Anne-Louise Germaine Necker, nata a Parigi il 22 aprile 1766. La famosa baronessa di Staël-Holstein, da tutti conosciuta come Madame de Staël, “Minette” per gli amici, definita da Manzoni “la donna del secolo”. Eroina e ambasciatrice romantica, animatrice di salotti dalla penna insieme politica e passionale, sempre indipendente e incorruttibile.

«Il vero attributo dell’anima è il sentimento dell’infinito»

– Estratto da De l’Allemagne (1810)

Madame de Staël fautrice della libertà rivoluzionaria

Madame de Staël ritratta come Corinne da Marie Louise Elisabeth Vigée-Lebrun. Photo Credits: descubrirelarte.es
Madame de Staël ritratta come Corinne da Marie Louise Elisabeth Vigée-Lebrun. Photo Credits: descubrirelarte.es

Figlia del banchiere ginevrino Jacques Necker, ministro delle finanze di Luigi XVI benvoluto dal popolo perché fautore di riforme liberali, e dell’intraprendente Suzanne Curchod, frequentatrice assidua di filosofi del calibro di D’Alembert e Diderot. L’educazione di Germaine si fonda su ideali pienamente liberali e sin da piccola legge Rousseau, Montesquieu e Condorcet. Sposato il barone e ambasciatore svedese de Staël-Holstein, un paio di anni dopo scrisse la prima opera: Lettere sugli scritti di Jean-Jacques Rousseau. Sono gli anni della Rivoluzione. Sempre indipendente rispetto alle fazioni del tempo, dapprima entusiasta per i propositi di libertà, la baronessa fu poi costretta ad allontanarsi dalla Francia nel periodo del Terrore perché riluttante ad accettare qualsiasi dispotismo e regime. L’importanza di Madame de Staël è legata alla proposta di una nuova letteratura di portata europea, come voce del sentimento individuale libero dagli schemi classici che fu per lei lama a doppio taglio. Il bisogno francese di ispirazione, perché «bei versi non fanno una poesia».

Da ammiratrice a nemica di Napoleone: l’opera distrutta e l’esilio

Pare che l’idea iniziale della baronessa riguardo Napoleone fosse positiva: il condottiero avrebbe ricondotto l’opinione pubblica verso la retta via del dibattito e del libero pensiero. Solo dopo si rese conto del grande dispotismo del suo operato e dunque iniziò a scriverne negativamente. Dal canto suo, quindi, Napoleone fu sempre infastidito dall’impossibilità di piegare Madame de Staël e dal suo interesse per la politica, tanto da costringerla all’esilio (1803). Non va dimenticato che il padre era stato cacciato dall’aristocrazia francese proprio per via delle sue riforme liberali!

La baronessa, ormai vedova ed esule ma ardente di passione per lo scrittore Benjamin Constant, comincia a viaggiare in Germania, Italia e Russia, conoscendo poeti come Goethe e Schiller. Frutto di questi viaggi è il saggio più importante della Staël, De l’Allemagne (1810), con il preciso intento d’introdurre in Francia la poetica romantica tedesca. Ciò fa infuriare Napoleone: inammissibile elogiare la cultura di un popolo da lui sconfitto giudicandola superiore a quella francese! Il risultato fu che la prima edizione dell’opera (diecimila copie!) fu sequestrata e distrutta in tutti i suoi esemplari. Ma Madame de Staël non si fa intimidire, e dopo un lungo itinerario in Russia dà di nuovo alle stampe il libro in Inghilterra.

«L’uomo volgare scambia per follia il disagio di un’anima che non respira in questo mondo abbastanza aria, abbastanza entusiasmo, abbastanza speranza»

– Estratto da De l’Allemagne (1810)

Fervore intellettuale al Cenacolo di Coppet: il salotto svizzero di Madame de Staël

Nonostante fosse sempre in viaggio, Madame de Staël non mancò di creare una “base” in Svizzera, che divenne in breve tempo il principale punto di ritrovo dei maggiori intellettuali di tutta Europa. Sulle sponde del lago Lemano sorge il Cenacolo di Coppet, una villa immensa in cui la Staël realizza un salotto di fervente dibattito indipendente e liberale. È probabile che Lord Byron, A. von Humboldt, Fichte, i fratelli SchlegelFrançois-René de ChateaubriandVincenzo Monti siano passati di lì.

Altisonante, nelle opere di Madame de Staël, la condizione femminile oppressa dalla società maschilista. La passione romantica mitigata da scelte guidate dal ragionamento. Le protagoniste di romanzi come Delphine (1802) e Corinne ou l’Italie (1807) sono donne forti che lottano contro pregiudizi e soffrono per amore, accomunate da tragici destini nella rivendicazione dell’autonomia culturale, sociale e addirittura sessuale delle proprie scelte. Tra le innumerevoli personalità maschili che popolano la Rivoluzione, solo di due donne si è mantenuta la memoria, Madame de Staël e Maria Antonietta. Sull’atroce sorte toccata alla regina la baronessa decise di esprimere il suo parere nell’opera Réflexions sur le procès de la Reine, ritenendo la sua decapitazione un messaggio intimidatorio per tutte le donne.

La polemica tra classicisti e romantici: Madame de Staël in prima linea

Siamo nel 1816 e sul primo numero della Biblioteca italiana esce un articolo, firmato da Madame de Staël e tradotto da Pietro Giordani, intitolato Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni. Bisogna tradurre gli scrittori stranieri! Perché? Il classicismo è ripetitivo e il continuo rifarsi a una mitologia “morta” annichilisce la fantasia. Per dare nuova vita all’arte occorre farsi ambasciatori di una mentalità cosmopolita. Tradurre per rivitalizzare. Non a caso de Staël è considerata una delle prime fautrici dello studio delle letterature comparate. Questo articolo fa scoppiare una polemica lunga dieci anni, che fa infuriare i classicisti (soprattutto Leopardi). Nonostante il nobile intento della baronessa, il finale dell’articolo poteva suonare alquanto spiacevole, nella definizione della letteratura come:

«una classe di eruditi che vanno continuamente razzolando le antiche ceneri, per trovarvi forse qualche granello d’oro: ed un’altra di scrittori senz’altro capitale che molta fiducia nella lor lingua armoniosa, donde raccozzano suoni vôti d’ogni pensiero, esclamazioni, declamazioni, invocazioni, che stordiscono gli orecchi, e trovan sordi i cuori altrui»

– Estratto di Sulla maniera e la utilità delle traduzioni (1816)

L’eredità di Madame de Staël è una fervida difesa dei valori liberali e repubblicani, in un’apertura cosmopolita di ottica internazionale, di profonda frattura tra Illuminismo e Romanticismo. Si spense a Parigi a soli 51 anni, il 14 luglio 1817.

Ginevra Alibrio

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