Il ruolo dello stato del Qatar va oltre quello di un semplice campione nel calcio, poiché potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel rapporto tra Israele e Palestina.
Il Qatar ha spezzato il sogno della nazionale palestinese di raggiungere i quarti di finale nella Coppa d’Asia. La Coppa d’Asia è una competizione calcistica continentale organizzata dalla Confedrazione Asiatica di Calcio (AFC). Si svolge ogni quattro anni ed è il principale torneo internazionale di calcio in Asia. Nell’ultima edizione, che si è svolta nel 2019 negli Emirati Arabi Uniti, hanno partecipato 24 squadre nazionali. La competizione è stata vinta dal Qatar, che ha sconfitto il Giappone in finale per 3-1. È stata la prima volta che il Qatar ha vinto il titolo della Coppa d’Asia. La 18ª edizione della Coppa d’Asia si svolgerà in Qatar dal 12 gennaio al 10 febbraio 2024 (tra pochissimo!) con 24 squadre. Chi toglierà il primato al Qatar?
La verità (oltre a queste note di colore) è che in questo articolo il Qatar è importante per via del suo ruolo nel conflitto che ha disintegrato Gaza. Forse il campione della coppa d’Asia potrebbe avere un ruolo importante per la cessazione del genocidio che sta avvenendo in Palestina ad opera dello Stato di Israele.
Il ruolo del Qatar (di nuovo) tra Israele e Palestina:
Il premier del Qatar deve ora mantenere viva la speranza di una nuova tregua nella guerra, che dura da 115 giorni.
Lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al-Thani ha dichiarato:
“Abbiamo fatto progressi notevoli questo fine settimana”
Il problema è che diventa difficile unire gli obiettivi dei due fronti del conflitto. Conflitto che assume sempre più connotazioni genocidiarie.
- Hamas chiede un cessate il fuoco permanente e la proposta attuale potrebbe portare allo stop definitivo ai combattimenti. Si prevede che l’accordo sarà discusso a Parigi, con la partecipazione del capo della CIA, David Barnea, il direttore del Mossad israeliano e il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto la bozza dell’accordo, dicendo:
“Include condizioni inaccettabili. Continueremo fino alla vittoria totale”
- Netanyahu ha anche affermato che se il Qatar è vicino ad Hamas dovrebbe riuscire a ottenere il rilascio degli ostaggi.
- Il Qatar è stato accusato di finanziare i leader di Hamas dal 2018, trasportando denaro a Gaza attraverso l’ambasciatore di Doha.
Ma nonostante le accuse gravissime del leader Israeliano contro il Qatar, la nazione campionessa di calcio s’è data da fare. Grazie al Qatar molti negoziati tra le due fazioni in guerra non si sono concluse nel sangue.
I negoziati (dove il Qatar fa da mediatore) tra Israele e Palestina:
I negoziati hanno stabilito una pausa di sei settimane negli attacchi israeliani a Gaza, in cambio della liberazione di alcuni ostaggi israeliani. Tuttavia, il destino di molti altri ostaggi rimane incerto. I familiari degli ostaggi esortano a fermare la guerra e a riportare a casa i loro cari.
Benny Gantz è un politico e ex capo militare israeliano. È stato il 20º capo di stato maggiore dell’IDF e ha servito come vice primo ministro e ministro della Difesa di Israele. Ha inoltre fondato e guidato il partito politico “כחול לבן” (Blu e Bianco). Benny Gantz critica Netanyahu per aver permesso ai ministri del suo partito di appoggiare i piani degli estremisti messianici. Gli americani e i francesi criticano i proclami al convegno come “incendiari e irresponsabili”.
Pochi giorni fa (fonte Bloomberg) il Qatar ha inviato a Israele e Hamas una nuova proposta d’accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Il piano dovrebbe prevedere il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti dal movimento islamista. Israele in cambio dovrebbe liberare di un certo numero di prigionieri palestinesi. Purtroppo, Israele rilascia raramente gli ostaggi, mentre Hamas lo fa più frequentemente. Tutti gli ostaggi vivono un incubo personale, ma quando Israele rilascia i palestineri, spesso si trovano in condizioni aberranti e disumane (come scrive anche Save the Children nella sua inchiesta “Injustice“) e le vittime dell’esercito di Israele sono spesso bambini.
Secondo il report della Ong (in un’ulteriore inchiesta chiamata “Defenceless“)
“i bambini palestinesi nel sistema di detenzione militare israeliano subiscono abusi fisici ed emotivi: quattro su cinque (86%) vengono picchiati e quasi la metà (42%) subisce ferite al momento dell’arresto, tra cui ferite da arma da fuoco e ossa rotte”
Intanto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant minaccia azioni militari nel sud del Libano. Dall’altra parte, Hamas continua a lanciare razzi su Tel Aviv. Mentre comunque anche gli israeliani hanno bombardato a sud di Damasco. Secondo i siriani ciò avrebbe ucciso numerosi consiglieri militari iracheni. Ad ora il presidente Joe Biden sta decidendo la risposta, le difese aree statunitensi sarebbero state confuse dai droni lanciati dalle milizie sponsorizzate da Teheran perché in quel momento stava rientrando un loro velivolo pilotato a distanza.
Violenze inaudite, accuse di genocidio, mediatori esteri… Quando finirà tutto questo?
Anzitutto: il Sudafrica ha accusato Israele di condotta genocida durante i conflitti a Gaza davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Secondo il Sudafrica, la violenza israeliana ha causato la morte di migliaia di civili palestinesi, compresi donne e bambini, e ha distrutto infrastrutture vitali come scuole e ospedali. Il Sudafrica sostiene che Israele abbia commesso crimini di guerra e violato il diritto internazionale umanitario. Importante citare una autorevole fonte: l’UNRIC (United Nations Regional Information Centre for Western Europe).
