Piccola storia ignobile: Guccini, l’aborto e il bigottismo di una società

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Di Stella Grillo

Piccola storia ignobile è la prima traccia del settimo album di Guccini, Via Paolo Fabbri 43, pubblicato nel 1976. Il brano è una canzone sull’aborto, tuttavia, non come azione ma come contorno di tale azione: le accuse tacite, i giudizi del gesto, le mancate tutele. Una critica a una società bigotta e recriminatoria, chiusa, perbenista; a partire dalla piccola mentalità provinciale, tanto cantata dal Maestrone di Pavana, fino a una politica incurante di un tema così importante.

Piccola storia ignobile, la denuncia totalizzante di una società punitiva

 Piccola storia ignobile, Guccini - Credits: italiacanora.net
Guccini, album Via Paolo Fabbri, 43 – Photo Credits: italiacanora.net

Una storia disarmante nella sua semplicità quasi banale: Piccola storia ignobile di Guccini, racconta l’esperienza dell’aborto da parte di una giovane ragazza di buona famiglia. La ragazza, allevata fra valori cristiani di famiglia, religione e onestà si innamora e rimane incinta; sarà ripudiata dall’intera famiglia, dal contesto provinciale e paesano in cui la vicenda si svolge, ambiente profondamente conosciuto da Francesco Guccini. Persino il ragazzo declina le proprie responsabilità: appena messo al corrente della notizia, si limita a darle dei soldi, lavandosene le mani. Nessuna legge a tutelarla, solo un’incombente società bigotta e punitiva che le punta il dito. Francesco Guccini, in una intervista a Paolo Talanca, dichiarò, sulla stesura del brano, di essersi ispirato al crepuscolare Marino Moretti. Il poeta, infatti, raccontava dell’aborto della madre:

«Avevo una antologia di Anceschi e lì c’erano molti crepuscolari, mi affascinava molto Moretti e c’è un titolo mio – Piccola storia ignobile – che deriva da una sua opera».

La stesura di Piccola storia ignobile è del 1976: ben due anni prima della promulgazione Legge n.194 approvata il 22 maggio 1978. L’interruzione volontaria della gravidanza, prima di tale normativa, era considerata reato dal codice penale italiano. Guccini, in questo brano, descrive uno spaccato di società moralista e, a tratti, persecutoria verso un’azione considerata, quasi, sacrilega. Il brano prende vita negli anni ’70: un periodo storico che, da lì a poco, sarà spettatore di cambiamenti importantissimi. Il cantautore emiliano critica e ritrae perfettamente il periodo storico che stava vivendo, rivolgendosi a un certo tipo di bigottismo condizionato dall’interpretazione di un’indottrinamento religioso volto a limitare la libertà individuale.

L’aborto come ”soluzione finale”: l’aspra critica a una società che colpevolizzava le donne

Prima del 1978, il codice penale puniva l’interruzione volontaria della gravidanza con una reclusione dai due ai cinque anni. La punizione si rifletteva sia sull’esecutore di tale atto considerato immorale, sia sulla stessa donna che lo subiva. Con i primi movimenti femministi, qualcosa cambiò: una delle motivazioni predominanti sulla delicatezza del tema, fu l’ingente numero di aborti illegali che ne scaturirono. In Piccola storia ignobile, Guccini utilizza un linguaggio diretto punteggiato da alcune sottigliezze ironiche e tecniche narrative: fa finta di supportare il pensiero comune ma solo per sottolineare, ancor più, l’evidenza di un giudizio immondo, moraleggiante e ipocrita, oltre che profondamente recriminatorio.

Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare,
così solita e banale come tante,
che non merita nemmeno due colonne su un giornale,
o una musica, o parole un po’ rimate,
che non merita nemmeno l’attenzione della gente:
quante cose più importanti hanno da fare.
Se tu te la sei voluta a loro non importa niente:
te l’avevan detto che finivi male.

Nella prima strofa d’apertura di Piccola storia ignobile, Guccini finge quasi di essere disgustato dalla vicenda che sta per raccontare: banale, semplice, che non merita nemmeno una menzione, né l’attenzione delle persone; nel mondo ci son cose più importanti che dar credito a un’azione compiuta nella consapevolezza che fosse sbagliata: l’autore dà voce al pensiero comune di paese, di città, non importa: il bigottismo dice ”chi è causa del suo mal pianga sé stesso”. Non cita mai esplicitamente la questione aborto in quasi sette minuti di brano: la sua allusione alla vicissitudine avviene attraverso i racconti; un padre che si sente disonorato, dopo aver cresciuto la figlia nella virtù etica dell’educazione corretta, l’ubbidienza, la castità, ”la poca e giusta compagnia”. L’infamia derivante da quest’atto considerato vergognoso ha solo una soluzione finale: la costrizione della ragazza all’aborto.

Piccola storia ignobile, Guccini: la figura della madre, la costrizione e il sesso prima del matrimonio

Le strofe sono vivificate da una emotività densa e vivida: l’immagine della madre che prende le parti della sentenza collettiva, la costrizione della giovane all’atto di interruzione, e la descrizione dell’atto ”sul tavolo di marmo come un animale macellato”, sono probabilmente le scene più d’impatto:

E tua madre, che da madre qualche cosa l’ha intuita
e sa leggere da madre ogni tuo sguardo,
devi chiederle perdono, dire che ti sei pentita,
che hai capito, che disprezzi quel tuo sbaglio,
però come farai a dirle che nessuno ti ha costretta,
o dirle che provavi anche piacere?
Questo non potrà capirlo, perché lei, da donna onesta,
l’ha fatto quasi sempre per dovere.

Ciò che lascia sbigottiti è una madre che non comprende una figlia che è libera di fare del suo corpo ciò che meglio desidera: addirittura, provare piacere. Guccini, in questi versi, evidenzia l’inutilità di dire a una donna appartenente a un certo tipo di società occlusa e patriarcale di come l’atto sessuale, considerato riprovevole prima del matrimonio, le abbia anche recato piacere. Quasi con fare rassegnato, il Maestrone sottolinea la vacuità del momento: una donna onesta che si è sempre concessa al marito per dovere, per procreare come il credo religioso recita, non potrà mai comprendere il piacere sessuale. Il sesso prima del matrimonio era condannato: l’educazione rigida era mirata a un controllo che doveva azzerare gli eventuali rischi: ma la repressione amplifica il desiderio.

E di lui non dire male, sei anche stata fortunata:
in questi casi, sai, lo fanno in molti.
Sì, lo so, quando lo hai detto, come si usa ti ha lasciata,
ma ti ha trovato l’indirizzo e i soldi.
Poi, ha ragione, non potevi dimostrare che era suo
e poi non sei neanche minorenne.
Ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo:
noi non siamo perseguibili per legge.

La ragazza, adesso, sorregge tutto il peso di una vergogna, di un disonore che la etichetta e la umilia. La narrazione di Guccini che, con abile finzione si schiera accanto al pensiero generale, è la voce della massa moralista: la ragazza è stata persino fortunata a trovare un uomo che le procurasse i soldi; di solito, si usa lasciare e fuggire. Lui, in questo caso, è anche stato un gentiluomo. Così, la protagonista di Piccola storia ignobile, si ritrova accusata da una famiglia che ha deluso, nonostante i valori impartiti; e senza l’amore da cui tutto è scaturito, in quanto non si poteva dimostrare che fosse stato lui a compiere l’azione. Il penultimo verso della strofa racchiude tutto il senso del brano: ”Ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo”, rivolgendosi a una giovane che ”sapeva” a cosa andava incontro: gli uomini non sono perseguibili per queste azioni.

Paradossi e attualità

Il paradosso risulta evidente: la società di allora nascondeva esperienze come queste considerandole blasfeme e scellerate. Tuttavia, le stesse erano molto frequenti, talmente tanto da definirle “solite e banali”. Oltre a una società critica si riscontra un’evidente disparità fra i sessi. In questo caso si costringe la ragazza all’aborto come soluzione per riappropriarsi di una dignità; una nascita fuori dal matrimonio, l’avrebbe minato insieme all’onore. La ragazza non ha possibilità di scelta. Oggi che la possibilità esiste, ancora si condanna l’interruzione volontaria di gravidanza. In entrambi i casi citati, sia in Piccola Storia ignobile che nella società odierna, è fondamentale ricordare che è la donna a dover decidere del proprio corpo: non un esterno o una folla ciarliera di giudizi.

Stella Grillo

Foto in copertina:rollingstone.it