“My America”: il sogno americano e la giustizia sociale – TFF38

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Di Redazione Metropolitan

Presentato al Torino Film Festival nella sezione fuori concorso/doc: “My America“, viaggio “coast to coast” storico, politico e culturale focalizzato sull’indifferenza nella civiltà del “melting pot“, scritto e diretto da Barbara Cupisti (“Madri“, “Fratelli e Sorelle” e la trilogia “Esuli“) e prodotto da Sandro Bartolozzi, con il patrocinio del Robert F. Kennedy Human Rights. Gli Stati Uniti sono un simbolo di libertà, il grande esperimento sociale formato da principi di democrazia, uguaglianza e ricerca della felicità che figurano nel preambolo alla Costituzione del 1787 ricordato in apertura.

Ma questo ideale di prosperità e libertà individuale riflette la vita di tutti i cittadini americani? Il documentario “My America” racconta, con la viva voce della sua regista, il malessere sociale ma anche la capacità e la determinazione di cittadini comuni, attivisti di base, che cercano di sfidare e riparare la fibra morale e la sostenibilità del Paese.

My America“: retorica degli ideali

“Mi sono resa conto che le informazioni che arrivano in Europa, ma anche negli stessi Stati Uniti, tramite i media ufficiali, sono parziali e non catturano a pieno il livello di conflitti, violenza e di povertà che sono parte integrante, anche se meno evidente, della società americana. ‘My America’ dà voce anche e soprattutto a coloro che ogni giorno si battono per la giustizia sociale e per porre fine a violenze e morti che possono essere prevenute”.

Così la Cupisti parla nei confronti di una giustizia sociale ormai emarginata. “My America” è diviso in tre capitoli e mette in primo piano le contraddizioni tra la retorica degli ideali e la realtà che si tocca con mano. E un quarto capitolo in aggiunga dal titolo “Dark Paradise” dedicato agli oppioidi, piaga molto presente negli USA .

Capitolo I – “My America

Il primo capitolo, “My America“, tratta l’attentato che avvenne qualche anno fa in Florida e sottolinea le proteste del movimento “March for our Lives” mosso da Bernie Sanders, dando spazio alla “Marcia su Washington” contro l’utilizzo delle armi; l’inizio di una lunga serie di manifestazioni fino ad oggi con l’avvento del, “bridge“, ponte culturale di comunicazione.

"March for our Lives" Washington - © tutti i diritti riservati
March for our Lives” Washington – © tutti i diritti riservati

Capitolo II – “Skid Row

Il secondo capitolo del documentario offre un crudo sguardo spesso dimenticato tra droga, violenza e prostituzione nella “città” degli “Homeless“, i senzatetto di “Skid Row“, quartiere di Los Angeles dove i sogni di Hollywood incontrano la realtà e si infrangono in mille pezzi. Le maschere sorridenti e il trucco del red carpet si dissolvono e svelano il volto più crudele della vita.

Homeless in "My America" - © tutti i diritti riservati
Homeless in “My America” – © tutti i diritti riservati

Capitolo III – “Arizona, The Samaritans”

In collaborazione con il collega giornalista Guido Limpio, la regista documenta la storia di un gruppo di pensionati, ribattezzati “The Samaritans“, insediati in Arizona ai confini del Messico. In particolare vede la storia di Alvaro ex migrante proveniente dalla Colombia che per rispetto a quanti perdono la vita, realizza delle croci nei confronti di quanti hanno cercato di raggiungere il sogno americano senza riuscirci a differenza sua che il sogno americano l’ha raggiunto in una terra che adesso chiama: casa “milk and honey“.

Croce realizzata da Alvaro in "My America" - © tutti i diritti riservati
Croce realizzata da Alvaro in “My America” – © tutti i diritti riservati

The American Dream: Beats on the road

Chi non ha mai sentito parlare del “sogno americano”? Il grande mito del Nuovo Mondo ha influenzato e affascinato per secoli tutto l’Occidente, penetrando inesorabilmente nelle nostre coscienze e nel nostro sistema di valori. Si tratta di ricchezza, fama, successo? O di libertà, di vita senza schemi? Com’è nato? Chi lo ha perseguito? Basta dare un’occhiata alla geografia dell’America per accorgersene: da un lato New YorkLos AngelesLas Vegas, con le loro sfavillanti luci e la loro vita frenetica; dall’altro zone desolate, incolte e selvagge, in cui la vita non è poi così piacevole. In particolare, il sogno americano viene analizzato attraverso gli occhi, la vita e le opere di una grandissima personalità della letteratura americana: Jack Keruac.

Jack Keruac schizzo di "On the Road" - © tutti i diritti riservati
Jack Keruac schizzo di “On the Road” – © tutti i diritti riservati

Jack Keruac: Sulla Strada

“Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare”. Così “On the road” di Jack keruac si propone di incitare gli spiriti ribelli, diventando il manifesto della Beat Generation, la voce dei giovani desiderosi di scoprire il mondo e di provare le esperienze anche più strane e proibite, “Sulla strada“. Erano i “Beats“, i pionieri di quella controcultura di un’America triste e conservatrice sulle posizioni della guerra fredda. Così come ci suggerisce il documentario di Barbara Cupisti: L’America sta cambiando, sta perdendo la sua immacolata innocenza.

Scena tratta dal documentario "My America" - © tutti i diritti riservati
Scena tratta dal documentario “My America” – © tutti i diritti riservati

My America“: ai confini della speranza

Il film, le cui riprese sono state realizzate interamente negli USA tra Chicago, Los Angeles e Arizona offre una sorta di barlume di speranza per l’anima del Paese: se riusciamo a mantenere viva la storia del passato, allora forse possiamo impedire di fare gli stessi errori in futuro. La storia narrata è incredibilmente ben bilanciata ed esplora le questioni sociali che hanno esiliato milioni di cittadini alle periferie del sogno americano consentendo agli spettatori di formarsi le proprie opinioni e conclusioni riguardo allo stile di vita americano assediato e non più prettamente “american dream“.

"My America"  - Arizona - © tutti i diritti riservati
My America” – Arizona – © tutti i diritti riservati

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Giuliana Aglio