Il primo Nobel italiano? Lo vinsero uno scrittore e un medico

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Di Alessia Ceci

Il Premio Nobel premia con la sua solenne cerimonia a Stoccolma coloro che – in ambito internazionale – si sono distinti con risultati straordinari in diversi campi. Quello del 2022 è andato alla scrittrice francese Annie Ernaux, ma prima di lei ad aggiudicarsi l’ambito premio è stato il fisico italiano Giorgio Parisi nel 2021. Una curiosità storica che ritorna in mente ogni volta che viene assegnato un nuovo premio Nobel è: chi è stato il primo italiano a riceverlo?

Il primo a vincere un Nobel italiano fu Giosuè Carducci

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Carducci ottenne il premio per la Letteratura nel 1906: «non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica». Tra le sue opere più importanti – oltre ai vari saggi critici – ci sono le Rime Nuove e le Odi Barbare.

Ma oltre al nome di Giosuè Carducci – che risulta già noto ai più, essendo un pilastro della letteratura italiana – ce n’è un altro meno celebre tuttavia anche egli nascosto nei meandri dei ricordi scolastici. Sempre nel 1906, lo stesso anno del Nobel a Carducci, Camillo Golgi ottenne a pari merito con Santiago Ramón y Cajal il Nobel per la Medicina. Il suo nome risulta familiare perché identifica ‘’L’apparato del Golgi’’, un organulo di composizione lipo-proteica scoperto dallo scienziato nel 1898 e al quale egli diede il nome di apparato reticolare interno. Lo scienziato ricevette il prestigioso riconoscimento internazionale proprio in seguito ai risultati dei suoi studi sull’istologia, la disciplina che si occupa della struttura dei tessuti del sistema nervoso.

Ma cosa scoprì Camillo Golgi di così straordinario per vincere il premio?

Nell’inverno del 1873 Golgi effettuò la sua principale scoperta: la reazione nera, detta anche colorazione cromo-argentica . Già alcuni anni prima Golgi stava studiando dei nuovi metodi di colorazione per riuscire a mettere in rilievo le cellule nervose. Dopo vari tentativi – una volta indurito il tessuto nervoso con bicromato di potassio – sostituì la tradizionale colorazione al carminio con una basata sul nitrato d’argento. Le cellule nervose infatti s’impregnano di cromato d’argento e si colorano di nero rilevandosi con i loro contorni precisi e con le loro ramificazioni. La nuova colorazione svelò una mappa topografica dei vari gruppi di cellule nervose e favorì l’inizio della moderna neuroanatomia.

Golgi riuscì a distinguere le cellule motorie da quelle sensitive e, dopo aver individuato varie forme cellulari, comunicò che esistono due tipi di cellule nervose che differiscono tra loro in base alle caratteristiche dei loro prolungamenti. Le cellule del I tipo sono dette ad ‘’assone lungo’’ e pur emanando un gran numero di fibrille mantengono una loro individualità ed una funzione motoria. Le cellule del II tipo, ad ‘’assone corto’’ – invece – si suddividono indefinitamente in uno spazio indeterminato ed hanno una funzione sensoriale o psicosensoriale. L’eccezionalità della scoperta riguarda proprio la funzione sensoriale di queste cellule e soprattutto aver compreso il complesso meccanismo con cui esse traducono il segnale sonoro in impulso elettrico. Senza il prezioso contributo di Camillo Golgi non saremmo in grado di distinguere le cellule ciliate, importanti ricettori sensoriali che determinano il funzionamento del nostro orecchio.

Alessia Ceci

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