Un fermento. Un vociare che correva da dietro le quinte, fino giù in strada. Le segrete informazioni fuggivano agli addetti al mestiere, e arrivavano ai pubblici ritrovi. Al Teatro Costanzi di Roma, domenica 14 gennaio 1900, sta per andare in scena la prima rappresentazione dell’opera “Tosca”, di Giacomo Puccini. L’intonazione di una campana romana fa da ispirazione, e uno spartito salta fuori nei due giorni che precedono il sospirato spettacolo.
Il debutto della Tosca di Giacomo Puccini, la prima il 14 gennaio 1900: mai parlare prima
Quando i cantanti iniziano ad unirsi all’orchestra, e cominciano le prove generali, si accende un brulicare di domande. Un assalto a chi conosceva i dettagli nascosti, e le informazioni taciute. Circola uno spartito, che salta fuori dalle prove: merce preziosa per curiosi e professori come pianisti e armonisti. Appena lo si scopre, è tutto un passare di mano; un chiedere di notizie, impressioni, fino alle sentenze dei dotti esperti. Che però giungevano in netto anticipo: mai giudicare alle prove, o da un semplice testo per pianoforte, le opere destinate al teatro! Bisogna andare prima a vederle.
La notte venne, e il Teatro Costanzi è preso letteralmente d’assalto. La folla assiepata, richiese l’intervento degli agenti della custodia. Si registra la presenza di tutta l’aristocrazia romana e del numeroso corpo diplomatico: la stampa dell’epoca scrive: «in un palco vedesi l’ Ambasciatore francese, in un altro quelli degli Stati Uniti e di Germania». Il maestro Leopoldo Mugnone è salito sul podio con la sua bacchetta, pronto per la nuova opera di Giacomo Puccini, tratta dall’omonimo dramma del francese Victorien Sardou. (Il nome dell’opera deriva dalla protagonista, la cantante Floria Tosca, amante del pittore liberale Mario Cavaradossi, corteggiata dal ministro della polizia pontificia Scarpia).
Tosca sulle prime pagine, il panico e la bomba
Così i giornali raccontano la serata: “Alle 21.30, appena iniziata l’esecuzione si avverte un tramestìo nel pubblico, tra ripetute grida di «Alla porta, alla porta!» Si cala il sipario fra applausi generali e risa ironiche, ma gli urli e il baccano continuano ancora per un pezzo [Si trattava di una semplice protesta contro i ritardatari disturbatori”. Ma “La Perseveranza“, giornale da cui è tratta la cronaca, tace su ben altre preoccupazioni della nottata: la polizia, avuto sentore della minaccia del lancio di una bomba in teatro, era intervenuta presso il maestro Mugnone invitandolo ad attaccare, ove nel caso, la marcia reale per frenare il panico. La partecipazione allo spettacolo della regina Margherita poteva far temere un attentato.
Fornisce una descrizione dettagliata della prima di Tosca, il celebre musicologo Mosco Carner nella sua fondamentale biografia pucciniana: “Nello stipato Teatro Costanzi gli interpreti, alcuni dei quali avevano ricevuto minacciose lettere anonime, quella sera del 14 gennaio ebbero l’impressione di sedere su un barile di polvere, e non erano molto lontani dal vero. Infatti un quarto d’ora prima dell’andata in scena, un funzionario di pubblica sicurezza si presentò nel camerino di Mugnone e lo informò della minaccia, giunta all’orecchio della polizia, che durante l’esecuzione fosse buttata una bomba in teatro – in questo caso il direttore d’orchestra avrebbe dovuto attaccare immediatamente l’inno nazionale! Il fatto che fossero attesi la regina Margherita, membri del governo e senatori rendeva plausibili le voci di un attentato. Mugnone tenne saggiamente nascosta la cosa a Puccini, ma, timido per natura e avendo avuto pochi anni prima la triste esperienza di vedere parecchie persone uccise dalla bomba di un anarchico durante una rappresentazione da lui diretta al Liceo di Barcellona, scese nella fossa d’orchestra come un condannato a morte“.
Lucevan le stelle, il trionfo non annunciato di Tosca
Continua Mosco Carner il suo racconto: “L’opera cominciò con un presagio di malaugurio. Le prime battute furono accolte da bisbigli e rumori che aumentarono con l’entrata in scena di Angelotti e giunsero a una tale intensità che era impossibile sentire l’orchestra e il cantante. Dal pubblico si levarono grida «Basta! Giù il sipario!»; e Mugnone si fermò di botto e si rifiutò tremante dietro le scene. La causa della confusione risultò essere del tutto innocente: numerosi ritardatari avevano cercato di forzare uno degli ingressi in sala e, tentando di raggiungere i propri posti, avevano sollevato le violente proteste di coloro che erano già seduti. Ristabilita la calma, l’opera ricominciò da capo e la rappresentazione si svolse indisturbata fino alla fine. Alcuni biografi di Puccini parlano di una fazione rivale alla quale attribuiscono l’intenzione di far colare a picco la prima della Tosca gettando una bomba.
