Dell’importanza di saper adattare ne abbiamo già parlato molte volte nelle recensioni degli scorsi episodi. E, ancora una volta, Mazin e Druckmann, regalano agli spettatori un gioiello di arrangiamento del materiale originale. Il settimo episodio di The Last of Us è un grande flashback che racconta, in modo fedele, quello che è una parte del passato di Ellie. E, per l’ennesima volta, lo racconta con amore e rispetto per quello che è stato il gioco. E, per l’ennesima volta, confeziona un gioiello.
The Last of Us: l’importanza di Ellie
L’intero episodio è, quindi, un flashback che finalmente ci regala quello che forse mancava alla serie: uno spessore ulteriore alla figura di Ellie. all’interno del gioco è naturale che il personaggio sia più delineato: i dialoghi nelle sezioni di gameplay sono costanti e portano il videogiocatore ad empatizzare con l’adolescente. In una serie il discorso cambia, il tempo a disposizione è certo di meno e le cose da raccontare sono tante. Era naturale quindi dover aggiungere questo episodio, dove viene narrato ciò che noi videogiocatori abbiamo assaporato come contenuto aggiuntivo al gioco originale. Il cliffhanger del sesto episodio viene immediatamente ripreso all’inizio di questo settimo, portando lo spettatore finalmente a capire la sorte di Joel ed Ellie. ma Druckmann e Mazin decidono che non è il momento adatto per farci vedere la risoluzione. Lo spettatore ha bisogno di capire il motivo che porta Ellie a compiere certe scelte. E, attraverso una scrittura eccellente, ci danno prima la risposta e, solo nel finale, ci pongono la domanda.
Ci ritroviamo catapultati nel passato, in un periodo in cui Ellie ancora non era consapevole della sua immunità. Vive in un campo di addestramento della FEDRA, dove la sua migliore amica Riley è sparita da qualche giorno. Una notte, proprio la stessa Railey le confessa di essersi unita alle luci e di volerla portare una notte fuori, per passare del tempo insieme. Questa fuga notturna si rivelerà essere un addio tra le due, visto che le loro strade dovranno dividersi. L’intero episodio è sostanzialmente ambientato nella stessa location: è girato tutto all’interno di un centro commerciale ormai distrutto di Boston. E sono i luoghi chiusi quelli che funzionano di più in The Last of Us (campi larghi e larghissimi a parte). Come nei primi episodi, infatti, si sente una leggera fatica nelle scene notturne e sui tetti, dove la presenza del blue-screen non viene efficacemente nascosta. La regia affidata a Liza Johnson insinua sul volto di Bella Ramsey senza lasciarla andare, permettendo all’attrice di mostrarsi in tutta la sua bravura. Se ancora qualcuno aveva dei dubbi sulla sua bravura, qui non potrà altro che goderne. L’amore tra le due è posto in maniera perfetta e naturale, rendendo ancora più distruttivo quel finale di cui non sapremo mai il destino ma che possiamo, purtroppo, facilmente immaginare.
Una necessità
Questo episodio risulta quindi una vera e propria necessità. Nella misura in cui il personaggio di Ellie aveva bisogno di sbocciare ed esprimersi al massimo. Necessità perché la storia del rapporto tra la nostra Ellie e Railey è quanto di più ingenuo e allo stesso tempo straziante potesse essere raccontato. Necessità di dare spazio alle emozioni di Bella Ramsey e permetterle di esprimere la sua Ellie. E, infine, necessità per cui il bisogno di ricordarci che l’amore è possibile in mondo post-apocalittico è sempre necessario, ma le conseguenze sono imprevedibili.
Alessandro Libianchi
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