«Era una notte stellata. Non c’era luna e non avevo mai visto le stelle brillare più fulgide; sembrava che volessero staccarsi dal cielo. Era una di quelle notti in cui ci si sente felici di essere al mondo». Con queste parole, qualche tempo, John Borland Thayer III, detto Jack, descrisse le sensazioni provate in quel momento di calma apparente. La “notte stellata” in questione era quella a cavallo tra il 14 e il 15 aprile 1912, e l’allora diciassettenne originario di Filadelfia si trovava a bordo del Titanic.
Tutti conosciamo la storia del transatlantico britannico affondato nell’Oceano Atlantico settentrionale, a seguito della collisione con un iceberg. La vicenda del più celebre incidente marittimo affascina da decenni generazioni di storici e curiosi ma, nell’immaginario collettivo, il naufragio è legata a doppio laccio al kolossal del 1997 diretto da James Cameron, in cui due giovanissimi Leonardo DiCaprio e Kate Winslet interpretano i due innamorati per eccellenza, Jack Dawson e Rose DeWitt Bukater. Quel giorno, però, sulla nave c’era davvero un ragazzo di nome Jack, e la sua vicenda s’intreccia a quella di centinaia di altri passeggeri, che con lui hanno condiviso un’esperienza terrificante.
Chi era Jack Thayer, tra i sopravvissuti del Titanic

Jack Thayer si era imbarcato sul Titanic con i suoi genitori per ritornare negli Stati Uniti, al termine di un viaggio in Europa. La sera del 14 aprile, aveva partecipato alla cena nel salone del Ristorante alla carta organizzata da George ed Eleanor Widener. Tra gli altri ospiti della serata, c’erano anche il figlio della coppia Harry Widener, i coniugi William e Lucile Carter, il colonnello Archibald Butt e il comandante del transatlantico, Edward Smith.
Quando la nave si scontrò con l’iceberg, il giovane era in procinto di andare a dormire. Corso sul ponte A per capira cosa fosse successo, notò dei pezzi di e fece ritorno in cabina per avvisare il padre e la madre. Dopo un po’ di tempo, i Thayer si accorsero della leggera inclinazione a sinistra dell’imbarcazione, cosa che li mise in allarme. Recuperati dei giubbotti di salbataggio, risalirono sul ponte e accompagnarono la madre di Jack e la domestica a una lancia di salvataggio per metterle in salvo, per poi spostarsi dall’altro lato. Il cameriere George Dodd, però, corse a informarli del fatto che la signora Thayer si trovasse ancora a bordo.
L’inabissamento, la salvezza e il triste epilogo
Nel marasma generale, il ragazzo finì per perdere di vista i genitori. Li cercò insieme a Milton Clyde Long, conosciuto quella sera stessa, ma senza successo. Fallito anche l’ultimo tentativo di salire su una scialuppa, e vedendo il transatlantico sommergersi sempre più rapidamente, scelsero di tuffarsi per raggiungere una lancia a nuoto. Il primo a trovare il coraggio di affrontare le gelide acque dell’oceano fu Milton, seguito a ruota dal compagno. Da lì, osservarono il Titanic spezzarsi in due.
La caduta del secondo fumaiolo e il conseguente risucchio trascinò Jack sott’acqua, ma lui riuscì a tornare a galla, e un fuochista lo aiutò a salire su una zattera. Poco dopo, la nave si inabissò del tutto, portando con sè moltissime vite. Milton non sopravvisse, mentre il diciassettenne e sua madre si ricongiunsero a bordo del Carpathia, che condusse tutti i sopravvissuti a New York.
Nel 1940 Jack pubblicò le sue memorie in un pamphlet intitolato The Sinking of the S.S. Titanic; la sua testimonianza fu utilissima per la localizzazione del relitto e per ricostruire la dinamica del disastro. La sua tempra gli aveva consentito di sopravvivere al naufragio più famoso della storia, ma questo lo segnò profondamente, fino a fargli decidere di togliersi la vita nel 1945. Gli orrori della Seconda guerra mondiale, che lo aveva privato del figlio Edward, erano insopportabili anche per un uomo che aveva visto con i suoi occhi la “nave dei sogni” trasformarsi in un incubo.
Federica Checchia
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