
Il bilancio del naufragio avvenuto sulle spiagge di Cruto, vicino Crotone, è salito a 71. Per la strage sono state aperte due indagini: una sui presunti scafisti e una seconda per verificare i ritardi nei soccorsi.
Al momento i fermati come presunti scafisti sono tre, tra cui un minore, di nazionalità pakistana e turca. Secondo le testimonianze di chi è sopravvissuto al naufragio, c’erano almeno altre tre persone su cui pendeva l’etichetta di “scafista”.
Anche il Papa si è espresso contro il traffico di esseri umani, chiedendo che questo venga interrotto. Il governo Meloni ha risposto all’appello. Ma chi sono davvero gli scafisti?

Il verbale del naufragio: cosa sappiamo sulla tragedia
Secondo quanto ricostruito dalle testimonianze dei sopravvissuti, le barche utilizzate per la tratta sono state in totale due. La prima, partite il 22 febbraio, ha subito un’avaria al motore dopo poche ore di navigazione. I migranti sono stati trasferiti su un’altra barca, anch’essa in pessime condizioni. A guidare le imbarcazioni e a gestire i migranti sarebbero state circa sei persone definite “scafisti”, di cui solo tre fermate dalle forze dell’ordine in Italia.
I sopravvissuti hanno raccontato che gli altri si sono allontanati dall’imbarcazione poco prima che questa affondasse. I presunti scafisti individuati e fermati dalle forze dell’ordine sono un cittadino turco e due di nazionalità pakistana, tra cui un minore.
Chi sono i presunti scafisti?
La maggior parte degli “scafisti” sono persone migranti costrette sotto minaccia di morte o violenza a condurre le imbarcazioni. Chiamarli scafisti è quindi sbagliato e distoglie l’attenzione da chi organizza i viaggi della morte. I presunti scafisti non sono altro che un capro espiatorio per legittimare politiche migratorie incentrate sulla chiusura e il controllo militare dei confini.
A denunciare questa realtà sono gli stessi accusati, tra cui molti minorenni, che hanno raccontato il loro coinvolgimento durante i viaggi in mare. Arci porco Rosso e Borderline Europe ne hanno raccontato la storia in un documento. In questo si legge che nel 2022 sono state fermate almeno 264 persone (secondo quanto riportato dalla stampa nazionale) di nazionalità differente. Intervistati sulla tratta, i presunti scafisti hanno raccontato di essere stati addestrati per pochi giorni prima della partenza.
Legge contro i presunti scafisti: il capro espiatorio della politica
Gli “scafisti”, indicati dai migranti come coloro che muovevano le imbarcazioni, sono accusati di favoreggiamento all’immigrazione irregolare via mare. I colpevoli del traffico di esseri umani sono però le organizzazioni nascoste, non i presunti scafisti. Questi, nella maggior parte dei casi, sono migranti in fuga e sfruttati che finiscono nel mirino dei forze dell’ordine.
La storia di un parrucchiere russo è forse la più emblematica di questo fenomeno. L’uomo ha un pagina Instagram nella quale si evince chiaramente che il suo lavoro sia sempre stato quello di parrucchiere. In procinto della guerra in Ucraina, chiamato alla mobilitazione militare, ha scelto la fuga. L’uomo ha raccontato che dopo pochi giorni di addestramento, dopo aver fatto un lungo viaggio per fuggire, è stato messo a governare una barca. Ora rischia da 3 a 5 anni con l’accusa di essere uno “scafista”.
Si presenta una chiara ambiguità giuridica: la legge antiscafisti nasce per punire i trafficanti, ma finisce per punire migranti la cui unica colpa è avere un timone in mano.
Ragazzi scafisti: la colpa dei minori
Tra gli scafisti che conducono le imbarcazioni o che controllano i migranti sono scelti anche dei minori. A partire dal 2013 infatti gli Ipm hanno iniziato a riempirsi di ragazzi stranieri accusati di favoreggiamento all’immigrazione. Secondo la volontaria del Centro Astalli di Catania, Elvira Iovine, molti erano semplici pescatori.
Venivano scelti per le loro competenze in mare e indicati dagli altri migranti come “scafisti” per il loro ruolo di capitani improvvisati. I minori però sono costretti in questo, tanto che non guadagnano nulla dalla tratta. La “scelta” ricadeva sulle persone con un minimo di competenze e costrette con minacce di morte o di violenza a guidare l’imbarcazione.
Responsabilità e giustizia: una soluzione non politica
Lo svolgimento del ruolo di “scafista” sotto minaccia dovrebbe garantire agli stessi scafisti un trattamento di tutela. Al contrario i procedimenti penali a carico dei presunti scafisti si concludono quasi sempre con una condanna. A livello pubblico e politico serve un colpevole e il più vicino su cui scagliarsi è il presunto scafista, spesso minorenne.
La soluzione reale è invece attaccare i veri responsabili dei traffici, non le vittime – per usare le parole disumane del ministro dell’Interno Piantedosi – o i presunti scafisti. Occorre allinearsi alla normativa internazionale che punisce il traffico dei migranti quando è riconosciuto il “profitto”. C’è la necessità di dividere i presunti scafisti da chi ne trae profitto e anzi serve applicare clausole di protezione verso i primi. Basta ricordare infatti che nella maggior parte dei casi i presunti scafisti sono estranei al disegno criminale, sono minori o persone minacciate di violenza e morte, costretti al timone per aver salva la propria vita e con la responsabilità di centinaia di altre vite nelle proprie impreparate mani.
Scagliarsi contro gli scafisti è legittimo, ma chi sono davvero gli scafisti è una domanda che non possiamo non porci di fronte agli innumerevoli casi di ingiustizia che si sono verificati. Anche la condanna di innocenti è una tragedia che deve, insieme ai naufragi, essere interrotta.
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Articolo di Giorgia Bonamoneta