Moriva a Parigi in questo 17 ottobre ma del 1849, uno dei più grandi compositori e virtuosi del pianoforte che l’umanità abbia mai avuto: Fryderyk Franciszek Chopin. Nato a Sochaczew in Polonia il 1 marzo 1810, solo successivamente si naturalizzerà francese trasmutando il suo nome nel leggendario Frédéric François Chopin. Chopin fu un prodigio sin dall’infanzia e caratterizzò il periodo romantico dandogli una forma ed un colore che ancora oggi riconosciamo senza indugi. La sua genialità e la sua capacità creativa lo ha inevitabilmente fatto emergere come una delle luci più accecanti della sua generazione.
Cresciuto nel Ducato di Varsavia, nel quale svilupperà la sua formazione musicale; in seguito alla repressione russa della Rivolta di Novembre del 1830 fuggirà in Francia nella Grande emigrazione polacca. Di salute estremamente cagionevole – una tosse rauca lo accompagnò fin dalla giovinezza – il piccolo Chopin iniziò ad esibirsi in concerti pubblici già dall’età di sette anni, componendo persino due polacche in sol minore e si bemolle maggiore. Studiò il clavicembalo ben temperato di Bach e la musica popolare e ben presto il panorama musicale di Varsavia si accorse della caratura del giovane.
La partenza verso il centro dell’Europa e il successo inevitabile di Chopin
Il privilegio di poter ascoltare dal vivo Nicolò Paganini deve essere stato una delle fonti d’ispirazione della composizione dei suoi primi Études per il brillante e giovane Chopin. Accompagnava spesso i cantanti al pianoforte al Teatro Nazionale ed in questo periodo compose le prime variazioni e i rondeaux virtuosistici. Il musicista decise quindi dopo le Variazioni per pianoforte e orchestra su “Là ci darem la mano” ; di partire verso il centro dell’Europa il 2 novembre 1830. Senza uno scopo ben preciso, con l’intento di raggiungere l’Austria e l’Italia, dopo la Rivolta di Novembre si trovò presto a rimpiangere d’esser partito. Le sue composizioni divennero qui più drammatiche e liriche come lo Studio op. 10 n. 12 sostituendo dunque il tono improntato dalla precedente spensieratezza.
Dopo questo arduo trasferimento a Parigi, Chopin divenne estremamente famoso e tra i salotti della città il suo nome cominciò a circolare insistentemente. Iniziò a frequentare i teatri d’opera ed entrò quindi in contatto con i più illustri compositori dell’epoca come Hiller, Bellini e Berlioz. Ma è soprattutto con Franz Liszt che il pianista polacco strinse un solido rapporto di amicizia e stima professionale. Di questo periodo risalgono le opere Polacca op. 53 e lo Studio op. 25 n. 12 tanto celebri e che lo portarono ad un successo imperante, sebbene di rado Frédéric si esibì pubblicamente. La lontananza dalla patria e per ciò che stava avvenendo erano motivi di grossa preoccupazione per lui, la cui cifra artistica rimase sempre incollata a questo timbro popolare.
Le delusioni, la salute e la fine, lo stile inconfondibile
Dopo un cocente rifiuto al matrimonio in una relazione amorosa con la contessa Maria Wodzińska, la salute già fragilissima di Chopin – con una cronica bronchite purulenta – e dopo aver conosciuto Schumann e Mendelssohn; precipitò vertiginosamente. Fece in tempo ad avere un altro fidanzamento con la scrittrice George Sand, con la quale si trasferì inoltre a Palma di Maiorca, ma a circa 30 anni il compositore pesava ormai 45 kg per 1.70 cm di altezza. Dopo la fine della relazione il musicista cadde in una depressione che aggravò ulteriormente le sue condizioni fisiche, che peggiorano ancora dopo un forzato trasferimento in Inghilterra ad opera di una sua allieva. Chopin morì quindi di tubercolosi a soli 39 anni in questo giorno rientrato in Francia e venne sepolto nel cimitero di Père-Lachaise; dove ancora oggi giganteggia la sua statua tombale divenuta ormai oggetto di culto per milioni di ammiratori.
Compositore per pianoforte solista, il suo repertorio contiene anche musica da camera e strumentale suddivisa in 59 mazurche, 27 studi, 24 preludi, 19 valzer e soprattutto 21 notturni i quali rimangono senza dubbio i brani più riconoscibili e rappresentativi dell’artista, tra i quali spicca il nocturne op.9 No.2 e lo struggente, lancinante Notturno n. 20 in do diesis minore Lento con gran espressione. L’invenzione della ballata strumentale, la profondità espressiva, l’introspezione sonora simile a quella di un letterato in poesia o in prosa, associabile ad un Leopardi con il quale condivise persino l’età dell’infausta sorte; lo hanno insignito dell’appellativo di “poeta del pianoforte” e simbolo inconfondibile del romanticismo da sempre e con ogni probabilità, per sempre.
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