Iraq, la campagna anti-LGBTQ di Muqtada al-Sadr

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Di Giorgia Bonamoneta

In Iraq il religioso sciita Muqtada al-Sadr ha chiesto a tutti gli uomini e alle donne credenti di unirsi per combattere la comunità LGBTQ. Non è la prima volta che al-Sadr attacca in pubblico l’omosessualità, come quando l’ha definita “una malattia mentale”. 

Secondo il leader religioso – così si può definire in base alla forte influenza che possiede sui suoi sostenitori – la lotta all’omosessualità dovrebbe essere fatta senza violenza, uccisioni o minacce. Al contrario, come ha sottolineato su Twitter, serve educazione, consapevolezza e metodi logici ed etici. Non è la prima volta che incita alla lotta e alla moderazione, alternando appelli di odio a quelli di pace. 

Luca Gambardella su Il Foglio tratteggia il profilo del leader, definendolo “il deus ex machina” del Paese. Ad agosto infatti centinaia di sostenitori di al-Sadr hanno assaltato un palazzo governativo della capitale. Il bilancio dell’assalto è un centinaio di feriti e almeno 30 morti. 

Iraq, sostenitori religiosi contro LGBTQ+ – Photo Credits: Anmar Khalil

In Iraq si firma una petizione contro l’omosessualità: cosa sta succedendo

Una petizione contro la legge sull’omosessualità: così ha inizio la campagna contro la comunità LGBTQ in Iraq. L’invito ad agire contro “la malattia dell’omosessualità” è arrivato da parte di Muqtada al-Sad. Il leader sciita ha spinto i propri sostenitori a combattere contro la comunità LGBTQ, ma di farlo senza violenza, con metodi logici ed etici.

Così venerdì scorso, dopo la preghiera pomeridiana, migliaia di seguaci in tutto il paese hanno firmato un impegno a “opporsi all’omosessualità o all’LGBTQ con mezzi etici, pacifici e religiosi” e per chiedere abolizione della legge sull’omosessualità.

In Iraq non c’è una legge che criminalizza esplicitamente l’omosessualità. Infatti dal 2003, dopo la deposizione del regime di Saddam Hussein, essere omosessuale in Iraq non è più legalmente perseguibile tramite esecuzioni o incarcerazioni. Esiste però una legge che bandisce atti considerati immodesti che, secondo Human Rights Watch potrebbe rappresentare una legge ambigua, tanto vaga da poter essere usata per prendere di mira le minoranze sessuali e di genere.

Essere queer in Iraq: le violenze contro comunità LGBTQ

È opinione comune in Iraq credere che i Mondiali di calcio, così come la cultura occidentale, siano un tentativo di promuovere “questo problema” (n.d.r. l’omosessualità) ai regimi arabi e islamici. Sono molte le persone che hanno firmato la petizione contro l’omosessualità, definita una perversione e una corruzione arrivata dall’Occidente. 

Nonostante l’invito di al-Sad alla non violenza, le persone della comunità LGBTQ in Iraq hanno paura. Sono diverse le notizie di persone che solo per il loro aspetto vengono uccise o arrestate con l’accusa di avere un aspetto non conforme. Nel rapporto di Human Rights Watch sono stati documentati numerosi casi di tentato omicidio, di rapimento, uccisioni extragiudiziali, violenze sessuali e attacchi online contro le persone LGBTQ da parte della polizia e di gruppi armati.

La ricercatrice sui diritti LGBTQ Rasha Younes ha affermato che il governo non ha fatto nulla per fermare la violenza o per ritenere responsabili gli autori degli abusi. Esistono gruppi armati nati con lo scopo di identificare e aggredire le persone LGBTQ. Il recente “incitamento all’odio” di Al-Sadr intimorisce ancora di più le persone della comunità LGBTQ, che temono un finale violento della campagna.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.