Cultura

Il 5 Maggio: 1821 e 1860 le due date che hanno segnato la storia

Il 5 maggio è una data importante per la storia: nel 1821 morì Napoleone Bonaparte ma 39 anni dopo, nel 1860 lo stesso giorno, ci fu la Spedizione garibaldina che ha fornito la spinta decisiva alla composizione dell’unità d’Italia.

5 Maggio 1821: il giorno della morte di Napoleone Bonaparte

Friedrich Wilhelm Nietzsche disse “Il futuro influenza il presente tanto quanto il passato”. Il passato segna il futuro, il presente segna il fututro ed il passato evidenzia il presente, vivamo in un filo in cui ogni avvenimento storico automaticamente impatta il modo in cui viviamo oggi. Ci sono date passate che cambiano tutto quello che avverrà in futuro, proprio perché dopo di esse nulla torna come prima.

Se oggi fosse il 5 maggio del 1821 la notizia che aprirebbe le pagine dei giornali in tutto il mondo sarebbe la morte di Napoleone Bonaparte, a soli 52 anni. La notizia arriverebbe da una piccola isola nell’oceano Atlantico che si chiama Sant’Elena, e da questa remota periferia del mondo, poco più di duecento anni fa, sarebbe risuonato l’annuncio della dipartita del grande generale francese.

Se fossimo stati in epoca di social network, sicuramente un tweet avrebbe fatto il giro del mondo e scosso l’opinione pubblica. Cosa che, con modalità analogiche, capitò anche allora. Infatti, la vicenda fa rumore e attira l’attenzione di Alessandro Manzoni che decide di raccontarlo attraverso un componimento poetico “il 5 Maggio” scrivendo il suo pensiero nell’arco di tre giorni.

La storia di Napoleone Bonaparte e la nascita della “modernità”

Bonaparte nacque nel 1769 ad Ajaccio, in Corsica, e sin da giovane intraprese la carriera militare. A soli 26 anni, gli viene affidato il comando dell’armata francese impegnata nella Campagna d’Italia contro gli austriaci e gli fu conferito il grado di generale. Napoleone sposerà fin da subito la causa della rivoluzione e sarà abilissimo a sfruttare la popolarità ottenuta sui campi di battaglia e i meriti conseguiti come condottiero come volano per la carriera politica.

L’Homo Novus diventa imperatore dei francesi dal 1804 al 1814 e poi per cento giorni nel 1815 prima di essere definitivamente sconfitto a Waterloo e costretto in esilio. La sua opera più importante e duratura è il Codice napoleonico o codice civile, che conferma le maggiori conquiste della Rivoluzione: la libertà religiosa, il diritto di proprietà privata e la laicità dello stato, l’uguaglianza giuridica. Quest’ultimi sono tutti i principi che diverranno decenni o secoli dopo, la piattaforma di ogni democrazia.

Amatissimo dai suoi soldati, temutissimo dai suoi avversari, a Napoleone, tra grandi vittorie militari ed epocali sconfitte, è legata forse la nascita della “modernità”.

Cosa resta dopo due secoli della sua eredità?

Il nazionalismo, il liberalismo e la modernizzazione sono, secondo lo storico Stuart Woolf, le tre eredità più durature dell’epoca napoleonica. L’idea nazionale fu il primo cavallo di battaglia di Napoleone. Da generale la “esportò” in Italia gettando il seme che sarebbe germogliato nel Risorgimento. Non per niente, il tricolore bianco rosso e verde fu usato per la prima volta nel 1794 dai rivoltosi libertari emiliani, poi (1797) dai cacciatori a cavallo della Legione lombarda, volontari al seguito di Napoleone, infine dalla Repubblica Cisalpina. L’idea di appartenere a una nazione era necessaria alla conquista della libertà, una libertà garantita da leggi e costituzioni.

Oltre al grande respiro di cambiamento che porterà in Europa nei primi anni dell’Ottocento, il suo vissuto è anche una metafora della parabola dell’outsider. Nato in una piccola isola riuscirà a diventare un grande personaggio della storia.

Quarto 5 maggio 1860, parte la spedizione garibaldina

Spostando il baricentro della storia in avanti, 39 anni dopo sulla linea del tempo, in un altro 5 maggio prenderà vita un evento che cambierà per sempre la Storia. Sicuramente quella italiana. Il 5 maggio del 1860, da Quarto, vicino Genova, partirà la spedizione garibaldina che, dopo aver portato alla caduta del Regno delle due Sicilie, fornirà la spinta decisiva alla composizione dell’unità d’Italia.

A creare l’impresa fu Francesco Crispi che propose la spedizione a Giuseppe Garibaldi. A seguito di qualche dubbio iniziale, il condottiero infine accettò di capitanarla, ma solo a condizione che il terreno fosse preparato da una rivolta in Sicilia. Fu così che il 4 aprile 1860 insorse Palermo e la ribellione, domata in città, continuò a serpeggiare nelle campagne.

Dopo questo episodio, i Mille (esattamente 1084) partirono da Quarto. Si imbarcarono su due piroscafi, il Piemonte e il Lombardo, e sbarcarono a Marsala sei giorni dopo. Dopo aver sconfitto le truppe borboniche a Calatafimi, le camicie rosse raggiunsero Palermo e il 29 maggio la occuparono.

Nel frattempo, a Cavour, toccava la parte politica. Dopo le prime vittorie di Garibaldi, portò avanti il duplice incarico di tenere a bada la diplomazia europea e dall’altra di inviare soccorsi in Sicilia. Anche sul fronte borbonico, la diplomazia tentò di muoversi ma non ebbe successo.

Dopo la caduta di Palermo, il re Francesco II promise una Costituzione a Napoli l’autonomia alla Sicilia, infatti inviò una delegazione diplomatica a Torino per proporre un’alleanza con il Piemonte, ma non ci fu tempo. Il 20 luglio Garibaldi riportò un altro successo a Milazzo e scacciò i borbonici da quasi tutta l’isola.

Dopo aver varcato lo stretto di Messina, quando nel frattempo l’esercito borbonico si dissolveva e la Basilicata e la Calabria insorgevano al suo fianco, Garibaldi continuò la sua avanzata verso Napoli dove entrò il 7 settembre. Dal canto suo, invece, Cavour, che vedeva scosso dalle vittorie garibaldine il prestigio della monarchia sul fronte del compimento dell’unità d’Italia per opera delle sole forze garibaldine, decise di intervenire. L’esercito piemontese invase Marche e l’Umbria ed entrò dagli Abruzzi nel Regno di Napoli.Dopo la battaglia decisiva sul Volturno, il 26 ottobre Garibaldi incontrò il re a Teano ed entrò con lui a Napoli, deponendo nelle sue mani la dittatura.

Valeria Muratori


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