La parità salariale diventerà legge: voto unanime al Senato

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Di Redazione Metropolitan

La proposta di legge per la parità salariale tra uomini e donne passa al Senato con voto unanime. Ora è legge dello stato. Le aziende sopra i 50 dipendenti dovranno compilare un rapporto sulla situazione del personale che guarderà salari, inquadramenti, congedi e reclutamento.

La parità salariale diventerà legge: “un passo avanti fondamentale”

In tempo record il Ddl per le pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo è stato approvato. In meno di due settimane è passato sia alla Camera che al Senato. Ad annunciare l’approvazione della legge è stata proprio Chiara Gribaudo, prima firmataria e relatrice del Ddl e deputata del Partito Democratico.

“Mentre sono in aula arriva la notizia: la mia proposta sulla parità salariale, con il voto unanime del Senato diventa legge dello Stato!”

Chiara Gribaudo

La proposta di legge è stata approvata in tempi velocissimi, come sottolineato dalla relatrice al Senato Valeria Fedeli. La stessa aveva chiesto l’assenso da parte di tutti i gruppi a non presentare emendamenti, per evitare che le tempistiche si allungassero. Fedeli voleva evitare che si ripetesse ciò che sta accadendo al Ddl Zan, la proposta di legge contro le discriminazioni e le violenze legate all’omotransfobia approvato alla Camera lo scorso novembre e che torna a Palazzo Madama oggi, 27 ottobre 2021.

“Non è comune che nel passaggio da una Camera all’altra l’approvazione di un disegno di legge impieghi meno di 15 giorni. E il fatto che ciò sia accaduto con il provvedimento sulla parità salariale tra donne e uomini dimostra l’urgenza e la concretezza che questo Parlamento, d’accordo tutte le forze politiche, ha voluto riconoscere all’incrocio tra i due assi fondamentali per l’uscita dalla crisi pandemica e per la crescita del Paese: lavoro e parità di genere”.

Le parole della Senatrice Fedeli.

Gender Pay Gap: cosa prevede la nuova legge

La proposta di legge racchiude in sé una battaglia di inclusione e civiltà. L’obiettivo primo è quello di colmare il gender pay gap, il divario salariale, che divide uomini e donne. Secondo l’ultimo report di World Economic Forum, l’Italia si colloca al 76° posto su 153 Paesi per il divario salariale. Secondo i dati dell’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica, la differenza di stipendio netto mensile è di oltre 500 euro. A parità di mansioni lo stipendio annuo di una donna è inferiore dell’11,5% rispetto a quello di un uomo. I dati sono raccolti nel Gender Gap Report 2021 di JobPricing.

Il testo della legge è nato lavorando a diverse proposte, di diverse parti politiche ed è stato approvate senza modifiche. Subito dopo l’approvazione alla Camera, la deputata Chiara Gribaudo ha spiegato in un’intervista a Vanity Fair che si attuerà “un fondamentale principio di trasparenza“.

“Le aziende sopra i 50 dipendenti dovranno compilare un rapporto sulla situazione del personale che conterrà molti indicatori, dai salari agli inquadramenti, dai congedi al reclutamento. L’elenco delle aziende che trasmetteranno il rapporto, e quello di chi non lo trasmetterà, sarà pubblico, e i dati saranno consultabili dai lavoratori, dai sindacati, dagli ispettori del lavoro, dalle consigliere di parità. Una presentazione mancata o con informazioni false può portare alla revoca degli sgravi contributivi e a sanzioni da 1000 a 5000 euro.”

Oltre alla certificazione biennale obbligatoria, tra le novità introdotte ci saranno incentivi per l’assunzione di personale femminile. Inoltre sono previsti sgravi fiscali fino a 50mila euro per chi adotta politiche utili a conciliare lavoro e vita privata. Grazie alla nuova legge la normativa della legge Golfo-Mosca verrà estesa alle aziende pubbliche. La legge Golfo-Mosca del 2011 impone l’obbligo di riserva di posti a favore del genere sottorappresentato, garantendo la parità di accesso agli organi quotati.

Parità retributiva tra uomini e donne: dalla legge del 1977 a quella approvata ora

Le due relatrici hanno commentato sostenendo che Senza uguaglianza “di fatto” tra donne e uomini non potrà esserci ripresa e non potrà esserci sviluppo sostenibile e innovativo“.

“Partendo da testi diversi c’è stata la volontà politica di dare concreta attuazione al dettato costituzionale e quindi di riconoscere il fondamentale diritto a un pari riconoscimento economico e di carriera, a parità di mansioni e ore lavorate, alle donne lavoratrici.”

La prima a stabilire il diritto della donna ed essere retribuita come gli uomini fu Tina Anselmi, grazie alla legge 903 del 1977. Il 29 luglio 1976 divenne la prima ministra donna, nominata Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale. Nell’articolo 2 della legge 903 si legge “I sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne“. Inoltre “È  vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quanto riguarda l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera“. Con l’approvazione della legge proposta da Gribaudo, la svolta questa volta è concreta.

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Michela Andreatta