Il 4 giugno 1994 un infarto si portava via Massimo Troisi. Aveva appena finito girare 12 ore prima “Il postino”, il suo ultimo leggendario capolavoro, quando se ne andò per sempre, dopo essersi rifugiato ad Ostia dalla sorella. Quella di Massimo Troisi fu la grave perdita di chi al cinema italiano aveva dato molto e che avrebbe potuto dare ancora. Fu l’addio del pulcinella senza maschera che aveva raccontato sapientemente la sua Napoli e i problemi della generazione del suo tempo.

Massimo Troisi, quel maledetto 4 giugno 1994


Massimo Troisi nel 1994 stava girando “Il postino”, il film che sarebbe stato il suo testamento artistico e che avrebbe fatto conoscere il genio napoletano in tutto mondo. Troisi decise di affidare la regia a Michael Radford, rimanendo come grande interprete insieme all’indimenticabile Philippe Noiret e lavorando all’ideazione del suo ultimo grande film. Nonostante le sue fragili condizioni fisiche ed un imminente trapianto di cuore, Troisi non si risparmiò terminando le riprese il 3 giugno 1994 a Cinecittà. 12 ore dopo si spense ad Infernetto a causa di un infarto che lo portò via per sempre. Nonostante tutto “Il postino” divenne un capolavoro che ebbe ben 4 nomination agli Oscar tra cui quelle di miglior attore protagonista e di miglior sceneggiatura non originale allo stesso Troisi.

L’annuncio della morte di Massimo Troisi

Il pulcinella senza maschera


Quello del 4 giugno, fu l’ultimo viaggio di un grande interprete che seppe perfettamente calarsi nel contesto sociale dei suoi tempi. Il tutto utilizzando la sua grande ironia e la sua apparente insicurezza che caratterizzavano la sua maschera recitativa volta a nascondere la sua grande forza morale. Quella forza che gli permetteva di ironizzare sulla morte nonostante il grave male che si trascinava da sempre e che lo portò a subire due operazioni al cuore a cui sarebbe dovuto seguire il definitivo trapianto. Purtroppo quel meritatissimo Oscar postumo per il suo ultimo film gli fu incredibilmente negato così come non fu premiato postumamente nemmeno ai David di Donatello. Una pecca grave verso chi era stato considerato il salvatore del cinema italiano in cui aveva lasciato un segno indelebile che sarebbe rimasto per sempre.