Nuovo appuntamento con la rubrica ClassicaMente. Il mito de le Lamie, creature femminili appartenenti all’oscurità e alla cerchia della dea degli spettri e dei morti, Ecate; ancestrali figure simili all’odierna immagine dei vampiri.
Le lamie, primordiali vampiri ossessionate dai bambini
Secondo la mitologia greca le Lamie erano figure femminili, in parte umane e in parte animali, la cui propensione era rapire i bambini e presentarsi come demoni o fantasmi seduttori, al cospetto di giovani uomini per poi agire e nutrirsi del loro sangue e delle loro membra. Per tali peculiarità dovute a descrizioni rinvenute in traduzioni antiche, le Lamie sono spesso paragonate ai vampiri.
Si potrebbe dire che si tratta di figure ancestrali che introducono la figura del vampiro come si conosce oggi, nell’immaginario mitologico e folcloristico. Le differenze principali sono che le Lamie sono accusate di rapire i bambini e ucciderli nel sonno; pare che questa caratteristica sia da imputare a una maternità negata. L’origine della figura mitologica risael all’archetipo della dea della notte o dea uccello: divinità dalla quale originarono Ištar, Atargartis e Atena.
La notte si associa alla magia, al mistero, al soprannaturale; ma anche all’oscurità, la stregoneria e alla morte. Ecco perché il legame con la notte chiarisce l’aspetto dicotomico e sentimentalmente ambivalente nei confronti di figure come le Lamie. Questi aspetti hanno successivamente instillato una serie di credenze nella cultura popolare, influendo in essa con atteggiamenti superstiziosi; o ancora attraverso riti che esorcizzassero il potere malefico che queste creature, Empuse, Arpie, Lamie o, semplicemente le Streghe, potevano realmente provocare. Per esempio, si credeva che il sale potesse uccidere la lamia, proprio come accadeva per le streghe.
Origine mitologica
Il mito originale racconta che Lamia era la bellissima figlia di Belo nonché regina della Libia. Zeus le conferisce il dono di levarsi gli occhi dalle orbite a proprio piacere e rimetterli quando più le aggradava. In seguito, il dio dell’Olimpo si innamora di Lamia provocando l’ira di Era, sua sposa, che si vendica uccidendo i figli concepiti dal marito con la stessa Lamia. Solo una la figlia sopravvissuta: Scilla. Alcuni miti, però, attestano che a salvarsi fu anche una seconda figlia, Sibilla.
Dopo la morte dei figli la regina Lamia, lacerata e dilaniata dal dolore, prese a sfogare la sua sofferenza divorando bambini di altre madri e succhiandone il sangue. Queste azioni innaturali dispersero la sua bellezza originaria, intaccandola, corrompendola e trasformandola in un essere orribile e raccapricciante. Poteva, però, mutare forma a suo piacimento in modo tale da sedurre gli uomini e bere il loro sangue. Per tutte queste caratteristiche la sua figura si considera un sorta di ancestrale vampiro ante litteram.
Le lamie in Aristofane, Orazio e nel Medioevo
Successivamente, la figura della regina della Libia e quelle delle Lamie in genere, si associarono alle Streghe e così alle varie creature tipiche del soprannaturale e del folclore. Secondo Aristofane l’etimologia del nome era da ricondurre al termine esofago che, in lingua greca, si rendeva appunto con λαιμός; laimos; un chiaro riferimento alla consuetudine dell’oscura figura rappresentata, iconograficamente, come un essere che aveva l’abitudine di divorare e ingurgitare, ingoiandoli interi, i piccoli che rapiva. Nell’Ars Poetica, invece, il poeta Orazio illustra le Lamie come creature spaventose, mostruose e terrificanti. Il mito le vuole capaci di ingoiare i bambini e restituirli integri qualora si squarciasse il loro ventre, ma Orazio non sembra esser d’accordo con la nota teoria mitologica:
”Siano verosimili le cose che s’inventano per dilettare;
nessun racconto può pretendere d’essere creduto in tutto ciò che vorrà:
è assurdo che la strega Lamia partorisca vivo il fanciullo che ha mangiato.”
Successivamente, nel Medioevo, la figura della Lamia diventa sinonimo di Strix, mentre nella tradizione della Cappadocia l’immagine di questa oscura creatura si associa al culto di Lilith, la cui origine si rifà alla religione babilonese, mesopotamica ed ebraica. Lamia, infatti, è considerata come la prima sacerdotessa del culto di Lilith. E proprio per la sua origine appartenente alle tenebre, all’interno della mitologia greca, si indica al pari delle Empuse sue figlie, come ancella di Ecate, divinità psicopompa dei morti e degli spettri.
Stella Grillo
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