Cultura

La straordinaria Giovanna d’Arco: figura scomoda e simbolo di coraggio

Giovanna d’Arco era una ragazza francese molto religiosa di famiglia contadina. Ha vissuto durante la guerra dei Cent’anni (1337- 1453), ma nessun periodo storico sarebbe stato dalla sua parte. Diceva di udire la voce di Dio e indossava abiti maschili. Per questo o per il forte valore politico che assunse, fu accusata di eresia e condannata al rogo il 30 maggio 1431. Da eretica bistrattata dopo la morte è diventata santa. La Pulzella di Orléans è oggi anche un’icona laica. Una figura storica fuori dall’ordinario, scomoda, simbolo di coraggio e integrità.

Chi era la Pulzella d’Orléans?

Alessandro Barbero ha dichiarato: “Sappiamo su di lei più cose di qualsiasi altra donna del Medioevo”. Un interesse del tutto  giustificato in quanto si tratta di “una storia pazzesca. Una ragazzina, perché Dio le parla, riesce a raggiungere la corte e poi prende il comando di un esercito e vince una guerra a 18 anni”.

I primi anni di vita di Giovanna  trascorsero in serenità ma dal 1425, a 13 anni, iniziò a sentire le “voci celestiali”. Era stata scelta da Dio per scacciare gli inglesi dal territorio francese e riportare sul trono di Francia il legittimo sovrano, il Delfino Carlo di Valois, futuro re Carlo VII. Giovanna – forse inconsapevolmente – si ribellò con le sue scelte al ruolo che la società prevedeva per lei che in quanto donna doveva essere moglie e madre devota.

L’incontro tra Giovanna d’Arco e il re Carlo di Valois

Dopo aver rifiutato lo sposo scelto per lei, spronata dalle “voci” e decisa a compiere la sua missione, andò via di casa. Incontrò Carlo di Valois nel castello di Chinon. Cosa incredibile dato che Giovanna era una contadina, analfabeta, non aveva relazioni al di fuori del villaggio e aveva 17 anni. Fu anche la prima donna a essere ascoltata da un re, grazie a un carisma fuori dal comune e all’appoggio di uno zio e di un capitano che credevano in lei. Si presentò alla corte con abiti da uomo e con i capelli corti, già pronta alla battaglia.

Intanto la posizione del sovrano vacillava davanti alla pressione dei nemici: l’Inghilterra e la Borgogna

Di fronte all’eventualità di una sconfitta il re decise di sottoporre Giovanna all’interrogatorio di una commissione, la quale concluse che probabilmente la fanciulla era stata inviata da Dio come affermava. C’era la possibilità dunque che il soprannaturale si fosse manifestato. Carlo volle dare fiducia alla ragazza, le affidò un cavallo e la mise al comando di un esercito.

Giovanna d’Arco fu addestrata ma unì all’addestramento audacia, carisma e forza interiore

Con indosso un’armatura e in mano uno stendardo, si batté in prima linea infondendo ai soldati francesi il coraggio per liberare la città di Orléans dall’assedio inglese. Convinse inoltre Carlo VII a penetrare in territorio nemico fino a Reims, per farsi consacrare con l’olio benedetto nella cattedrale cittadina. Un gesto che agli occhi del popolo conferiva ai re di Francia la legittimità.

Carlo VII, in parte soddisfatto per i risultati conseguiti, in parte timoroso nel proseguire una politica offensiva, iniziò ad intavolare trattative con gli inglesi. Giovanna invece incitava gli uomini a continuare la guerra. Fu così che la Pulzella, il 24 maggio 1430, nei pressi di Compiégne, fu catturata dai borgognoni che la vendettero agli inglesi che la imprigionarono a Rouen.

La cattura e i processi di Giovanna d’Arco

A Rouen, la capitale dei domini borgognoni in Francia, i suoi nemici accettarono di buon grado l’idea dell’Università di Parigi di processare Giovanna per diverse accuse di eresia e stregoneria. Se per i francesi infatti la ragazza era stata mandata da Dio, per gli inglesi e i loro alleati era una creatura diabolica.

Giovanna rappresentava per gli inglesi un nemico scomodo. Il tribunale cercò in tutti i modi di dimostrare che non fosse inviata da Dio ma da Satana, screditandola dinanzi ai francesi. Per evitare la condanna, le venne chiesto di ‘’emendare i suoi errori’’. Ma Giovanna rispose con un categorico rifiuto. Si parla spesso del suo ripensamento e delle abiure nei processi che seguirono al primo, in particolare in riferimento alla firma a cerchio provocatoria sulla dichiarazione. Ma ad ogni modo gli inglesi non avrebbero permesso a Giovanna di salvarsi. Volevano assistere al rogo della strega francese che aveva ucciso i loro compagni.

