In Iran, ormai sono nove mesi dalla nascita del movimento “Donna, Vita, Libertà”, e un anno dalla morte di Mahsa Amini. Ma le storie di repressione purtroppo non sono finite. Le proteste che avevano coinvolto buona parte del Paese hanno ceduto il passo alla disobbedienza civile: tante iraniane osano sfidare le autorità uscendo per strada senza il velo, sapendo di rischiare grosso.

Mahsa Amini: la disobbedienza civile in Iran

Donne che si sfilano il velo e lo bruciano, gridando lo slogan “Donna, vita, libertà”. Una giovane si arrampica sul tetto di un’auto, si toglie il foulard e alza il pugno in segno di sfida. Persino le studentesse di una scuola media cacciano un miliziano durante un comizio. A un anno dalla morte della ventiduenne curda Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre 2022 dopo essere stata arrestata dalla polizia morale a Teheran, le proteste dello scorso autunno sembrano essere sbiadite. La ribellione che aveva coinvolto gran parte del Paese ha ceduto il passo a un atto di disobbedienza civile: molte donne iraniane osano sfidare le autorità uscendo in pubblico senza velo, pur consapevoli dei rischi. Si avventurano nei negozi a testa scoperta, spesso con il consenso dei commercianti, che rischiano la revoca della licenza.

Le proteste diventano disobbedienza civile in Iran- Photo Credits Il Sole 24 ORE
Le proteste diventano disobbedienza civile in Iran- Photo Credits Il Sole 24 ORE

Le nuove forme di ribellione

Zahra Toufigh, avvocata e attivista per i diritti umani, tra le fondatrici dell’associazione Donne libere iraniane, spiega l’attuale situazione in Iran. Dopo un anno le cose sono cambiate, c’è più consapevolezza nella società. “Ora vediamo nelle piazze ciò che stavamo aspettando: il sostegno delle famiglie ai propri figli e figlie. Anche se non protestano apertamente, queste famiglie sostengono i giovani nelle loro rivendicazioni, e questa è una conquista molto significativa.”

Le autorità iraniane vogliono obbedienza

In vista del primo anniversario delle proteste del movimento “Donna, Vita, Libertà”, le autorità iraniane stanno intensificando le intimidazioni e le minacce, non solo contro le donne, ma anche contro le famiglie delle vittime. Il loro obiettivo rimane lo stesso: garantire il silenzio e l’obbedienza. Toufigh sostiene: “Non è un caso che le giovani manifestanti siano state ferite agli occhi durante le proteste. Il regime non vuole che vedano. Queste intimidazioni stanno continuando”. Le voci della resistenza in Iran stanno adottando nuove modalità ma mantengono alta la loro determinazione. Con l’obiettivo di prevenire nuove proteste in piazza in occasione del prossimo 16 settembre, data ufficiale della morte di Mahsa Amini, il regime sta già cercando di sopprimere gli attivisti e le famiglie delle vittime. Questa repressione colpisce in particolare le donne, che sono ancora una volta al centro dell’opposizione al regime teocratico.

Giulia Simonetti

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