Alla fine, la giornata di ieri ha segnato effettivamente la fine del governo Draghi e ha mostrato l’unica via percorribile, secondo i partiti: crisi di governo, sfaldamento della maggioranza, voto a ottobre. A deciderlo non è stato il solo fattore M5S, ma Forza Italia e Lega, scontenti del mancato accordo con Draghi sul rifiuto tassativo di formare un governo senza pentastellati. Il premier ottiene faticosamente le fiducia al Senato con 95 sì, ma nel pomeriggio il ribaltamento delle previsioni di voto. Previsto invece per questa mattina il discorso del premier alla Camera e in seguito l’ascesa al Quirinale, dove rassegnerà le sue dimissioni. Intanto i partiti scalpitano dopo quella che Enrico Letta ha definito “una giornata di follia” che ha visto la fine del governo di unità nazionale, formato nel febbraio 2021. Fibrillazioni interne anche nella scissionaria Forza Italia, da cui prende le distanze il ministro Gelmini.
Il governo Draghi è entrato nelle sue ore finali: dopo il discorso alla Camera di questa mattina, il premier sarà ricevuto da Mattarella; una sintesi della giornata di crisi di governo
La crisi di governo, alla fine, tra tutte le ipotesi, si è mostrata l’unica via percorribile. Parafrasando il discorso di Draghi tenuto ieri a Palazzo Madama, la responsabilità è del Parlamento stesso, e conseguentemente, di chi quel parlamento l’ha eletto. L’unità nazionale è durata più di un anno nella figura di un governo che è riuscito, attraverso un percorso dissestato non dall’opposizione, ma dalle stesse forze politiche che lo componevano, a raggiungere quegli obiettivi di cui ha parlato il premier ieri mattina, tra applausi e dissensi. Il colpo fatale al governo non l’hanno dato i soli 5S. Anzi, paradossalmente, la fiducia al Senato il “partito di Conte” (citando l’ex grillino Luigi di Maio) l’ha pure accordata, seppure con qualche difficoltà. Il patto di fiducia non è stato sottoscritto da Lega e Forza Italia, alleati di governo che i giornali più scettici hanno definito asserviti al progetto dell’opposizione FdI.
Elezioni a ottobre, quindi. Si parte però da uno scenario politico praticamente post-bellico: i partiti che fino a ieri hanno dialogato tra di loro formando intese e persino governi (M5S e Lega, PD e M5S, a malincuore, anche Lega e PD con FI), ora hanno bruciato, più che tagliato, tutti i ponti. Il governo Draghi è stato campo di battaglia, ma di una guerra di trincea: i partiti guadagnavano terreno timidamente, proponendo riforme e discussioni che l’artiglieria proveniente dallo stesso governo di cui facevano parte annichiliva. Metafora bellica a parte, le grandissime intese dell’ormai passato esecutivo hanno disegnato uno scenario in cui i rapporti passati sono da considerarsi nulli. E a soffrirne più di tutti sono i non più tanto intransigenti 5S. Senza numero legale, il governo è già praticamente in macerie, la legislatura non può più rimanere in piedi. Ma anche dentro i partiti si respira un’aria asfissiante.
Mariastella Gelmini lascia Forza Italia: “non posso rimanere un minuto di più”, un addio che preannuncia una diaspora? Lo scenario attuale e la direzione voto
Se il M5S dovrà raccogliere i cocci del proprio operato in cerca di una nuova identità politica da dare al partito, ormai imprescindibilmente mutato dai suoi – ormai lontani – esordi, il primo sentore di riforma interna viene dal partito che, stando ai pareri di questa sua notevole transfuga, non è più “europeista, atlantista, liberale e popolare.” E’ il ministro Mariastella Gelmini a lasciare Forza Italia dopo una lunga carriera politica nel partito di Silvio Berlusconi. Il ministro ha dichiarato di non poter rimanere “un minuto di più” in una formazione politica che non ha scelto di stare “senza se e senza ma, dalla parte di Mario Draghi“. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie nella giornata di ieri si era già duramente scontrata con i senatori del suo partito, e ormai praticamente certa la crisi di governo, ha chiarito la sua posizione.
“Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi 25 anni. Forza Italia ha definitivamente voltato le spalle agli italiani, alle famiglie, alle imprese, ai ceti produttivi e alla sua storia, e ha ceduto lo scettro a Matteo Salvini“. Inequivocabile quindi la posizione del ministro Gelmini, negativamente colpita dalle intenzioni di voto dei senatori del suo schieramento. Le posizioni ormai radicali di Forza Italia sono l’oggetto di un lungo fenomeno di accentramento delle destre italiane, che vengono forzatamente trainate dal partito (dei tre, ora è il momento di Fratelli d’Italia) favorito nei sondaggi. Accentramento che secondo alcuni, come il già transfugo Elio Vito, è sintomo di una radicalizzazione della destra verso frange estreme, populiste o sovraniste, più che liberali. Forza Italia ha abbandonato il suo ruolo mediatore e “centrista”, nel trittico della destra italiana? Per alcuni, ormai è così.
Alberto Alessi
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