Mimnermo ”Come le foglie”: il parallelismo fra la caduta della foglie autunnali e la caducità della vita

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Di Stella Grillo

Nello spazio ClassicaMente, dedicato alla cultura classica, l’antico poeta elegiaco Mimnermo e il paragone fra la stagione autunnale, il cadere delle foglie ed il dissolversi della gioventù.

Mimnermo: le foglie, analogia della vita

Mimnermo, come foglie
Mimnermo, il poeta elegiaco

Il mondo poetico e concettuale del poeta antico Mimnermo si sofferma sulla caducità dell’esistenza umana. I temi dei suoi scritti si ispirano alla giovinezza ma, sopratutto, al timore della vecchiaia. Una produzione poetica intrisa di pessimismo, quindi, frutto di lugubri rimugini. Un’evidenza che si accosta al paragone fra la vita umana e le foglie, sopraggiunta dalla precedente immagine omerica. Nell’Iliade, infatti, le generazioni che si susseguono sono paragonate al distacco delle foglie: l’immagine che ne deriva appare, tuttavia, non statica.

I nuovi germogli rigogliosi sostituiscono le foglie cadute, generando una visione della primavera che attesta la continua circolarità vitale dello scorrere dell’esistenza. A differenza di Omero, Mimnermo ha una visione statica del sopraggiungere della vecchiaia definita, addirittura, odiosa. In Omero sono le stirpi umane il metro di paragone al fogliame; nel poeta elegiaco, appare una visione cucita sull’individuo e il suo stesso scorrere ella vita. Di fronte alla prospettiva di una decadenza fisica o intellettiva, il poeta preferisce la morte. Un pensiero esplicitato accuratamente nella poesia ”Come le foglie”, in cui si sofferma nelle descrizioni della freschezza della gioventù e il distacco dalla vita che, la vecchiaia, reca con sé.

Mimnermo, spregevolezza della vecchiaia

Con la concezione in cui, la vecchiaia è considerata spregevole, Mimnermo palesa una teorizzazione tipicamente derivante dal mondo greco: la corrispondenza fra etica ed estetica. Nel componimento ”Come le foglie”, il poeta intima a godere dei piaceri della gioventù, in quanto, la vecchiaia giunge lesta e, con quest’ultima, saranno solo le sofferenze a giungere.

«Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell’età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco,
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.»

Incoscienza ed illusione di eternità

L’età giovanile appare lussureggiante come le foglie che, in primavera, verdeggiano ai raggi del sole. E’ il momento in cui gli uomini vivono il loro tempo migliore: ignari delle loro prossime sofferenze, sorretti dalla vitalità di corpo ed intelletto. E’ proprio questo status di leggerezza, di ignoranza del futuro non ancora svelato che esorta a godere la spensieratezza e ad amare la vita. La beltà della gioventù sta proprio nel non aver ancora sperimentato il dolore, nella purezza dell’ottimismo non ancora contaminato: uno stato di incoscienza inebriante, quasi magico, che permette durante la giovinezza di pregustare un sentore di eternità, tuttavia, illusorio.

Se si conoscessero i dispiaceri futuri, non si godrebbe nemmeno di quei fugaci piaceri che il tempo giovanile concede. Ma la giovinezza è un frutto dolce che precipita fulmineo: dura un istante, scorrendo rapidamente. E così, anche le foglie crescono e verdeggiano sfiorendo, successivamente, ad un’impellente autunno che giunge impietoso. Zeus non risparmia nessuno con i suoi mali, e così la vecchiaia che avanza e che porta tragedie come la fredda stagione, per le foglie. Solo una la conclusione: le Parche che recideranno il filo della vita fino al fatale epilogo della morte.

Stella Grillo

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