Piantedosi aveva bisogno della lezione sui diritti umani dei migranti

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Di Giorgia Bonamoneta

L’attenzione pubblica è concentrata sul naufragio avvenuto sulle coste di Steccato di Cutro (Crotone) e sulle parole utilizzate dal ministro dell’interno Piantedosi, considerate “disumane” da una parte del pubblico e dell’opposizione. Secondo il ministro dell’Interno infatti non c’è disperazione che giustifichi di mettersi in viaggio in condizioni di pericolo.

Quello di Piantedosi è uno sguardo privilegiato sulla realtà, di chi non conosce la disperazione della fuga, della guerra, della fame, della persecuzione e della povertà. È questo il fulcro della critica al ministro dell’Interno, che come rappresentante dello Stato ha l’obbligo morale di non utilizzare il concetto di “etica” in maniera personale.

Sulle parole di Piantedosi, accusato di colpevolizzare le vittime, è calata una bufera di critiche. Parole considerate inaccettabili, scandalose e che rischiano di spostare l’attenzione dalla gestione dei soccorsi e sui motivi per i quali a Crotone le persone sono arrivate naufraghe e non salvate. Orlando Amodeo ha parlato di “tragedia che si poteva evitare” e che ci sono precise responsabilità istituzionali da rendere manifeste.

A novembre 2022 le parole di Piantedosi sui migranti avevano scatenato un’altra polemica. In quell’occasione, quando le parole disumane erano “carico residuale”, il ministro dell’Interno aveva detto di non accettare lezioni di umanità da nessuno. A distanza di mesi non sembra cambiato molto il linguaggio che Matteo Piantedosi utilizza sulla questione dei migranti.

Naufragio-strage a Crotone: cosa ha detto Piantedosi

Photo Credits: ilgiornale.it

Sulla spiaggia di Steccato di Cutro, quando è arrivato Matteo Piantedosi, era ancora presente la nave spezzata, come le vite umane che trasportava. In un paese civile non ci aspettiamo parole disumane di fronte a una tragedia, ma c’è ancora bisogno di stupirsi e indignarsi. Piantedosi a Crotone, con alle spalle 64 vittime, ha parlato di “vocazione alle partenze” e ha colpevolizzato le vittime

A una domanda diretta sulla disperazione alla base delle partenze in mare, Piantedosi – messo ipoteticamente nei panni di un migrante – ha risposto: 

No […] sono stato educato alla responsabilità. Di non chiedermi sempre io che cosa mi devo aspettare dal luogo e dal paese in cui vivo, ma anche quello che posso dare io al paese in cui vivo per il riscatto dello stesso. […]
Non sempre si tratta di venire da luoghi dove ci sono guerre e cose. […]L’unica vera cosa che va detta, affermata e raccontata: ‘Non devono partire’. […]Poi le possibilità di salvare, non salvare… al fatto che quando si è in queste condizioni non bisogna partire. Se noi non lanciamo al mondo, al mondo dei territori da cui partono queste persone, questo messaggio che è etico prima di tutto. Non bisogna partire, non bisogna esporre oltretutto donne e bambini, oltre che chiunque sia, alle condizioni di pericolo.Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, conferenza stampa su tragedia a Crotone

Dopo l’indignazione generata dalle sue parole, Piantedosi ha cercato di giustificarsi spiegando che non si mettono in pericolo i figli. “Io penso che chi scappa dalla guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati a offrire la via di uscita al loro dramma“. 

Le ONG nel frattempo hanno alzato il livello d’allarme sui limiti che il nuovo decreto anti-ONG pone. Anche su questo punto Piantedosi ha risposto che non c’è alcun legame tra le nuove regole e il possibile aumento di morti in mare. Questa connessione sarebbe falsa o in malafede. Il governo di destra risponde alle critiche con le sempreverdi parole di “propaganda” e “strumentalizzazione” e cerca così di deresponsabilizzarsi sulle decisioni prese a un tavolo che non tiene conto della realtà dei migranti.

È questo il limite del puntare il dito contro lo ONG, gli scafisti o le vittime che partono. Così facendo non si impediscono le vittime, ma si scarica il barile dalle responsabilità politiche e sull’assenza di corridoi sicuri.

