Il mese di Luglio nella poesia italiana, i versi di due grandi autori del ‘900: Camillo Sbarbaro e Giuseppe Ungaretti

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Di Stella Grillo

Luglio, il mese del Solleone, nella poesia italiana di due grandi autori della letteratura del ‘900. Nello spazio dedicato alla Letteratura per l’Infanzia l’immagine del settimo mese dell’anno nei versi di Camillo Sbarbaro e Giuseppe Ungaretti.

Luglio nella poesia italiana, l’immagine vitrea di Camillo Sbarbaro

Luglio poesia - Credits: padovaoggi.it
Credits: padovaoggi.it

Come spesso accade in letteratura, attraverso il topos del tempo, anche Luglio è stato oggetto di interesse nella poesia italiana. Nel settimo mese dell’anno l’estate, ormai, raggiunge il suo culmine: la scuola è finita e fra campi e distese marine, c’è tempo per ristorarsi dalla calura ma anche per meditare più lentamente sulle cose consuete di ogni giorno.

Afa di luglio. Il canto che non varia 
delle cicale; il ciel tutto turchino; 
intorno a me, nel gran prato supino, 
due fili d’erba immobili nell’aria. 

Un sopor dolce, una straordinaria 
calma m’allenta i muscoli. Persino 
dimentico di vivere. Mi chino 
coi labbri ad una bocca immaginaria…

E sento come divenute enormi
le membra. Nel torpore che lo lega,
mi pare che il mio corpo si trasformi.

Forse in macigno. Rido. Poi mi butto
bocconi. Nell’immensa afa s’annega
con me la mia miseria, il mondo, tutto.

Afa di Luglio, il canto che non varia è tratta dalla raccolta “Resine”, Caimo, Genova 1911. Sbarbaro non è, propriamente, un poeta conosciuto dai bambini. Eppure la sua è una poetica che si concentra sul mondo infantile, sulla natura e la riflessione psicologica da cui trae ispirazione.

Un esempio tangibile appare in una delle sue più famose poesie, A mio padre, in cui Sbarbaro ripercorre le immagini del genitore incastonato nel tempo che fu; nella mitica dimensione della fanciullezza, avvolta in una delicata malinconia. Il mese di Luglio, nei versi della poesia di Sbarbaro, appare immobile, quasi vitreo; la prima strofa dipinge un’immagine tipica. La calura estiva quasi rarefatta, il cielo azzurro e terso, il tipico suono delle cicale e due fili d’erba quasi granitici.

Il caldo del mese di Luglio rallenta i gesti più consueti; cullato da una calma soporifera, il poeta afferma quasi di dimenticarsi di vivere in quell’atmosfera lentissima e dilatata. Sbarbaro si lascia avvolgere da quell’atmosfera; un dolce torpore sognante che sembra trasformare il suo corpo. Ma ecco che giunge una sottile ironia; forse le membra si trasfigurano in macigni, in fattezze pesanti da trasportare. Ma il poeta non soccombe ai pensieri; si lascia andare a un’intensa risata annegando nella canicola e con lui la miseria dell’umanità, del mondo, di sé stesso in una presa di posizione dolce e amara.

Di Luglio il punto di vista alternativo nei versi di Giuseppe Ungaretti

Luglio è da sempre visto come un mese colmo di possibilità, allegria e spensieratezza. Ma, in questa poesia, Ungaretti dona un punto di vista e alternativo.

Quando su ci si butta lei,
si fa d’un triste colore di rosa
il bel fogliame.

Strugge forre, beve fiumi,
macina scogli, splende,
è furia che s’ostina, è l’implacabile,
sparge spazio, acceca mete,
è l’estate e nei secoli
con i suoi occhi calcinanti
va della terra spogliando lo scheletro.

La lirica risale al 1931, anni in cui Ungaretti risiede da poco a Roma. La descrizione della stagione estiva è qui vista quasi come luttuosa; gli effetti dell’arsura, le temperature elevate proprie della stagione sembrano corrodere l’essenza pura ed eterea della natura. La stagione estiva, di solito, è percepita come un periodo screziato di colori sgargianti, paesaggi luminosi, gioia di vivere a profusione.

Ma Ungaretti, in questo caso, mette in risalto la furia distruttrice dell’estate. Ed è proprio a questo punto che, il poeta, inizia a descrivere gli aspetti più drammatici di questo momento.Ecco che il sole bollente rende le foglie di un colore rosa triste; asciuga i fiumi e i corsi d’acqua, fa ribollire le rocce, prosciuga le zolle rivelando lo scheletro della terra. Il sole accecante e luminoso dell’estate, corrode le menti e le disorienta; una riflessione in cui Ungaretti pone l’accento su un risvolto: l’oscurità può esistere anche in situazioni apparentemente benevole, come il mese di Luglio amato, comunemente, da tutti.

Stella Grillo

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