Dagli annuari di una scuola elementare romana, spunta una foto. È datata 1937. Ritrae una scolaresca di ragazzini di 8 anni, impettiti in grembiule e cravattino. Divisi da un compagno, due musetti furbi guardano sorridendo alla camera. Dalla scritta in calce si riconoscono i loro nomi: Sergio Leone, Ennio Morricone.
La loro amicizia, nata sui banchi di scuola, diventerà uno delle collaborazioni più prolifiche della storia del cinema. Il futuro regista e il futuro compositore sono così legati nell’immaginario collettivo da rendere impossibile riferirsi all’uno senza citare l’altro. Un binomio inseparabile, nella carriera così come nella vita dei due vecchi compagni di classe.
Suono e parole
Nel 1964, Sergio Leone prepara il suo primo lungometraggio western, “Per un pugno di dollari“. Per comporre le musiche desidera assumere l’esperto Angelo Lavagnino, ma la produzione a corto di soldi gli propone un altro nome. Leone all’inizio rifiuta: ha ascoltato i suoi lavori e non lo convincono, gli sembra “un Dimitri Tiomkin dei poveri”. La produzione insiste e un riluttante Leone si rassegna ad incontrarlo. Con sua sorpresa, ricorda di essere stato suo compagno trent’anni prima alla scuola degli Scolopi: è Ennio Morricone. Il musicista si mette al piano e inizia a proporre al regista dei temi da lui composti e scartati da altre produzioni. Leone si convince e gli affida le musiche di “Per un pugno di dollari“, che contribuiranno grandemente allo strepitoso successo del film.
La musica di Morricone è così essenziale alla poetica del regista che lo stesso Leone dirà: “i dialoghi nei miei film non sono dialoghi, sono solo aforismi. La musica di Ennio è il vero dialogo”. A ogni progetto, Leone ha già in testa il film inquadratura per inquadratura e tocca al piano di Morricone dare una struttura alle immagini che gli scorrono in testa. Il regista ama gli strumenti che ricordano la voce umana; gli esempi sono molti, dal famoso fischio di “Il buono, il brutto e il cattivo” al flauto di Pan di “C’era una volta in America“. Ma soprattutto Leone non riesce a scindere le immagini dalle note che Morricone compone per lui al punto che diventa prassi la registrazione delle musiche prima dell’inizio delle riprese, per poterle usare sul set al fine di creare l’atmosfera. Un rito che persino gli attori più intransigenti del “metodo”, come Robert De Niro, chiederanno di riproporre al regista sul set del suo ultimo capolavoro.
Davide Cossu
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