«Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura.». Il Diavolo veste Prada, film del 2006, è considerato un vero e proprio cult movie. I dialoghi brillanti, il ritmo incalzante e, naturalmente, i meravigliosi abiti utilizzati lo hanno resto un capolavoro nel suo genere, immune allo scorrere del tempo. A donare lustro alla pellicola, tuttavia, sono state sicuramente le performance del cast: Anne Hathaway, Emily Blunt, Stanley Tucci e, naturalmente, Meryl Streep. La regina di Hollywood ha dato vita a uno dei personaggi più iconici e diabolicamente interessanti del cinema, la tirannica Miranda Priestly, direttrice della rivista di moda fittizia Runway.

La sua interpretazione le è valsa una candidatura, la numero quattordici, per essere precisi, ai Premi Oscar, oltre che un Golden Globe. Riconoscimenti a parte, il pubblico ha amato e odiato Miranda, attratto dalla sua sottile crudeltà, portata sul grande schermo perfettamente da una delle attrici più metamorfiche e versatili di sempre, che, come sempre nella sua carriera, ha colpito nel segno.

Meryl Streep: la preparazione per il ruolo di Miranda Priestly

Meryl Streep e Anne Hathaway ne Il Diavolo veste Prada.

Nel corso degli anni, Meryl Streep si è sempre distinta per la capacità di entrare nei panni più scomodi, da quelli della Iron Lady Margaret Thatcher a quelli di Joanna Kramer. All’apparenza, dunque, Miranda non avrebbe dovuto crearle grattacapi. Eppure, come da lei stessa dichiarato più volte, il ruolo della sadica esperta di fashion è stato uno dei più difficili di sempre, sin dal principio. La pluripremiata artista, infatti, ha rischiato di non essere scritturata per la parte, poiché ritenuta “una persona poco divertente”. Per vestire i panni della Priestly, in ogni caso, la Streep ha messo in atto una preparazione certosina, curando ogni minimo dettaglio, a partire dai capelli. La chioma bianca, infatti, è stata una sua idea: in questo modo, i favolosi outfit hanno avuto il giusto risalto, senza intoppi cromatici.

Anche dietro il tono dimesso di Miranda, c’è uno studio mirato. L’interprete, infatti, ha preso spunto da Clint Eastwood, suo partner ne I ponti di Madison County, noto per la recitazione “sussurrata”. Non alzando mai la voce e limitandosi a mormorare a denti stretti le battute, ha incusso timore servendosi solo dello sguardo glaciale e di una posa rigida. Una rigidità che l’ha accompagnata durante la lavorazione della pellicola. Per tutto il tempo delle riprese, infatti, Miranda non è mai uscita dal suo corpo; per restare sempre calata nel personaggio, la vincitrice di tre Academy Awards si è completamente isolata, non intrecciando alcun rapporto con i colleghi, e mantenendo lo stesso atteggiamento superbo e dispotico del suo alter ego. Una prova attoriale magistrale, che però l’ha fatta molto soffrire, chiusa nella sua roulotte, dispiaciuta all’idea di essere fraintesa. Dopo questa esperienza, ha deciso di non ricorrere mai più a questo metodo, troppo radicale per lei.

La vera Miranda Priestly

Il Diavolo veste Prada è tratto dall’omonimo romanzo di Lauren Weisberger, ex assistente di Anna Wintour. Sebbene nella prefazione l’autrice abbia specificato di aver lavorato di fantasia, il confronto tra la Priestly e la direttrice di Vogue America è stato inevitabile. La stessa Wintour, in effetti, all’epoca non l’ha presa benissimo, vietando a tutte le riviste dedicate all’universo femminile di recensire il libro. Stessa cosa, anni dopo, è accaduta per il lungometraggio. Inoltre, pare che abbia tentato di proibire agli stilisti di contribuire al progetto, pena l’esclusione dalle pagine del patinato giornale. Tuttavia, con una mossa di classe e sottilmente perfida (à la Miranda, in effetti), la fashion icon si è presentata a una proiezione, pur non essendo invitata, completamente vestita Prada.

Ad influenzare la Streep, però, non è stata la fashion icon. Le sue fonti d’ispirazione principali sono state Christine Lagarde, attualmente Presidente della BCE, e la mannequin Carmen Dell’Orefice, famosa per la sua criniera candida. Altri modelli, a quanto pare, sono stati Crudelia De Mon, Martha Stewart e il fantasma di Joan Crawford in Mammina Cara, gioiello cinematografico del 1981. Un pot-pourri di personalità complesse e controverse, che hanno aiutato Meryl Streep a costruire una villain indimenticabile, imitata e “invidiata” da tutti. Dopotutto, come afferma la stessa Miranda Priestly: «Oh, non essere ridicola, Andrea! Tutti vogliono questa vita. Tutti vogliono essere noi».

Federica Checchia

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