Il giorno della civetta: Voi ci credete alla mafia?

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Di Redazione Metropolitan

Romanzo giallo, poliziesco e saggio-inchiesta sulla mafia: “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia è tutte queste cose ed anche di più.

Leonardo Sciascia e Paolo Borsellino. (Foto dal web)

Leonardo Sciascia scrive “Il giorno della civetta” nel 1960, negli anni in cui il fenomeno della mafia non solo è trascurato ma anche esplicitamente negato dal Governo. È considerato il primo romanzo che parla apertamente di mafia e nello scrivere Sciascia si ispira a fatti realmente accaduti.

Un giallo sui generis

Il romanzo, ambientato in un paese non specificato della Sicilia, inizia con un assassinio, elemento fondamentale per ogni giallo che si rispetti. La vittima è un piccolo imprenditore edile, Salvatore Colasberna, assassinato alle sei del mattino mentre stava per prendere l’autobus per Palermo. Con l’arrivo dei carabinieri, sul luogo del delitto compare anche uno dei protagonisti principali di questo romanzo: l’omertà.

Improvvisamente, infatti, tutti i passeggeri dell’autobus si dileguano e nessun testimone sembra essere in grado di rispondere alle domande dei carabinieri. Dilaga un’improvvisa epidemia di “Non ho visto”, “non ricordo”, “non so”.

«Non mi ricordo» disse il bigliettaio «sull’anima di mia madre, non mi ricordo; in questo momento di niente mi ricordo, mi pare che sto sognando».

Ad occuparsi di questo misterioso caso è il capitano dei carabinieri Bellodi, un “continentale”, originario dell’Emilia Romagna. Bellodi è quindi uno straniero, un diverso, non appartiene al mondo siciliano ed è estraneo ai suoi meccanismi.

La scomparsa e la probabile uccisione di un altro uomo rendono il caso ancora più misterioso. Tra depistaggi e false testimonianze le indagini vengono continuamente ostacolate: il “giallo” diventa qualcos’altro.

Lo Stato e la mafia

Grazie ad una soffiata e ad un insieme di circostanze, Bellodi riesce infine a raggiungere e ad arrestare don Mariano Arena, il capo-mafia del paese. Il dialogo tra i due personaggi, l’incontro-scontro tra le due realtà da loro rappresentate, è una delle scene più importanti e famose del romanzo. Sanno di appartenere a due fazioni opposte e contrarie ma tra i due si instaura un clima di rispetto reciproco. Iconica è la divisione dell’umanità fatta da don Mariano:

«Io […] ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca  a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) piglianculo e i quaquaraquà. […] Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come Cristo, lei è un uomo…»

Sciascia inserisce, parallelamente alle indagini, scene ambientate fuori dalla Sicilia. I personaggi sono spesso non specificati ma quello che viene rappresentato è la pervasività della mafia nella politica e nella gestione dello stato. 

Voi ci credete alla mafia?

Emblematica è la seduta della Camera dei Deputati che viene rappresentata nel romanzo. Sciascia si ispira ad una reale interrogazione parlamentare in cui il governo afferma apertamente di non credere nell’esistenza della mafia, un’invenzione della fantasia dei “socialcomunisti”.  In un clima storico e sociale di questo tipo “Il giorno della civetta” si presenta come un romanzo estremamente coraggioso e lungimirante, quasi profetico. 

Sciascia delinea perfettamente il modo in cui opera l’associazione mafiosa e l’atteggiamento che nei suoi confronti hanno il popolo siciliano, la politica e le forze dell’ordine. Attraverso il personaggio del capitano Bellodi lo scrittore riflette sulle peculiarità del fenomeno mafioso e sui suoi possibili sviluppi.

La qualità della scrittura di Sciascia ed il modo in cui il tema in questione viene trattato, rendono “Il giorno della civetta” un romanzo moderno ed estremamente attuale. Da leggere, per avere più consapevolezza di un fenomeno che oggi non viene più negato ma è ben lontano dall’essere eliminato.

«Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma…»

Terry Longobardi