Dopo l’abiura Giovanna continua a scontare la sua condanna in carcere

Era stata costretta ad indossare abiti femminili ma portava i capelli corti come prova della sua colpevolezza. Dopo qualche giorno tuttavia il suo vestiario tornò quello di sempre. Molti storici ritengono che Giovanna prese la decisione di indossare di nuovo abiti maschili di sua volontà – un modo per riconciliarsi con sé stessa dopo il tradimento verso di sé e verso Dio. Tornare a indossare quegli abiti significava riaffermare l’origine divina delle voci e della missione a cui la chiamavano.

Il 27 maggio gli inglesi informarono il vescovo Cauchon che la ragazza aveva nuovamente indosso indumenti diversi. Durante l’interrogatorio Giovanna questa volta non cedette, affermò con convinzione di aver sentito le voci di Santa Caterina e di Santa Margherita, dando così la sua risposta fatale. Il martedì 29 si stabilì che la ragazza era caduta nuovamente nell’eresia. Ma quella che doveva essere una scomunica divenne una vera una condanna a morte. Non è chiaro cosa accadde ma sappiamo che quando le annunciarono che sarebbe stata bruciata – il 30 maggio 1431 –  Giovanna scoppiò in lacrime: ‘’Povera me! Sono stata trattata in modo orribile e crudele. E ora il mio corpo candido e integro, che non fu mai corrotto, sarà consumato e ridotto in cenere!’’.

Giovanna arde sul rogo

Nella piazza del Mercato Vecchio si accalcava una folla enorme. Davanti alla maestosa chiesa di Saint-Sauveur fu abbandonata al suo destino ed esposta allo scherno dei soldati inglesi. Giovanna pregava alla ricerca disperata di qualche forma di conforto. Venne arsa viva ma quando la legna sulla pira finì, la cremazione restò incompleta: dal busto fuoriuscirono le viscere fumanti, rivelando un cuore ancora pieno di sangue. Il boia tentò di bruciare ciò che rimaneva del corpo con una miscela di olio e zolfo, ma non ci riuscì. Gli inglesi vollero che i resti fossero gettati nella Senna, per evitare che si trasformassero in reliquie.

L’atteggiamento coraggioso della ragazza di fronte alla morte convinse molti che a bruciare non era stata un’eretica, ma una santa. Quella sera stessa il domenicano Pierre Bosquier, che aveva partecipato al processo come consigliere, dichiarò in stato di ebbrezza che i giudici avevano commesso un errore.

Post mortem

La Pulzella era morta. Gli inglesi rimasero in Francia per altri vent’anni, finché non persero la Normandia nel 1450. Dopo aver sconfitto gli storici nemici, Carlo VII sollecitò al papa una revisione del processo di Giovanna. Il re di Francia non voleva che la sua Corona fosse dovuta alle gesta di una donna eretica. Il 16 maggio 1920 quella stessa Chiesa che aveva bruciato sul rogo Giovanna d’Arco cinquecento anni prima la dichiarò santa.

La mitizzazione di Giovanna d’Arco nel percorso iconografico

La prima statua di Giovanna d’Arco risale al 1502, il primo quadro al 1581, di cui una copia del 1690 è custodita nell’Hôtel Groslot, due passi dalla Cattedrale. Da allora i riconoscimenti postumi si sono moltiplicati.  Durante l’illuminismo, Giovanna fu disdegnata da Diderot, Voltaire, Montesquieu, troppo razionalisti. Solo con Napoleone la donna-soldato diventò colei che ‘’ha difeso il suolo francese’’.

A prescindere dalla mitizzazione e dalla narrazione spesso distorta che la figura di Giovanna d’Arco ha subito, è innegabile il fascino che la pulzella continua ad esercitare per la sua forza, tenacia e per il coraggio di portare avanti con determinazione una scelta personale fuori da ogni convenzione.

Irrefrenabile e insofferente alle autorità che cercano di sopprimere la sua voglia di autoaffermazione e libertà, Giovanna D’Arco non ha mai ceduto alla tentazione di arretrare ad una condizione determinata dal contesto sociale. Ed è questo ciò che possiamo imparare da lei.

Alessia Ceci

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