Il 19 Dicembre 1851, a Chelsea, morì Joseph Mallord William Turner, un grande pittore ed incisore inglese. Il suo soprannome era “pittore della luce” poichè con i suoi acquerelli riuscì a portare la pittura paesaggistica, per la prima volta, ai livelli di quella storica. Appartenente al romanticismo pittorico, in realtà Turner pose le basi per l’Impressionismo (grazie alle sue pennellate e all’uso della luce) e fu l’anticipatore dell’Astrattismo.
William Turner, il “pittore della luce”: vita e stile
”La luce è colore”.
William Turner
William Turner nacque a Londra nel 1775. A ventiquattro anni studiò presso la Royal Academy, in particolare approfondì l’utilizzo della prospettiva. Si spostò molto, toccando la Germania, la Svizzera, l’Austria e l’Italia. Sicuramente è considerato un esponente del romanticismo poiché ripropose il tema della grandezza della natura, la sua potenza che sovrasta l’uomo e mostra la sua immensità, il sublime. Per Turner la luce era “emanazione dello spirito divino”, era l’energia delle sue opere, era essa stessa colore; egli, infatti, era chiamato per questo “pittore della luce”, ed in ciò si intravede una sorta di anticipazione al movimento impressionista: la modalità transitoria, fuggevole di cogliere il reale, le sfumature/pennellate che sembrano catturare il momentaneo, il movimento dovuto alla realisticità dell’atto rappresentato sono tutte caratteristiche che lo rendono pioniere dell’Impressionismo e non solo. Molti parlano di lui come anticipatore dell’astrattismo; i suoi dipinti affascinano proprio per le atmosfere oniriche e sognanti, quasi rarefatte.
Il sublime è ciò che l’uomo non può comprendere: i fenomeni naturali terrorizzano e al tempo stesso affascinano l’essere umano. C’è una leggenda che narra che il pittore si sarebbe fatto legare all’albero di una nave nel corso di una tempesta per osservarla meglio. William era molto dedito al suo lavoro e amava osservare. Non aveva molti amici; per trent’anni visse con suo padre e lavorò come suo assistente. Quando morì l’artista cadde in depressione e si staccò ancora di più dal mondo che lo circondava. Quandò morì parte della sua eredità andò come da lui deciso in un fondo destinato all’aiuto degli artisti in disgrazia. Nonostante egli donò le sue opere allo stato affinché potessero essere esposte in una galleria, esse furono sparse per il mondo, tra collezioni private e musei vari.
Giusy Celeste