Anche Giuseppe Tarozzi, aggiunge una sua descrizione: “È una serata particolare, piena di tensione. Alcuni fra i principali interpreti hanno ricevuto misteriose lettere anonime, corrono voci secondo le quali i rivali di Puccini e i loro seguaci sono pronti a disturbare la prima esecuzione e a fischiare come dannati. La rappresentazione inizia male, fra zittii e mormorii della parte avversa. Così insistenti e forti che Mugnone, già terrorizzato dalle disposizioni ricevute in camerino, abbandona il podio e sospende la recita. Calmatesi le acque, si riprende. Puccini è nervosissimo e pallido come un cencio. Non sa affrontare situazioni del genere, sono fuori dalla sua comprensione, non ha grinta. Poi, si rinfranca, il pubblico si scalda, batte le mani, applaude e chiede il bis.. La melodia di Puccini si dimostra, infallibile. È come una sorta di stregoneria. Alla fine ci sono sette chiamate, tre delle quali per il solo autore.
La strana intervista di Puccini, non vuol vedere Tosca
Alle 22.15, abbiamo testimonianza dalla stampa, del successo del primo atto: “Bis di «Recondite armonie» e due chiamate a Puccini dopo la romanza [nelle usanze del tempo l’autore era chiamato alla ribalta anche durante gli atti], e applausi per ‘Non la sospiri la nostra casetta’, «che certamente diverrà una canzone popolare». Alla fine dell’ atto «scoppia un urrà con applausi fragorosi, interminabili; gli attori e il maestro Puccini sono chiamati due volte al proscenio fra urrà senza pari». Si replica il finale con il Te Deum: «l’ impressione generale è promettente per il resto dell’ opera»“.
Qualche giorno prima della rappresentazione, il maestro Puccini rilascia un’intervista al cronista di “Cronache musicali“. Tra stravaganza o disinvolta naturalezza, risponde alle domande poste, lasciando con non poco stupore il suo interlocutore: “Ebbene, le dirò qualche cosa delle mie abitudini. Io mi alzo la mattina, a Torre del Lago, molto per tempo, vado a caccia, poi torno, mangio, dormo, e la sera e la notte lavoro. Ci sono, di notte, e d’estate, le zanzare laggiù, ma io mi difendo con le zanzariere…” Continua Puccini di fronte l’insistenza del giornalista sull’opera che sta per andare in scena: “E ora che c’è Mugnone, qui, io sarei ben lieto di non assistere neanche fra le quinte alla prima rappresentazione della ‘Tosca’; e di ricevere un telegramma sull’esito nella mia casetta di Torre del Lago, e intanto uccidere folaghe e mangiare e dormire saporitamente, come sempre“.
Dietro l’opera, la campana di San Pietro
La Tosca è da considerarsi l’opera più drammatica di Puccini, ricca com’è di colpi di scena e di trovate che tengono lo spettatore in continua tensione. In realtà, il Maestro pensava che la sua Tosca fosse stata un mezzo fallimento. Ma come per la “Bohème“, sia lui sia i critici, furono smentiti dal pubblico. L ‘incasso della serata è ammontato alla cospicua cifra di 27.900 lire, e al Costanzi ( oggi “Teatro dell’Opera di Roma”), si registrarono più di venti repliche tutte a teatro esaurito, e l’anno stesso l’opera andò in scena in molte altre città italiane. Un’altra delle maggiori preoccupazioni di Puccini, era riprodurre realisticamente l’atmosfera romana, che tanta parte aveva nell’opera.
Si rivolse perciò a Don Pietro Panichelli, che aveva conosciuto da poco durante una sua visita a Roma. Questi, buon dilettante di musica, riuscì a fornirgli l’esatta intonazione della campana grande di San Pietro (Mi0) interpellando il maestro Meluzzi, e gl’inviò una trascrizione della melodia del ‘Te Deum‘ in uso nella liturgia romana, che Puccini ricevette nel gennaio 1898. Le informazioni che prese sulla liturgia romana, furono indispensabili, e riguardarono anche l’aspetto scenico dello spettacolo, con i costumi concepiti da Adolf Hohenstein. Cosi, dalla prima assoluta del 1900, riecheggiano fieri di successo e aspiranti di gloria, gli oramai celebri, amati versi della Tosca : L’alba vindice appar Che fa gli empi tremar – O dolci mani mansuete e pure – Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva! –Svanì per sempre il sogno mio d’amore | L’ora è fuggita | e muoio disperato! | E non ho amato mai tanto la vita!
Federica De Candia
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