A 5 anni e 8 mesi dalla morte di Giulio Regeni domani comincerà il processo. Un piccolo passo verso la verità, ma ci sono ancora tanti problemi da risolvere. Il primo sarà l’assenza dei quattro agenti della National Security.
Domani si aprirà il processo Regeni, il Governo italiano si costituirà parte civile
Domani, giovedì 14 ottobre si aprirà a Roma uno dei più importanti processi della storia italiana ed europea. Nell’aula bunker di Rebibbia avrà luogo la prima udienza che vede imputati quattro militari egiziani, con l’accusa di sequestro, torture e omicidio del ricercatore. Giulio Regeni è stato ammazzato al Cairo nel febbraio 2016. Per la prima volta verrà processato un sistema di Governo e di potere al centro di denunce violentissime per la mancata tutela dei diritti umani.
Non c’è ancora l’ufficialità, ma la Presidenza del Consiglio ha fatto sapere di volersi costituire parte civile al fianco della famiglia Regeni, come rivelato da Giuliano Foschini su Repubblica. La decisione va incontro alle richieste della famiglia che ha sempre chiesto la presenza dello Stato, non volendo che altre associazioni si costituissero parte civile.
Il processo è il primo passo che porterà alla verità. Ma non sarà facile, vista l’assenza dei quattro agenti della National Security. Assenza che era stata annunciata ed è dovuta alla non collaborazione egiziana in questi 5 anni e 8 mesi. La non presenza in aula degli imputati causerà un problema iniziale di procedibilità. Il problema potrebbe essere già risolto, secondo quanto stabilito dal giudice dell’udienza preliminare. Il giudice ha infatti ritenuto l’eco mediatica di questi anni sufficientemente valida come notifica. “La copertura mediatica capillare e straordinaria – aveva scritto il gup Pierluigi Balestrieri – fa assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”.
La prima udienza e le richieste dell’avvocata della famiglia Regeni
La prima udienza si terrà davanti ai giudici della terza Corte d’Assise presieduta da Antonella Capri. Se verrà valutato che la sottrazione è stata volontaria, allora il processo continuerà, anche con gli imputati in contumacia.
Alessandra Ballerini, avvocata della famiglia Regeni, ha chiesto di sentire il presidente Al Sisi e il figlio Mahmoud e Gheffar, l’allora ministro degli interni egiziano. Inoltre ha chiesto la presenza dei Presidenti del Consiglio italiani che si sono alternati in questi cinque anni (Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi), i ministri degli Esteri, i sottosegretati con delega ai Servizi, i vertici della nostra intelligence.
La Procura ha invece chiesto di interrogare tutti i caposaldi attorno a cui si basa la lunga e precisa ricostruzione effettuata dai carabinieri del Ros e dello Sco. Si tratta di testimoni, la cui identità è ancora nascosta, che hanno raccontato di aver visto Giulio nei 9 giorni di prigionia, prima dell’uccisione. Gli altri testimoni sono l’ambulante che lo ha venduto agli egiziani, Mohammed Abdallah, il vicino di casa che lo ha tradito e tutti coloro che hanno avuto un ruolo nel lavoro e nel suo assassinio.
I quattro agenti imputati e le accuse a loro carico
Tariq Sabir, generale e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Sono i nomi dei quattro i membri dei servizi segreti egiziani rinviati a giudizio per aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano. Le accuse a loro carico sono sequestro di persona e Sharif è accusato anche di lesioni e concorso nell’omicidio di Regeni. La decisione del gup arriva dopo il respingimento dell’eccezione presentata dalle difese, sull’irreperibilità e la mancata notifica agli imputati. Le autorità egiziane non hanno mai fornito gli indirizzi degli imputati, utili a dare notizia degli atti del processo.
Secondo le accuse i quattro indagati, insieme ad altre persone mai identificate, hanno “osservato e controllato, direttamente e indirettamente, dall’autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni”. Il ricercatore, bloccato all’interno della metropolitana de Il Cairo, ed è poi stato “condotto contro la sua volontà e al di fuori da ogni attività istituzionale, dapprima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Logaugly”. È quanto si legge negli atti. Magdi Ibrahim Abdelal Sharif “per motivi abietti e futili e abusando dei loro poteri, con crudeltà, cagionava a Giulio Regeni lesioni che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni nonché comportato l’indebolimento e la perdita permanente di più organi, seviziandolo con acute sofferenze fisiche, in più occasioni e a distanzia più giorni”.
Sharif risulta imputato anche per omicidio. Negli atti si legge che ha ucciso Regeni “Mediante una violenta azione contusiva, esercitata su vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava lesioni imponenti di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva un’insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava alla morte”.
Le indagini
L’indagine è partita dopo il ritrovamento del corpo di Giulio Regeni il 3 febbraio 2016, lungo la strada che da El Cairo porta ad Alessandria d’Egitto. L’indagine è stata seguita fin dall’inizio dal pm Sergio Calaiocco, prima sotto il coordinamento dell’allora procuratore Giuseppe Pignatone e proseguita poi sotto la guida dell’attuale procuratore capo Michele Prestipino.
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