Per chi non lo sapesse l’UNRIC, acronimo di United Nations Regional Information Centre, è un centro regionale delle Nazioni Unite che fornisce informazioni e materiali sulle attività e gli obiettivi delle Nazioni Unite nelle regioni in cui opera. Si occupa di diffondere notizie, pubblicazioni e risorse informative relative alle attività delle Nazioni Unite. Invece io ne ho scritto qui.
Israele, come spesso scrivo, sta agendo come se fosse al di sopra del diritto internazionale e del diritto umanitario mondiale. A niente sembra servano le denuncie alla corte dell’Aja (Corte Internazionale di Giustizia) o le accuse formali di “Genocidio” in sede delle Nazioni Unite.
Tra la “non ingerenza degli affari interni” e il “diritto cogente”:
Il diritto internazionale si distingue per il suo approccio basato sull’uguaglianza tra gli Stati sovrani, a differenza del diritto nazionale che spesso implica una sola autorità dominante. Questo principio, (“domestic jurisdicion”) viene anche sostenuto dalle Nazioni Unite. Il principio è cruciale perché garantisce che ogni nazione abbia la libertà di autogovernarsi senza interferenze esterne. Il concetto noto in sede ONU come principio di non ingerenza negli affari interni.
Art. 2, Paragrafo 7, Statuto delle Nazioni Unite:
“Niente nella presente Carta autorizza le Nazioni Unite ad intervenire negli affari che rientrano essenzialmente nella giurisdizione interna di uno Stato o ne pregiudica la responsabilità di fronte alle Nazioni Unite; e questa Carta non impone l’obbligo ai Membri delle Nazioni Unite di sottomettersi a decisioni riguardanti tali affari, ad eccezione delle questioni di cui il Consiglio di Sicurezza è chiamato a occuparsi in base alla presente Carta.”
Tuttavia, in questo sistema di equilibrio e libertà, emerge un pilastro irrinunciabile, che supera tale principio: il rispetto dei diritti umani. È un imperativo morale che sottolinea l’idea che nessun crimine contro l’umanità può essere tollerato senza minacciare la solidità e la coesione del mondo. Per esempio il genocidio (di cui Israele è ora accusato formalmente) è considerato un crimine nel diritto internazionale. Citerò sono diverse convenzioni e trattati internazionali che lo riconoscono come tale:
- Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948: Questa convenzione, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948, definisce il genocidio come un crimine internazionale e stabilisce gli obblighi degli Stati per prevenirlo e reprimirlo.
- Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI): Il genocidio è incluso tra i crimini di competenza della CPI. Il “genocidio” è definito nell’articolo 6 dello Statuto di Roma come uno dei crimini più gravi di competenza della Corte.
- Convenzione internazionale sulla punizione e la prevenzione del crimine di apartheid del 1973: Questa convenzione parla specificatamente dell’apartheid, inteso come sistematica discriminazione e oppressione razziale. Lo definisce come un crimine internazionale.
- Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti del 1984: Questa convenzione definisce la tortura come un crimine internazionale e impone agli Stati parti di prevenirlo e di punirlo.
Se non è il Qatar, qualcuno fermi Israele e il genocidio in Palestina!
Il Qatar è importante nel suo rapporto con Israele perché, nonostante le strettissime relazioni con Hamas, ha anche mantenuto contatti diplomatici con Israele. Questo equilibrio tra i vari accordi con Hamas e il mantenimento di rapporti con Israele gli conferisce un ruolo unico. Potrebbe cercare di facilitare la pace e la risoluzione dei conflitti nella regione. Per questo il Qatar è stato coinvolto in iniziative di mediazione tra Israele e Hamas, cercando di promuovere il dialogo e una soluzione pacifica al conflitto palestinese-israeliano. Impossibile dimenticare che ha svolto un ruolo di mediazione nei negoziati tra Israele e Hamas per raggiungere accordi (seppur brevi) di cessate il fuoco e scambi di prigionieri. Ma non sembra basti, e non sembra basti nemmeno l’accusa del Sudafrica di genocidio alla GIC.
Il genocidio è un orrore così oscuro, così intrinsecamente violento, che il diritto non esita a infrangere il confine della “domestic jurisdiction” per porvi fine. È una ferita profonda, un’ombra oscura che si insinua nei cuori delle nazioni e nelle loro storie, rendendo necessario il peso della giustizia sovrana per dissiparla. Il diritto dell’ONU e il diritto internazionale convergono nel riconoscere la sua malvagità, impegnandosi a combatterla con i loro strumenti. È una violazione così oltraggiosa dei valori umani fondamentali che il diritto cerca di ergersi come baluardo, invocando l’unità delle nazioni per proteggere l’essenza stessa della civiltà.
Tuttavia, quando una nazione, come Israele, oscura la luce del diritto internazionale e ne resta impunita, mette in discussione il fondamento stesso della comunità mondiale. Il diritto, tessuto con cura nelle fila intrecciate della nostra esistenza globale, richiede una fiducia condivisa nella sua integrità e un impegno reciproco per la sua osservanza. Ma se questa fiducia viene tradita, se questa tela viene strappata e se nessuna mano si alza per difendere l’ordine internazionale… Allora ci chiediamo: a cosa serve il nostro elaborato sistema giuridico globale, se non riesce nè a rimanere saldo sui suoi principi nè proteggere i deboli verso un mondo di pace e dignità?
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine