“Youth” di Paolo Sorrentino: quando la scrittura si impone

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Di Redazione Metropolitan

Youth - Photo Credits: web
Lo Schatzalp Hotel, Davos, Svizzera, location del film e già ispirazione per “La montagna incantata” di Thomas Mann – Photo Credits: web

Sei anni fa Paolo Sorrentino vinceva l’Oscar al miglior film straniero con La grande bellezza. L’anno dopo usciva, carico di grandi aspettative, Youth – La giovinezza. Qui Michael Caine e Harvey Keitel, attorniati da un cast internazionale, sono due anziani amici di lunga data che si ritrovano sulle Alpi svizzere, in un Grand Budapest Hotel un po’ sbiadito, per trascorrere le vacanze estive.

Tra cure termali e passeggiate tra i pascoli, i due cercano di trovare un senso all’avanzare degli anni. Uno, celebre musicista, perdendosi nel passato e analizzando i suoi lasciti, al punto da voler rifiutare la direzione di un concerto per la regina Elisabetta II. L’altro, affermato regista, guardando ancora al futuro, immerso nella stesura della sceneggiatura del suo prossimo film.

Il compositore Fred Ballinger (Michael Caine) e il regista Mick Boyle (Harvey Keitel) in una scena del film – Photo credits: web

“Youth”, cosa vuol dire essere sceneggiatori

Non è di certo inedita l’ambientazione che Sorrentino sceglie per la sua storia. La letteratura e il cinema sono tempestati di lussuosi centri termali che ospitano strani personaggi pronti a intrecciare le loro esistenze. Così come non è insolita la sua collaborazione con grandi attori di Hollywood (basti pensare a This must be the place). O la presenza della splendida fotografia di Luca Bigazzi (La grande bellezza, The Young Pope).

Ma non é inedita neppure la forza che Sorrentino sceneggiatore sa infondere ai suoi dialoghi. Assoluti protagonisti di un film non macchinoso, a meno che non si voglia attribuire alle familiari ambigue figure, alle processioni di anziani e ad altri simboli dispersi qua e là più importanza di quella che abbiano. E qualora lo spettatore perdesse la sua strada dietro quelli, i momenti di metacinema gli ricorderanno il valore della scrittura.

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Mick Boyle e i suoi giovani sceneggiatori – Photo Credits: web

Fermentazione di un’idea o ispirazione?

Questo si chiedono i giovani sceneggiatori che aiutano l’anziano regista, e questo forse si chiede lo stesso Sorrentino (che nega però una referenza autobiografica). Ma la riflessione sul cinema, che è poi naturalmente anche un omaggio all’ di Fellini, è in realtà una più ampia riflessione sull’arte. Ed essa si cinge in Youth alla contemplazione di una giovinezza ormai lontana e alla sofferta coscienza del tempo che scorre.

Tra i due amici, è però lo stanco compositore ad essere meno a suo agio col passato. E se il regista continua a fare progetti, che si riveleranno però poi irrealizzabili, lui si rifiuta anche solo di riordinare le sue memorie per un libro. Eppure, confortato dall’invitante bellezza della gioventù che lo circonda, sarà proprio lui a capire che la sua arte è destinata a continuare a vivere e che, malgrado l’età, fuori dal sanatorio lo aspetta la giovinezza.

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Manuela Famà