Negli ultimi anni sembra diffondersi tra i grandi autori del cinema contemporaneo la tendenza a ripiegarsi su sé stessi per ripensare al lavoro svolto durante le loro carriere. Dopo Paolo Sorrentino (E’ stata la mano di Dio), Steven Spielberg (The Fabelmans), James Gray (Armageddon Time), anche il regista premio Oscar Gabriele Salvatores è al cinema dal 30 Marzo con il suo film più autobiografico “Il ritorno di Casanova” tratto dal libro di Arthur Schinitzler, definito dallo stesso regista uno dei più crudeli romanzi sul passaggio del tempo.
Con questo suo ultimo film, scritto insieme a Umberto Contarello e Sara Mosetti, Salvatores torna al suo cinema delle origini che rifletteva la commistione di arte e vita. Per voi quello che ho fatto è solamente un film, per me è tutta la vita, dirà il protagonista interpretato da Toni Servillo. Nella sua filmografia diversi sono stati gli adattamenti di opere letterarie: “Puerto Escondido” dal romanzo di Pino Cacucci, “Denti” da Domenico Starnone, “Io non ho paura” e “Come Dio comanda” dall’opera di Niccolò Ammaniti, “Quo vadis baby” dal romanzo di Grazia Verasani e “Educazione Siberiana” dal libro di Nicolai Lilin.
Il ritorno di Casanova, la rincorsa malinconica tra arte e vita
Salvatores ha costruito uno specchio efficace e dal forte impatto visivo in cui si riflettono due figure maschili di due epoche lontane, alter ego a loro volta dello stesso autore. Da un lato c’è il regista Leo Bernardi (Toni Servillo) nei giorni nostri, tra le alte geometrie di Milano e gli imprevisti di una casa domotica fuori controllo.
Sta terminando le riprese del suo film sul Casanova di Schinitzler e allo stesso tempo vive una crisi esistenziale dovuta alla consapevolezza dell’inesorabile passare del tempo. Dall’altro lato troviamo un imbellettato Casanova ultracinquantenne (Fabrizio Bentivoglio), personaggio del film in fieri, che stanco delle sue avventure erotiche, dopo aver attraversato l’Europa, vuole tornare a Venezia, ma l’incontro con l’arguta Marcolina (Bianca Panconi) lo farà di nuovo capitolare.
La contemporaneità del regista Leo Bernardi è in bianco e nero, il film che sta girando ambientato nel ‘700 in cui si muove Casanova-Bentivoglio è a colori. Questa la magia del film. Mentre per Fellini la vita è in bianco e nero e il cinema è a colori perché la realtà è deludente rispetto alla finzione, il dialogo instaurato da Gabriele Salvatores tra arte e vita attraverso le due narrazioni parallele, offre la possibilità alla realtà di mettersi allo stesso piano onirico della finizione con un bianco e nero dalle risonanze surreali.
Come Casanova, anche Leo Bernardi si innamora di una donna molto più giovane di lui, interpretata da una splendida Sara Serraiocco. Il regista e la contadina sembrano uscire da un film della Nouvelle Vague con il loro vagare sospeso e gli occhiali scuri.
La malinconia è sicuramente il tratto caratterizzante dei protagonisti maschili del film, un’emozione di cui la pellicola è intrisa e che esplode nella scena del ballo tra Toni Servillo e Sara Serraiocco sulle note di “Piano Man” di Billy Joel. La malinconia sta proprio nello scarto tra cinema e vita che il regista tenta di eliminare, nell’ impossibilità di ognuno di noi di decidere il finale della propria storia.
Eleonora Ceccarelli
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