Accadde oggi: il 4 dicembre 1563 viene assassinata Laura Lanza di Trabia, nobile italiana nota come la baronessa di Carini. Il 21 dicembre 1543, a soli quattordici anni, Laura viene mandata in sposa a don Vincenzo II La Grua-Talamanca, figlio del barone di Carini Pietro III e di Eleonora Manriquez. La vicenda siciliana vuole che Laura venga uccisa per aver instaurato una lunga relazione con il cugino del marito.

Laura Lanza, baronessa e vittima

Laura Lanza - Credits: leviedeitesori.com
Presunto sarcofago di Laura Lanza, San Mamiliano (Palermo)

Cesare Lanza, padre della ragazzina, stabilì l’unione dei due giovani molti anni prima. Desiderava infatti conferire maggior lustro al suo casato combinando un matrimonio di prestigio con uno dei più ambiti rampolli della nobiltà del tempo. E così la quattordicenne, ormai rassegnata al suo destino, si unisce in matrimonio a Vincenzo La Grua. C’è poi un altro personaggio degno di nota in questa storia, Ludovico Vernagallo, che diventerà l’amante della baronessa.

Le storie popolari presentano diverse versioni dei fatti, che si tratti di un amore platonico di breve durata o di una passione durata oltre 14 anni. Certo è che la baronessa conobbe entrambi, Ludovico Vernagallo-l’amante- e Vincenzo La Grua– il marito- quando era ancora bambina, crescendo e coltivando un legame affettivo con Vernagallo sin dalla giovane infanzia. Vi sono diverse versioni dei fatti e ruotano tutte intorno allo stesso quesito: chi ha ucciso la baronessa? La teoria più accreditata vede il padre di Laura Lanza, Don Cesare Lanza, macchiarsi personalmente dell’efferato delitto. Altre ipotesi vedono invece il marito Vincenzo La Grua compiere in prima persona la vendetta omicida sulla moglie, contravvenendo così a quanto stabilito per il delitto d’onore e Don Cesare sacrificarsi per coprire le azioni del genero, addossandosi così la colpa dei fatti.

L’impronta insanguinata

La vicenda della baronessa di Carini è divenuta nota nel tempo grazie alla leggenda della famosa impronta insanguinata presente su una parete del castello. Secondo la leggenda l’impronta della mano si formò quando la baronessa subì il primo colpo mortale. Questa si toccò il petto e, piena di sangue, poggiò la mano sulla parete, lasciando un’impronta, testimone della sua terribile sorte. Secondo alcune credenze popolari, il segno nel muro tornerebbe a sanguinare ad ogni anniversario della morte della giovane. La tragica vicenda è inoltre divenuta nota in tutta Italia grazie agli scritti di Sciascia ed alle famose produzioni televisive.

Vurria ‘na canzunedda rispittusa, chiancissi la culonna a la me casa; la megghiu stidda chi rideva in celu, anima senza cappottu e senza velu; la megghiu stidda di li Serafini…povira Barunissa di Carini!

Un frammento di un canto popolare siciliano che piange la morte della baronessa di Carini.

Joelle Cotza

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