Le responsabilità a Crotone: lo scaricabarile politico

Dal manuale del politico arriva la regola dello “scaricabarile”. Le parole degli esponenti del governo non fanno meglio del ministro dell’Interno. Fratelli d’Italia, anche attraverso il volto e le parole di Giorgia Meloni e i leader della lega Salvini hanno commentato l’accaduto. In entrambi i casi si punta il dito contro gli scafisti, senza rendere palese chi è che alimenta con la non-azione le migrazioni illegali.

Il governo sta facendo scudo intorno a Piantedosi e alle sue parole, eliminando così la realtà di provenienza delle vittime del naufragio di Crotone come Afghanistan, Iran, Iraq e Siria. Luoghi di guerra e di crisi umanitarie, dal quale scappare, anche con il rischio di morire, è prendersi la responsabilità per i propri figli e il loro futuro. Per questo le parole di Matteo Piantedosi che sentenzia sulla disperazione e non giustifica i viaggi per “mettere in pericolo i figli” sono ancora più disumane.

Ma se anche i migranti provenissero dall’Africa, le parole del governo e dei suoi esponenti sono ipocrite. Sono parole di deresponsabilizzazione e colpevolizzazione delle vittime e appaiono ipocrite perché è stato il governo, presente e passato, ha finanziare i trafficanti, stringere accordi con la Libia e penalizzare le navi da soccorso ONG. Pochi giorni fa per esempio la Geo Barents, nave da soccorso di Medici Senza Frontiere, è stata bloccata per 20 giorni con una multa da 10.000 euro.

Il soccorso (im)possibile e lo scontro Mentana-Piantedosi

Non è l’arena è andato in scena lo scontro tra chi critica il governo e il governo. Le basi sono quelle della responsabilità e dell’impossibilità al salvataggio. L’ho ribadito anche Antonio Tajani: la nave affondata non si poteva soccorrere ed è ingiusto incolpare il governo. Orlando Amodeo, medico soccorritore ed ex funzionario di Polizia, non è d’accordo. “Una tragedia è una cosa inevitabile. Penso invece che oggi forse la tragedia si sia quasi voluta“, ha detto. 

Secondo Amodeo infatti si sapeva dal giorno prima la difficoltà della nave, ma nessuno è andato incontro a questa. Esistono imbarcazioni, spiega l’ex soccorritore con esperienza in mare trentennale, che sono in grado di affrontare il mare con forza 6-7. Non era impossibile tentare di salvare delle vite.

Arriva immediata la risposta del Viminale che “minaccia”, per usare la parola utilizzata da Enrico Mentana, Amodeo di aver fatto dichiarazioni “gravissime e false”. Mentana si rivolge direttamente al ministro dell’Interno, facendo proprie le parole di Amodeo, così l’accusa dell’avvocatura deve essere rivolta a tutti, dice.

Un mare senza soccorso: c’entra il decreto anti-ONG?

Da parte del governo Meloni, attraverso lo spazio mediatico concesso alla presidente del consiglio, è stato raccontato che il decreto anti-ONG non è la causa del naufragio e delle vittime. Meloni spiega che quelle tratte non sono battute delle navi dei soccorsi delle ONG. Torna quindi a ribadire che non c’è connessione c’è il decreto anti-ONG e l’aumento delle morti, ma che banalmente più gente parte più gente rischia di morire.

Dall’altra parte Mediterranea Saving Humans ha chiesto a chi propaganda da sempre i confini chiusi di chiudere la bocca di fronte all’ennesima strage. Perché se il traffico illegale esiste è solo perché non ci sono canali d’ingresso legali e in sicurezza. La colpa è degli scafisti, ma non solo. Nel 2022 sulle coste calabresi sono approdate 18.000 persone e negli ultimi tre anni questa è una delle tratte più battute. La Guardia Costiera e la Guardia di Finanza hanno abbastanza uomini e mezzi per soccorrere? La risposta evidentemente è negativa alla luce della strage di Crotone. Inoltre Mediterranea chiede spiegazioni sulla motovedetta contrassegnato dalla sigla “MAI” che risultava operare nei giorni scorsi tra il porto di Crotone e Roccella Ionica.

Perché nessun ha agito tempestivamente? Si chiedono delle indagini sulla gestione dei soccorsi, indagini non politiche e non strumentalizzabili. Forse non serve mai rifiutare una lezione di umanità quando questa viene offerta.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta