Il 18 dicembre 2010, Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante di Sidi Bouzid, in Tunisia, si dà fuoco in segno di protesta contro le angherie subite ad opera della polizia e per le difficili condizioni economiche del suo paese. Da qui ha inizio la c.d. “Primavera Araba”. Iniziava 11 anni fa e da lì partiva un effetto domino rivoluzionario che dalla Tunisia, passando dall‘Egitto, arrivò alla Libia, allo Yemen fino a scuotere il Nord Africa intero e Medio Oriente.

Il suicidio e il sogno di libertà e democrazia

Il suicidio di Mohamed Bouazizi è la scintilla di una sollevazione popolare che nel giro di qualche settimana costringe alla fuga il dittatore Zine El Abidine Ben Ali e che si estende a molte piazze arabe del Nord Africa e del Medio Oriente, mettendo alle strette quasi tutti i regimi autoritari che duravano da decenni. Quel giorno Mohamed Bouazizi, giovane laureato senza un lavoro che sopravviveva facendo il venditore ambulante, si vide sequestrare la sua merce dalla polizia e decise di darsi fuoco. 

Dal gesto disperato del giovane ambulante tunisino, sono passati 11 anni esatti. La sua auto-immolazione segnò l’inizio dell’Arab Awakening, la Primavera araba. I dittatori crollarono o vacillarono, ma i sogni degli abitanti, scesi in strada soprattutto per chiedere condizioni socioeconomiche migliori e la fine di sistemi corrotti, si trasformarono quasi ovunque in altri incubi. Restaurazioni, guerre civili, nel più positivo dei casi, la Tunisia, una povertà ancora più nera.

Il mondo battezzò quelle proteste Primavere arabe. Ma poi arrivò il disincanto delle guerre, dell’affermazione dell’Isis, della restaurazione. Il sogno di libertà e democrazia, portarono a più di 380 mila morti e milioni di profughi in Siria. Due rivoluzioni, una interpretabile come colpo di Stato, in Egitto, tre guerre civili nella Libia.

Primavera Araba, cosa resta 11 anni dopo

Cosa rimane di quelle proteste e di quei sogni di una vita migliore ad 11 anni di distanza? Ben poco, purtroppo. In pochi, nel mondo arabo, sentono di vivere in società migliori rispetto a prima, a cominciare dai siriani, dai libici e dagli yemeniti, che hanno visto i rispettivi paesi sprofondare in guerre orribili. Perfino la Tunisia, unica superstite di una democratizzazione che altrove non ha prodotto risultati, ha scoperto che il frutto della libertà è piuttosto amaro quando non è accompagnato da un progresso economico e sociale. 

 In Egitto si è spenta invece la rivoluzione e sotto il giogo di Al Sisi si è consumato un ritorno al passato. La Libia vive un vero e proprio dramma. La primavera è divenuta un lungo inverno di guerra civile, un paese impigliato in un “gioco” che i libici non possono governare. In Siria la protesta dei ragazzi di Deraa ha lasciato il posto ai passati incubi dell‘Isis. In Iraq le proteste iniziali non sono decollate mentre una primavera posticipata è esplosa di recente. Infine lo Yemen dove le rivolte si accesero in un paese già impigliato in due conflitti. Undici anni dopo restano guerra ed emergenza umanitaria. 

Ilaria Festa

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