Sindrome dell’impostore: “E se poi mi scoprono?”

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Di Sara Rossi

Si chiama come una delle domande più frequenti per chi soffre della sindrome dell’impostore: “E se poi mi scoprono?“. Edito nel 2021 da Longanesi, si propone di esplorare il rapporto che lega questa e le donne e, finalmente, dare una via d’uscita. Le autrici, Elisabeth Cadoche e Anne de Montarlot, analizzano il problema in maniera attenta e completa, spronando senza compiacenza ma con ottimismo a migliorarsi.

Donne e sindrome dell’impostore: un legame da non trascurare

Si stima che ad averla sperimentata sia quasi il 70% della popolazione e alla base vi è la convinzione che i propri traguardi non siano frutto di meriti personali. Definita per la prima volta nel 1978 da Pauline Rose Clance e Suzanne Imes, la sindrome dell’impostore è una condizione psicologica che deriva da forte insicurezza e mancanza di fiducia in sé. Chi la prova ha quindi la costante sensazione di non meritare ciò che si è guadagnato, di star ingannando tutti e può capitare tanto a persone di successo quando a persone comuni.

La sindrome dell’impostore ha diverse origini. Può derivare da una sfiducia o al contrario da troppa stima da parte dei genitori o dei modelli di riferimento durante l’infanzia o da traumi e avvenimenti che si incontrano durante la vita. Per le donne, poi, vale anche la possibilità che questa derivi da pressioni sociali. Troppo spesso ridotta a mero oggetto sessuale, quando non al silenzio, la donna si è vista depredata della propria autostima da secoli di maschilismo. Che fatichi e non si senta a sufficienza ora che può iniziare a dimostrare quanto vale è, se non plausibile, quanto meno comprensibile. Nel frasario di chi soffre di sindrome dell’impostore, un corollario di sfiducia. “Non sono così brava” o la variante “non sono adatta”; “non me lo merito”, “non dipende da me” e il drammatico interrogativo: “e se poi mi scoprono?”.

Proprio da questa domanda deriva il titolo del libro sul rapporto tra donne e sindrome dell’impostore.

“E se poi mi scoprono?”: stile coinvolgente e approccio rigoroso

Uno stile accattivante, che porta chi legge a sentirsi il diretto e privilegiato interlocutore delle autrici. A questo fa il paio un approccio rigoroso nello spiegare la sindrome dell’impostore origini e cause psicologiche scatenanti, che però abbandona del tutto la tipica freddezza scientifica. Elizabeth Cadoche e Anne de Montarlot sono infatti rispettivamente una scrittrice e una psicologa. Dalla combinazione delle loro competenze professionali, un libro che spiega in modo coinvolgente e profonda e che rende anche i concetti più complessi alla portata di chiunque. Come in un coro, una pluralità di letture mostra quando varia possa essere la sindrome dell’impostore.

Ed ecco che, tra dati e riferimenti bibliografici, si viene catapultati nelle vite di molte donne che, ognuna a modo proprio, ne ha risentito. C’è la storia di Sophie, che decide di non presentarsi al colloquio della sua vita perché il capo del lavoro in corso le assegna compiti che la riempiono di senso di responsabilità fino a farle perdere il controllo. C’è la storia di Alice, che non si sente più a suo agio a uscire con gli amici dopo aver divorziato. E poi c’è la storia di chi legge, a cui può capitare di riconoscersi in una delle donne descritte e scoprire che c’è una soluzione.

Perché sì, una soluzione c’è sempre

Il libro è diviso in capitoli, che trattano ognuno di un tema diverso. Questo è di volta in volta un aspetto in cui si può manifestare questo disturbo paralizzante. Dopo la parte teorica, di spiegazione delle matrici psicologiche, ne segue una pratica. “Prendere nota: 6 consigli per fare della mancanza di fiducia uno stimolo…” recita uno dei consigli del libro. Esercizi quotidiani, piccoli specchietti che i passi da compiere lungo il cammino per migliorarsi. Stimoli per chi legge affinché metta subito alla prova ciò che ha imparato nel capitolo.

“E se poi mi scoprono?” è un libro ottimista, perché scritto all’insegna della convinzione di una possibilità di miglioramento per tutte le donne. Si potrebbe descrivere senza il minimo errore come quell’amica che si siede accanto a te nei tuoi momenti “no”, ti ascolta e poi ti illustra con il sorriso come smettere di stare male. Quell’amica che è sinceramente felice per te quando qualcosa nella tua vita va nella direzione giusta e che ai “te l’avevo detto” preferisce i “perché non provi a fare così?”.

“E se poi mi scoprono?” è un libro adatto non solo a chiunque sia vittima della sindrome dell’impostore ma anche a chiunque cerchi di vedere una strada nel buio. A chiunque voglia scoprire quali aspettative e quali pressioni sociali si celino dietro le insicurezze delle donne. E infine a chiunque voglia tendere una mano e compiere un vero atto di sorellanza, ricordando a loro che sì, una soluzione c’è sempre.

E che sì, esse sono abbastanza.

Sara Rossi

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