Ritratto di Giuseppe Verdi”

L’uso di definire triade di Giuseppe Verdi le opere liriche ‘Rigoletto’, ‘il Trovatore’ e ‘la Traviata’, composte in rapida successione, non viene da Verdi. Al contrario di opere come “Il trittico” di Puccini, composto da ‘Il tabarro’, ‘Suor Angelica’ e ‘Gianni Schicchi’ oppure da “L’anello del Nibelungo” di Wagner, composto dalle opere ‘L’oro del Reno‘, ‘La Valchiria’, ‘Sigfrido e Il crepuscolo degli Dei’, pensate e scritte come un’unica composizione completa, unitaria e coerente divisa in parti.

La “triade di Giuseppe Verdi” non è nata con questo scopo, ma è una definizione che indica un periodo della vita musicale di Verdi che comprende le opere scritte fra il 1851 e il 1853. In questi anni raggiunge una piena maturità artistica, sancendo inequivocabilmente la sua concezione drammaturgica. In queste opere Giuseppe Verdi da piena dimostrazione di quanto padroneggi, in maniera perfetta, i propri mezzi espressivi. Questi tre drammi musicali sono completamente diversi l’uno dall’altro, confermando un ampio spettro della visione, della sensibilità e delle molteplici capacità espressive dell’artista.

La triade: verdiana o popolare

L’origine invece dell’aggettivo popolare è molto più dibattuto negli ambienti specializzati. Infatti qualcuno sostiene che sono popolari perché queste opere hanno come protagonisti personaggi che fanno parte del popolo, tutte persone semplici, non nobili. Rigoletto è un buffone gobbo, quasi un emarginato; Violetta è una giovane cortigiana parigina, dedita alla vita mondana; Manrico è il figlio di una zingara. Qualcun altro, invece, sostiene l’aggettivo “popolare” come il successo che le opere ebbero nell’immediato e godono tuttora presso il pubblico.

Dopo questo formidabile sforzo creativo la produzione di Verdi assume un ritmo più pacato. Le sue opere successive nascono dopo un lungo processo di maturazione nella quiete della villa di Sant’Agata, eletta a ritiro prediletto del compositore. Qui Giuseppe Verdi difende la sua immagine di “contadino” che amministra di persona la sua tenuta: scava pozzi, si interessa di argini, sementi, nuovi mezzi e metodi di coltivazione che lo spingono per primo a importare dall’Inghilterra le macchine agricole.

Il Rigoletto

Il Rigoletto venne rappresentato per la prima volta l’11 marzo del 1851 a Venezia, al Teatro la Fenice. Liberamente ispirato al dramma di Victor HugoIl re si diverte“, su libretto di Francesco Maria Piave, narra di uno storpio, un gobbo, il buffone di corte che organizza scherzi crudeli verso chiunque gli capiti a tiro. L’unica nota gentile della sua vita è la figlia Gilda, ormai orfana di madre, e luce dei suoi occhi. Il Duca di Mantova rapisce e violenta la ragazza e per vendicarsi, il buffone, assolda Sparafucile perché uccida il nobile. Sembra una storia come tante, ma il genio di Verdi ci mette lo zampino. Infatti la ragazza, si innamora del suo aguzzino e si sostituisce a lui perdendo così la vita. La scena finale, quando il padre scopre il cadavere della ragazza, resta una delle immagini più strazianti nel mondo operistico. Fanno parte di questa opera le famosissime aree “La donna è mobile” e “Bella figlia dell’amore“.

Il Trovatore

A meno di due anni dalla messa in scena del ‘Rigoletto’, il 19 gennaio del 1853, al Teatro Apollo di Roma, va in scena ‘Il Trovatore’. Quest’opera è ispirata a ‘El Trovador’ di Antonio García Gutiérrez, il librettista è Salvatore Cammarano, che muore a pochi giorni dalla prima. Verdi è così costretto a chiedere alcune modifiche a Leone Emanuele Bardare, un collaboratore del defunto. Il dramma si divide in quattro atti ed è ambientato in Spagna. Racconta l’amore provato da Manrico e dal Conte di Luna per la stessa donna, Leonora. I due non sanno di essere fratelli, perché il primo è stato rapito quando ancora era un bambino dalla zingara Azucena, che vuole vendicarsi dell’uccisione della madre ma che, per errore, sopprime il proprio figlio al posto dell’altro. Nonostante la disperazione lo cresce come fosse suo. Lo zingaro viene catturato e condannato a morire, la donna amata cerca di salvarlo ma, non riuscendo nell’intento, si avvelena. Azucena, riesce a rivelare la vera identità del ragazzo al fratello che lo ha fatto sopprimere. Tinte forti per questo lavoro che ha subito avuto un notevole successo di pubblico.

La traviata

La triade verdiana si chiude il 6 marzo del 1853, presso il teatro veneziano che ha visto il suo inizio, con la messa in scena de ‘La traviata’. Francesco Maria Piave adatta il dramma teatrale “La signora delle camelie” di Dumas, portato in scena nel febbraio del 1852 presso il Teatro di Vaudeville. Verdi compie una vera e propria “rivoluzione” teatrale con quest’opera. Da subito fu un fiasco, a causa dell’argomento scabroso per l’epoca e degli interpreti non all’altezza delle parti assegnate. L’anno seguente venne riproposta al Teatro San Benedetto in virtù dell’apporto dell’impresario teatrale Antonio Gallo: un successo! Oggi tutti conoscono il disperato amore di Violetta per Alfredo, lo sprezzo del padre di questi per la donna di vita, i sacrifici fatti dalla mondana per l’uomo amato ed infine la sua morte per tubercolosi. Ma soprattutto tutti conoscono il brano “Libiamo nei lieti calici“.

Alessandro Carugini

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