Pay gap. Da due anni in Islanda vige la legge sulla parità salariale fra uomo e donna.
Pay gap: cos’è?
Il gender pay gap è la differenza di retribuzione tra uomini e donne a parità di ruolo e di mansione. Il Parlamento europeo lo definisce come: “la differenza nella retribuzione oraria lorda media tra donne e uomini. Si basa sugli stipendi corrisposti direttamente ai dipendenti prima della detrazione delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali.” Calcolare il gender pay gap risulta piuttosto difficile date le diverse modalità di misurazione delle retribuzioni nei vari paesi (paga ad ore, stipendio settimanle o mensile). Inoltre, altri elementi che influenzano l’ammontare del salario non possono essere inclusi nel calcolo con i classici criteri usati sul mercato del lavoro. Ad esempio: il tipo di mansione svolta, i limiti dell’ingresso (accesso all’istruzione, tasso di genitori single), numero di ore lavorate etc.
La congruità nella retribuzione dei dipendenti è uno dei vari fattori che influenzano la motivazione sul lavoro. Nonostante questo molte aziende non le prestano una sufficiente attenzione. Difatti, sia in Europa che nel resto del mondo, il gender pay gap è un argomento che fa discutere dipendenti, classe dirigenti e politici. In molti Paesi la situazione retributiva delle donne è la peggiore. 9 Marzo 2022, D.Clark ha pubblicato nel sito statista: “Gli uomini nell’Unione Europea hanno guadagnato circa il 13% in più rispetto alle donne nel 2020, con la Lettonia che ha il più grande divario retributivo di genere del 22,3% quest’anno e il Lussemburgo con lo 0,7%.”
L’esempio dell’Islanda
In Islanda la parità di stipendio tra uomo e donna è legge. Secondo la normativa, entrata in vigore il primo Gennaio 2018, imprese e istituzioni potevano adeguarsi alla nuova norma in maniera graduale. Il 2020 è stato poi l’anno limite per mettere in atto la legge. Le aziende e gli uffici pubblici con più di 25 dipendenti devono dimostrare che le donne sono pagate quanto gli uomini, altrimenti è prevista un’ammenda fino a 450 euro per ogni trasgressione. Per le piccole aziende la scadenza è nel 2025.
L’obiettivo della norma è quello di garantire pari opportunità eliminando ogni discriminazione di genere. Thorsteinn Viglundsson, il ministro dell’Uguaglianza e degli Affari sociali, aveva dichiarato: «È il momento giusto per fare qualcosa di radicale: i diritti umani sono diritti uguali per tutti. Dobbiamo fare in modo che gli uomini e le donne godono di pari opportunità sul luogo di lavoro. È nostra responsabilità adottare ogni misura per raggiungere questo obiettivo».
L’Islanda è infatti un Paese che si muove verso una maggiore uguaglianza di genere. Negli ultimi anni è stata al primo posto del Global Gender Gap Report stilato annualmente dal World Economic Forum. Dal report emerge che il Paese sia il top performer in fatto di partecipazione politica ed economica delle donne. In realtà aveva già, da diversi decadi, una legge che prevedeva la parità salariale fra uomini e donne ma il gap è comunque sopravvissuto nel tempo. Per questo il Governo ha quindi deciso di introdurre una nuova misura che mettesse a nudo le differenze e permettesse così di sanzionare eventuali discriminazioni.
La situazione con la pandemia
Il Covid-19 ha aumentato le disparità tra i sessi. Le donne sono impiegate nei settori più colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia e le maggiori necessità di cure familiari provocate dall’emergenza sono state scaricate soprattutto su di loro. La pandemia ha poi interrotto alcuni progressi che si stavano comunque osservando. Il Global gender gap report del 2021 indica che per chiudere il divario tra uomini e donne serviranno ancora 135,6 anni.
La situazione in Italia
L’Italia è penalizzata dalle differenze per occupazione, stipendi e salute. Il punteggio dell’Italia infatti è circa 0,721 su una scala che va da zero a 1. Le differenze sono state colmate per poco più del 70%, quasi 20% sotto al risultato dell’Islanda che sta a 89,2%. Una distanza che si amplia ulteriormente prendendo in esame il campo lavorativo, dove lo stesso rapporto sottolinea che “ci sono 24 punti percentuali di distanza tra l’Islanda (84,6%) e l’Italia (61,9%), l’ultimo Paese classificato nell’Europa occidentale”
Il blog Kelly suggerisce alcune soluzioni. Agire innanzitutto sulla cultura. Favorire la formazione tecnica e scientifica delle donne. Aumentare il ricorso a forme di lavoro flessibili che possano favorire il ruolo di madri. Usare altri benefit, oltre allo stipendio, che possono riconoscere il ruolo importante delle donne. Adottare leggi che impongano le “quota rosa” nelle aziende, (In Italia la legge “Golfo-Mosca”). Adottare leggi che riconoscano la parità salariale.